9 maggio 1917 L'offensiva alleata in Macedonia, si doveva effettuare ai primi di maggio contemporaneamente, nell'arco della Cerna dagli italiani e francesi e sul Dobropolie dai Serbi, secondo il vecchio piano del 1915, del Comando delle forze alleate, con obbiettivo Sofia, capitale della Bulgaria, mentre le divisioni francesi dal Doyran, con obbiettivo Veles-Uskub, dovevano superare le catene di Planchavitza, in accordo coll'azione del corpo d'Armata inglese verso Nevrekop, nella valle dello Struma. L'offensiva tendeva essenzialmente a concorrere all'azione intrapresa e sviluppata dai fronti occidentali, in attesa di sicuramente ed efficacemente continuarla, quando fosse notevolmente progredita e in buona parte riuscita l'offensiva da uno dei fronti occidentali. Omettendo di parlare dell'azione concomitante delle truppe serbe ed alleate, la battaglia nell'arco della Cerna, a cui presero parte le truppe italiane e francesi, si può distinguere in tre periodi: di preparazione, dell'attacco e di assestamento. Dal 5 maggio il periodo di preparazione (tre giorni di intenso bombardamento) si svolse metodico e regolare da parte delle artiglierie francesi di medio e grosso calibro, delle bombarde italiane da montagna, le quali tutte assolsero degnamente il compito di fare brecce nei reticolati avversari. Altri tiri di neutralizzazione furono eseguiti specialmente per impedire la circolazione delle trincee, il riattamento delle difese accessorie ed il funzionamento degli osservatori nemici. Contemporaneamente la nostra squadriglia aviatori prestò efficace azione nel servizio di osservazione. L'attività del nemico, in detto periodo, si manifestava energica e continua, con bombardamenti dì notevole intensità su tutte le nostre linee. Il mattino del 6 Maggio l'avversario lanciò su quota 1050 granate incendiarie e attaccò le nostre trincee con gas asfissianti, senza risultati notevoli. La sera dell’8 giunge alle truppe in ansiosa attesa, l'ordine dell'attacco per l'indomani, attacco che si inizierà alle 6,30 frontalmente, dal punto A, su q. 1050 al Piton Rocheux, preceduto da breve intensa preparazione di artiglieria e bombarde. Nella notte il nemico lancia i gas asfissianti sulle posizioni del 62° nell'ansa della Cerna, con violento bombardamento di artiglieria e raffiche di mitragliatrici, a cui rispondono con veemenza e furore le nostre, che riducono al silenzio il nemico. Unità designate per l'attacco: 61°, 161° e 162° fanteria, col 62° di rincalzo, nonchè la 16° Divisione coloniale francese e una brigata russa, oltre a 3 batterie francesi da 155, 7 batterie francesi da 120, 9 batterie da 75, 32 pezzi italiani da montagna, 2 gruppi italiani di bombarde da 240 e la 238° compagnia mitragliatrice divisionale. Sorge l'alba del 9 maggio. Sotto il gran sole chiaro, questo caldo sole già estivo d'Oriente, la fanteria italiana irrompe balda, magnifica all'assalto, contro posizioni formidabili, superando forti dislivelli nel percorrere tratti di terreno allo scoperto, fortemente battuto.(omissis). I fucilieri d'Italia si slanciano avanti, con entusiasmo irresistibile dopo aver scavalcato d'un balzo il parapetto della trincea. Le prime ondate sono costituite dagli esploratori, giovani arditi e baldanzosi Un'orgia di guizzi, di lampi, di vampe, li investe mentre l'aria è dilaniata da scoppi e da schianti. L'artiglieria nemica rabbiosamente concentra il suo fuoco micidiale sulla fanteria che avanza. Uomini cadono, ma la nostra linea si spinge innanzi il 62° resistibile. Dopo una brevissima sosta nelle buche serbe, il punto fuori le attuali trincee, i nostri scavalcano i reticolati nemici sconvolti e raggiungono di slancio il parapetto della trincea nemica, pronti a gettarsi sulla seconda, più avanzata. La lotta si converte ora in violenti corpo a corpo. Da nascondigli invisibili, da ogni dove, le mitragliatrici nemiche, che fino a quel momento avevano taciuto, si svelano improvvisamente e sgranano la loro furia sui nostri combattenti, avvolti già da una terribile valanga di ferro e di fuoco, che i cannoni e bombardo tedesche rovesciano sopra, sgretolando, frantumando il terreno roccioso in schegge micidiali, innumerevoli. La situazione è critica... le nostre mitragliatrici che avevano appoggiato l’attacco e seguito le prime ondate, continuano il fuoco violentissimo, ma nella loro posizione scoperta sono prese d'infilata dalle numerose mitragliatrici avversarie, annidate in caverna, sui cocuzzoli circostanti.(omissis). Altre ondate nostre si succedono, ma sono arrestate dal vivo fuoco d'interdizione nemico, che è furioso su tutta la linea dei punti A, della quota 1050 e della Cima Bruciata. E nelle buche serbe ripiegano infine, a gruppi, i pochi superstiti che già occupavano le trincee nemiche, ove non era più possibile mantenervisi... il loro sacrificio sublime, diventa inutile, di fronte alla superiorità del fuoco nemico, ostinatamente continuo ed intenso, malgrado l'efficacia di quello delle nostre batterie. L'Ufficiale superiore comandante delle colonne d'attacco nel settore del Collier, alle 7,30, mentre procedeva decisamente all'attacco, l'eroico Maggiore Cav. Ulrico Tonti, del 61° fanteria, viene colpito fatalmente. La situazione alle 7,30 era la seguente: Il 1° Battaglione del 61° ha raggiunto e oltrepassato la cresta nemica di cima 1050 fra i punti A, e A2, ma di fronte al potente fuoco di mitragliatrici e artiglieria avversaria, è costretto con gravi perdite, a ripiegare al punto A1. Il 3° Battaglione dello stesso reggimento, con ammirevole impeto, supera le trincee o buche, ove i serbi giunsero nella precedente offensiva di novembre, a sud-est del punto A1, ma colpito di fronte e di fianco, deve esso pure ripiegare con gravissime perdite. Al centro, il 161° riesce ad aggirare cima 1050, mentre altri reparti penetrano nelle trincee nemiche, ma devono, come i battaglioni del' 162° più ad est, che già avevano vittoriosamente occupato il Piton Brulé, retrocedere, data la situazione veramente insostenibile, perché le truppe coloniali francesi della 16° Divisione, sulla destra, erano ripiegate sulle trincee di partenza, con gravi perdite. Iniziando alle 7,40 con due compagnie di rincalzo la salita da Meglenci al luogo dell'azione per sostituire il compianto collega, il mio animo era tutto compreso della responsabilità ereditata, più che impressionato dal fuoco micidiale di sbarramento, che imperversava lungo il percorso, coi colpi da 105 e 152 che rastrellavano tutto il terreno senza tregua. La mulattiera corre gradatamente allo scoperto dalle posizioni avversarie dominanti e in salita: qua e là qualche roccia offre lieve riparo alle esplosioni formidabili e continue da ogni parte. Giungo ad un posto di medicazione, pieno di feriti, dove i medici militari, (di cui la condotta è, come sempre, superiore ad ogni elogio), prodigano cure affettuose, efficacemente coadiuvati dal portaferiti, da questi umili eroi del campo di battaglia, che da trincea a trincea portano le barelle col pietoso carico umano, addimostrando elevato spirito di sacrificio e di abnegazione. Mentre esprimo qualche parola di compiacimento e di conforto, una granata scoppia a pochi passi, sparpagliando una quantità di schegge e di pietre... Alcuni cadono, altri sono coperti di terra, con leggere contusioni prodotte dai sassi. Le truppe di rincalzo, salgono a gruppi, alla spicciolata, quanto più si avvicinami alla zona della battaglia per rendersi meno visibili e spostandosi rapidamente nei tratti più battuti, avanzando, meravigliosamente, serenamente, sotto il bombardamento infernale. Il sole è caldo. la giornata smagliante di luce. Vien dato l'ordine di riprendere l'azione, di rinnovare con immutata energia l'attacco. Per l'onore d'Italia, per l'onore delle nostre armi, altre ondate di truppe fresche si avventano, contro i nidi di mitragliatrici nemiche, di slancio, fuori delle trincee, mentre il fuoco delle nostre artiglierie e bombarde ripiglia vigoroso, impetuoso, violento per appoggiarli nella loro avanzata eroica. Tentiamo, con disperato sforzo, di superare lo spazio, ma questo è scoperto, spaventosamente battuto da un fuoco ora raddoppiato. Le ondate, decimate, si arrestano all'estrema linea di approcci serbi, tentano ogni mezzo per raggiungere la cresta. (omissis). Sono le 9,30 e la battaglia, dai caratteri, violenti delle azioni carsiche, non ha sostato un istante. La situazione alle 10, sia su cima 1050, che sul Collier, era tale che qualunque movimento era paralizzato dal fuoco nemico insistente più che mai, in ispecie sui rincalzi ché continuavano ad affluire con estrema difficoltà. L'azione d'attacco è per ora sospesa. Dovrà ripigliarsi, non appena altre nostre truppe, sulla destra, ripeteranno l'avanzata, da quota 1050 a Cima Bruciata e Rocciosa. Tutte le posizioni nostre, dal Collier al Piton Rocheux, si sostenevano a vicenda, per modo che se anche fossimo riusciti ad occuparne una, ci saremmo trovati sotto il micidiale fuoco delle altre, in ispecie delle artiglierie nemiche al Piton Bocheux. A quota 1050 i tedeschi avevano i loro migliori battaglioni: 11° Granatieri, 8°, 9°, 11° e 12° Cacciatori e il Reggimento della Guardia Imperiale, oltre alle Compagnie mitragliatrici pesanti, alla 19° e 205° Compagnia del Genio e una Compagnia del 3° Battaglione pionieri, munita di minnerverfer. Poco per volta i rincalzi riescono ad occupare le trincee della nostra sistemazione difensiva: esse guadagnano, di poi, a gruppi, la linea delle buche serbe, sotto la protezione di fuoco della nostra artiglieria. Alle 13,15 arriva l'ordine di sospensione di qualunque nuovo tentativo di attacco. L'artiglieria avversaria rompe il silenzio breve ché segue la battaglia, con fuoco di rappresaglia, violentemente controbattuto dalla nostra. Il tramonto è di un rosso cupo, di sangue, e si riflette sul campo dolorante di battaglia, ove si distinguono corpi rigidi immobili sul terreno, tutto pieno delle buche rotonde causate dalle esplosioni delle granate. I morti son là aggrappati alle rocce, ancora distesi nell'impeto dell'assalto, presso i reticolati nemici. Il loro eroismo è un trionfo di gloria nella battaglia dolorosa, dalla visione crudele e macabra. A sera si raccolgono con infinita pietà le salmi dei cari compagni caduti, che hanno bene meritato della Patria. E i superstiti li trasportano, con una cura fraterna che intenerisce e che commuove. Dopo la vita febbrile del combattimento è questo il momento più tragico della giornata, il novero dei compagni caduti... sembra di vederli ancora vivi d'intorno e non sono più che un ricordo di vita !
9 maggio Il comandante di brigata generale Crossi, che dal suo posto di comando ha seguito le fasi dell'azione sul Collier, cosi scriveva al comandante del 61° Reggimento: “Comunichi agli ufficiali, sottufficiali, caporali e soldati del reggimento, che ho visto con orgoglio il contegno da loro tenuto nella giornata del 9 maggio e mentre porgo il mio reverente saluto ai Caduti gloriosi, faccio gli auguri a coloro che sono feriti, esprimo a tutti la mia ammirazione per lo slancio, il valore e la tenacia dimostrata dalle truppe di cotesto reggimento”.
La posizione di q. 1050, perduta il 13 febbraio, fu ripresa salvo un piccolo cocuzzolo in vetta, che rimase abbandonato sia da noi che dai tedeschi e che fu oggetto di vivaci e sanguinose lotte da ambo le parti, senza che nessuno riuscisse ad affermarvisi, per tutta la campagna di Macedonia. Il 10 e 11 maggio furono ripetuti gli attacchi specialmente sul Pilon Brulé e Rochéux, tutti di notevole intensità e violenza, ma l'avanzata fu impossibile a causa dell'artiglieria avversaria, più numerosa di quella alleata e dotata di maggiori calibri e perché il nemico, in posizioni dominanti, era saldamente trincerato in ricoveri scavati nella roccia, con abbondanti formidabili nidi di mitragliatrici, in piena efficienza. Le nostre posizioni restarono però integre e salde contro i contrattacchi nemici ed il valore delle truppe e degli ufficiali rifulse in modo mirabile, nonostante le tempeste di assalti e di fuoco. Perdite nostre complessive: 3000 uomini. Il terzo periodo della battaglia, quello di assestamento delle posizioni, è caratterizzato da una vita fatta di tormento, di ansie, di lavoro e di pericolo, di sacrifici e di tranelli. Il nemico opera terribili concentramenti di fuoco per ostacolare i nostri rifornimenti, sulle trincee, per tentar di gettarvi lo scompiglio e il terrore. Ma la nostra resistenza, dopo le prove sanguinose del 9, 10 e 11 maggio, è ancora più forte e salda, in questa regione travagliata da una bufera implacabile infernale. (omissis).