1 febbraio Il Governo italiano affida il Comando delle truppe in Albania al generale Giacinto Ferrero, con mandato scritto dei Ministri della Guerra e degli Esteri.
2 febbraio Il Generale Ferrero arriva in Albania dove trova i due reggimenti della Brigata Savona, ma un territorio senza alcuna difesa organizzata, né lungo le strade, né lungo l’antica via Egnatia, né sulle alture circostanti.
8 febbraio Si completa losbarco a Salonicco della 26° Divisione inglese.
Macedonian front, Bulgarian artillery
9 febbraio A Durazzo si completa l’imbarco degli ultimi profughi serbi e della missione inglese, francese e serba. Il ministro Pasic trasmette un messaggio al Governo italiano: “ultimato il trasporto dei serbi dall’Albania, esprimo i ringraziamenti più sinceri del Governo Reale per l’intervento immediato ed efficace della R. Marina Italiana e per l’opera di tutte le altre autorità, grazie alle quali lo sgombero si è potuto effettuare con rapidità e con piena soddisfazione.” mentre il colonnello Mitrovich, comandante del Quartiere Generale serbo, elogia l’opera della flotta italiana: “bene è intesa ed apprezzata dall'esercito serbo la vostra opera nobilissima per il trasporto della intera armata, compiuto in così breve tempo, su mare infido e superando ostacoli e difficoltà innumerevoli. Ora e sempre per quest’opera Vi accompagnino, o marinai d’Italia, la gratitudine e i voti di tutta la Serbia, che, sulle vostre navi, oggi rinasce per affermare il suo sacro diritto alla esistenza contro l’aggressione e l’oppressione nemica.”
13 febbraio La 63° Divisione austriaca, con l’appoggio della parte della popolazione filo-turca, blocca Durazzo, mentre l’8° divisione bulgara si dirige verso Elbasan. Da Feras, Corni scrive: “quattro prigionieri austriaci, …, mi chiedono pane. … Sono in uno stato da far pietà a una statua. Capisco, i serbi non hanno nulla e chi non ha nulla non può dar gran che; capisco anche che i serbi non possono esser pietosi con gli austriaci, specialmente in questi giorni di tragedia, mentre tutto il territorio della loro patria è calpestato da soldatesche austriache vittoriose, mentre tutta la Serbia non è che una enorme rovina, mentre essi, questi serbi dell’esercito, si trascinano affamati, malati, nel fango, per poter raggiungere il mare, ossia la salvezza, ossia la probabilità di riacquistare, con la vita, le energie per tornare a combattere contro gli invasori della loro patria; … ma quello che non capisco è che, avendo una galletta, si possa mangiarla vicino e davanti ad un uomo che, in marcia da mesi, da tre giorni non mette una briciola in bocca. Un uomo che ha fame, un uomo che è fortemente malato, non può essere un nemico. Che, dopo, quando lo si è sfamato e curato gli si rompa la testa, va perfettamente: risponde alla natura umana, che è quella che è; ma un affamato!!”
Macedonian front, National bank in Thessaloniky bombed by Zeppelin
13 febbraio Giunge ad Udine anche il Presidente del Consiglio francese Aristid Briard, accompagnato dai Ministri Bourgeois e Thomas. A Roma Barrère insiste presso il Governo per spiegare che una forza militare italiana a Salonicco avrebbe avuto un grandissimo effetto morale, come prova di solidarietà tra gli alleati: “la solidarietà degli alleati risultava da tutti gli accordi militari presi e da prendersi per l’azione generale. La questione già discussa in passato della nostra partecipazione a Salonicco era oggi resa più ardua dal fatto della spedizione da noi fatta a Valona e a Durazzo; e più ancora in questi ultimi giorni dalla minacciata discesa in Albania degli austriaci dopo invaso il Montenegro”.
13 febbraio Si completa lo sbarco a Salonicco della 27° Divisione inglese.
14 febbraio Prevedendo l’attacco degli Austriaci supportati da bande albanesi, il Comandante Ferrero, chiede il permesso di sgombero al suo superiore, il tenente generale Emilio Bertotti.
16 febbraio Nella rada del porto di Durazzo si trovano quindici piroscafi da carico, due navi ospedale due cacciatorpediniere a difesa della ritirata degli Italiani, ma dopo due giorni Ferrero riceve un telegramma nel quale Bertotti sostiene che la minaccia austriaca è inferiore al previsto. Scrisse successivamente Sonnino a Salandra: “E’ stato Bertotti che di sua iniziativa ha trattenuto Ferrero dicendogli che a lui la situazione non risultava così grave: e Piacentini che di sua iniziativa ha persuaso Essad a rinviare la sua partenza.”
17 febbraio Oltre 130.000 soldati serbi sono stati trasportati a Corfù.
23 febbraio Gli austriaci attaccano Durazzo. Le potenze centrali impegnano in Albania il 19° Corpo d’Armata austro-ungarico, composto da due Divisioni, comandato dal generale Trollmann.
Macedonian front, Italian troops in Albania
24-25 febbraio Nella notte, dopo una furiosa battaglia, le truppe italiane, decimante anche dalla gastrointerite sono costrette a lasciare Durazzo. All’alba salpa da Durazzo in fiamme l’ultimo convoglio italiano: rimangono sul campo 840 uomini, cannoni, munizioni, viveri e vengono abbattuti 900 muli. Martini, con la partenza delle nostre truppe da Durazzo, scrive sul suo diario: “le cose vanno male. Fu Sonnino che dette l’ordine di restare a Durazzo, sostituendo la volontà sua a quella dei tecnici, cagionando così la perdita lamentevole di uomini e di materiali, e finalmente dando occasione all’Austria di esagerare i fatti e vantarsi di una solenne vittoria. Male tutto ciò; anche perché il deliberato del Consiglio dei Ministri altro voleva, anzi l’opposto …”
24-25 febbraio Lo sgombero della fanteria serba è ultimato anche a Valona, compresi circa 6.000 montenegrini; rimane invece la cavalleria, che raccoglie 13.500 uomini. Gli italiani (la Brigata Verona, il 15° Reggimento della Savona, il 10° Reggimento Bersaglieri, il 47° e 48° Reggimento di Milizia Territoriale, uno squadrone di Cavalleria, diverse batterie di cannoni da montagna, altre compagnie del Genio e servizi vari) si schierano sulla riva sinistra del fiume Vojussa, a Nord-Est di Valona. Il fiume rappresenterà il logorio di una guerra fatta di poche battaglie, ma molte vittime su un terreno infestato da paludi e malaria, malattia che colpiva l’80% della popolazione determinando un tasso di mortalità molto alta: la vita media del popolazione albanese era sui quaranta anni. L’esercito italiano rimase comunque sia sul fronte albanese che quello macedone, su un percorso di oltre 50 Km distribuito lungo il corso del fiume Vojussa fino al lago di Ochrida, al confine con la Macedonia con l’intento di ricongiungersi all’Armée d’Orient e alla 35° Divisione del generale Petitti, creando una linea fra l’Adriatico e le truppe anglo-francesi. Nel corso del 1916 il XVI Corpo d'Armata, con l'arrivo di nuove truppe, raggiunse la forza di 100 mila uomini e i nostri soldati, partendo da Tepeleni, occuparono, sgombrandole dai Greci, le città albanesi vicine al confine fissato dalla conferenza di Londra: Delvino, Premeti, la costa da Porto Palermo a Capostile, il porto di Santi Quaranta.