Fine estate 1918 Le truppe alleate schierano sul Fronte Macedone 28 divisioni (700.000 soldati) 2.600 cannoni e 2700 mitragliatrici.
29 Agosto Generale Ernesto Mombelli ai Reparti della 35° Divisione Miei soldati! " Nel novembre ultimo scorso, quando sotto il peso di fatali circostanze, il nostro valoroso esercito ha ripiegato dall'Isonzo al Piave, vi ho riunito attorno a me per rincuorare la vostra fede e per dirvi chiaramente, fraternamente, quello che sentivo di poter prevedere per un lontano avvenire. E vi ho detto, lo ricordate? Vi ho detto che il nostro esercito compatto, disciplinato, bello e fiero nella sventura come nel trionfo, sdegnato del presente ma fiducioso nell'avvenire ripiegatosi in tempo sulle nuove posizioni, avrebbe saputo da esse muovere alla riscossa, avrebbe saputo, partendo da esse, infliggere al nemico la meritata lezione. Vi ho detto che il popolo italiano saldo, compatto, profondamente concorde, pronto agli estremi sacrifici avrebbe saputo dare alle nostre armi tutto l'appoggio della sua incrollabile fede. Vi ho detto che gli italiani tutti, degni figli di Roma sacra e intangibile, fedeli e fieri difensori della invitta Casa di Savoia, fortunati e liberi sudditi di un governo di eguaglianza e di giustizia avrebbero saputo vincere o morire. Vi ho detto che la Stella d'Italia, faro di civiltà e di progresso per l'umanità intera, non poteva conoscere tramonto. Vi ho detto che dalla dura prova di quei giorni sventurati esercito e popolo d'Italia avrebbero saputo trarre vigore e slancio per nuovi trionfi. Vi ho detto che, colpendoci nel momento della vittoria, il destino aveva forse voluto offrirci il mezzo di riportare una vittoria ancora più grande; che meglio affermasse di fronte al mondo intero la forza della nostra razza e il valore delle nostre virtù. Ebbene, miei soldati, quello che in quel giorno vi ho detto si è avverato punto per punto. Quello che in quel giorno, con parola di soldato vi ho detto e con fede d'italiano vi ho previsto quello, a breve scadenza di tempo, è stato interamente, ampiamente, luminosamente consacrato dai fatti. L'intero esercito austriaco, che, come sapete, è più numeroso del nostro, dopo aver chiamato a sè tutte le divisioni e l'artiglieria che aveva sulle altre fronti di Polonia, di Russia, di Galizia, di Rumenia e dopo aver ricevuto il rinforzo di forti divisioni tedesche e di numerosi cannoni tedeschi, si è rovesciato sulle nostre trincee dei monti e del Piave come una immane valanga che doveva tutto travolgere. E il piano dei nostri nemici era grandioso. Una fortissima armata, costituita delle migliori truppe e provvista di un numero stragrande di artiglierie, irrompendo sui monti dal Trentino, là dove Voi vi siete fatto tanto onore, fine al Monte Grappa, doveva d'un colpo rovesciarci al piano e cadere sul tergo della nostra difesa del Piave. Subito dopo un'altra poderosissima armata irrompendo dal Piave doveva completare la nostra sconfitta. Le due armate nemiche, vittoriose, incalzando e travolgendo i brandelli del nostro povero esercito di deboli e di vili dovevano in pochi giorni, in poche ore giungere a Treviso, a Venezia, a Padova, a Verona, a Brescia, a Milano sì, fino a Milano dove i capi austriaci dovevano solennizzare i loro trionfi. E al soldato austriaco affamato e scalzo si era detto che le nostre fertili terre della Venezia e della Lombardia, i nostri tesori dell'arte universale, le nostre donne sarebbero state abbandonate alla sete insaziabile della loro ingordigia, alla ferocia sanguinaria dei loro istinti. E mentre ciò doveva succedere, mentre la povera Italia mortalmente colpita nelle armi e nell'onore, gettata nel fango, doveva scomparire dal novero degli alleati, la Germania, ringalluzzita dal successo della sua compagna in delitti e rinforzata da nuove forze venute dall'Oriente doveva scagliarsi contro il fronte occidentale per giungere a Parigi e mettere fuori causa la Francia e l'Inghilterra. Tutto ciò con mossa fulminea, irruente, che doveva aver pieno, decisivo successo, prima che le temute masse americane avessero il tempo di giungere in nostro soccorso. Piano dunque grandioso, magnifico, che riuscendo, doveva porre fine alla guerra rendendoci tutti schiavi della Germania, incominciando naturalmente dall'Italia che gli Imperi centrali, dopo Caporetto, ritenevano prossima a morire. Ma tanta tracotanza di concetti, tanta prepotenza di programma era basata sul falso. E come vi ho detto, miei bravi soldati, l'11 novembre, come allora ho previsto con fede di soldato e anima d'italiano, fu a noi, proprio a noi, figli di Roma, a noi fieri difensori della invitta Casa di Savoia, a noi campioni di progresso e di libertà, che toccò l'alto, lo storico onore di soffocare al suo nascere, di distruggere nelle sue basi la tracotanza e prepotenza dei piani nemici. Sui monti una muraglia infrangibile di petti gloriosi ha arrestato e respinto le fitte schiere austro-tedesche, battezzando il Monte Grappa col sacro nome di Monte delta Patria. Sul Piave una selva vivente di baionette eroiche, dopo aver sostenuto il formidabile urto di irruenti masse austriache le ha ricacciate al di là, per sempre, soffocando nelle arrossate acque dello storico fiume la foga del loro inconsulto ardire. E dietro le nostre baionette vittoriose, dietro i nostri eroi in armi, il popolo intero, facendo argine della sua ferrea compattezza, irradiando il fervore del suo fermo volere, ha fortemente, brillantemente, storicamente concorso al raggiungimento del nostro immenso successo. Dalla vetta del sacro monte, dalle sponde dello storico fiume una nuova Italia, bella da secoli, abbellita anziché deturpata dal risalto del neo di Caporetto, è ritornata fulgida e più forte di prima alle sue funzioni di faro di civiltà e di progresso. Tutto ciò per merito dei nostri eroici soldati. Tutto ciò per virtù del nostro sano e fortissimo popolo. E notate, miei bravi soldati, che là non si arrestò il nostro grande successo. Annientato il folle piano austriaco contro di noi, ne rimase di conseguenza profondamente, irrimediabilmente compromesso il piano tedesco contro la Francia e l'Inghilterra. La rapidità dell'offensiva tedesca è venuta a mancare. Le forze morali che dovevano sostenerla vennero meno. La puntata lanciata, egualmente, colla temerarietà della disperazione, ha fallito. Gloriose schiere alleate, fra le quali al posto d'onore brillava un forte corpo d'armata italiano, fermamente deciso a vincere o morire, ravvivate dal soffio della vittoria da noi riportata sul Piave, hanno fortemente sostenuto l'urto del nemico. E, dopo averlo logorato con gravissime perdite, lo hanno brillantemente contrattaccato, su uno, su due, su decine di punti, catturandogli circa 80.000 prigionieri e un migliaio di cannoni e costringendolo... a fuggire. Veri pifferi di montagna venuti per suonare e rimasti suonati. E intanto un milione e mezzo di americani giungevano in Francia, ove ricevevano degnamente il glorioso battesimo del fuoco. E altri 300.000 gagliardi soldati americani sbarcano ogni mese in Europa per venire in nostro aiuto. E con loro sbarcano munizioni, cannoni, aeroplani, grano, carne, derrate e materiali di ogni genere, che aggiunti a quelli intensamente fabbricati e prodotti dagli alleati, garantiscono loro quella superiorità dì mezzi che deve rendere ben presto più grande e più decisiva la loro sicura vittoria. Eccovi, miei bravi soldati, quello che io sono fiero di potervi dire oggi 29 agosto, colla stessa sincerità, colla stessa sicurezza con cui vi ho parlato l'11 novembre, prevedendo quello che punto per punto si è avverato. E come allora, vi ripeto oggi che se la lontananza dalla madre Patria priva noi dell'ambito onore di prendere parte diretta a tali grandi successi sui campi europei, non per questo è meno importante e meno proficuo il concorso che noi possiamo portare alla causa comune, di qui, colla saggia e volonterosa prestazione dell'opera nostra. Fino a oggi sono mancate a noi le grandi azioni di guerra, ma sempre, quando il nemico ha osato alzare la testa, voi lo avete ricacciato nella sua tana con mossa ferma e decisa. E nel frattempo, colla vostra esemplare condotta, col vostro indefesso lavoro, voi avete affermato e sollevato sempre più il nostro prestigio fra gli alleati. E oggi, forse, una più luminosa aurora sta spuntando al nostro orizzonte. I tedeschi sono quasi partiti da questa fronte. I pochi che restano continuano a farci l'onore di rimanere di fronte a noi italiani, ina noi li conosciamo da lunga data e non li temiamo, oggi meno che mai. I bulgari, stanchi della prepotenza tedesca che li dissangua e affama ogni giorno più, sono moralmente depressi. La loro disciplina militare si sfascia. La voce implorante delle loro famiglie languenti nell'interno toglie loro l'energia e la forza delle armi. Spinti dai tedeschi e ricorrendo ancora a quel poco di vigor bellico che loro rimane, essi tentano di quando in quando qualche colpo di mano e sempre si fanno sostenere da fuoco intenso della loro artiglieria. Ma sono colpi di mano senza decisione, colpi di mano, che voi, miei bravi soldati, respingete facilmente. E quanto agli effetti dei loro cannoni, voi li trascurate rimanendo vigilanti e sicuri' nelle Solide caverne scavate col sudore della vostra fronte. Quindi oggi più che mai siete superiori al nemico che vi sta di fronte. Superiori moralmente e materialmente. Superiori perchè in voi va ingrandendosi sempre più quella fede che invece in lui va a mano a mano spegnendosi. Superiori perchè voi sapete che in Europa i vostri fratelli vincono grandiose battaglie, mentre invece il bulgaro sa che i suoi grandi alleati stanno incassando batoste. Superiori perchè voi sapete che le vostre famiglie sono sicuramente difese e fermamente fidenti, mentre il bulgaro sa che all'interno i suoi cari sono esposti ad ogni pericolo e in preda allo sconforto. Superiori perchè voi sapete che la vostra vittoria vi apporterà una pace gloriosa, mentre il bulgaro sente che colla pace suonerà per lui l'ora della sconfitta materiale e morale, l'ora in cui dovrà scontare la colpa di essersi alleato con chi, avendo scritto sulla sua bandiera: usurpazione e predominio, lo ha incatenato e dissanguato soltanto per i propri egoistici fini. Superiori, insomma, in tutto e per tutto, senza limiti, senza restrizioni. Quindi a Voi il diritto di agognare e pretendere che tanta superiorità di mezzi materiali e morali trovi al più presto il modo di esplicarsi e di affermarsi. A Voi, in poche parole, il diritto di sollecitare il momento in cui una decisa marcia in avanti vi permetta di riportare qui sui bulgari quei gloriosi successi che i vostri fratelli hanno brillante, mente riportato contro gli austriaci in Italia. E quel momento, miei bravi soldati, lo desidero anche io, lo desiderano i vostri ufficiali con tutta l'anima e quel momento verrà. E venendo, vi sarà apportatore di onore e di gloria, pari alle vostre esemplari virtù. Siatene sicuri, miei bravi soldati. " La vostra fede trovi nell'ansiosa attesa nuovo vigore e nuovo vigore e nuovo slancio. I vostri nervi si distendano, i vostri pugni si serrino per colpire decisamente e fortemente non appena ve lo venga concesso. Ed allora, fiero più che mai di essere vostro Comandante, premuroso più che mai di compensare il vostro ardire, vi richiamerò nuovamente attorno a me per esprimervi la mia soddisfazione e per dirvi ancora una volta: miei buoni e bravi soldati, come l'11 novembre, così il 29 agosto, vi ho detto e vi ho previsto il vero. Intanto, in attesa che tale ora di gloria suoni anche per noi, eccomi qua orgogliosa e fiero di consegnare solennemente, davanti a Voi, il distintivo dei prodi a questi vostri valorosi compagni che nelle passate azioni si sono particolarmente distinti. A loro tributiamo in coro l'omaggio della nostra ammirazione e dalla nostra riconoscenza. Con loro rivolgiamo il nostro riverente pensiero ai fratelli che caddero per la grandezza della Patria. Con loro, sollevando lo sguardo al cielo, là in direzione della nostra grande, della nostra cara ed invitta terra, gridiamo con tutta la forza dei nostri petti: Evviva l'Italia.