1 dicembre Battaglia di Kosturino: i soldati del 6° Munsters, 6° Dublin Fusiliers della 30° Brigata inglese semi congelati vengono sostituiti in prima linea.
1 dicembre Di notte il colonnello serbo Vassic ammaina la bandiera serba dal konak di Monastir e abbandona la città. A cavallo raggiunge i suoi 3 reggimenti erano partiti verso l'Albania (strada Resen - Ohrid) nel pomeriggio. Di notte il maggiore comandante del distretto serbo di Monastir e due gendarmi vengono uccisi a Kenali mentre cercano di raggiungere la Grecia.
2 dicembre Giovedi, alle ore 16, un ufficiale austriaco scortato da due cavalleggeri issa la bandiera austro-tedesca sul konak di Monastir. Viene accolto dal metropolita greco, da un prete serbo e uno bulgaro.
2 dicembre Inizia il ripiegamento anglo-francese da Kavadarci, Negotino e Krivolak. Nella notte vengono incendiati i magazzini e gli uffici di Krivolak. Il treno parte carico di razioni alimentari per 8 oggi per oltre 100.000 soldati francesi.
2 dicembre A Kosturino ha smesso di nevicare, ma è scesa la nebbia.
2 dicembre I francesi fanno saltare i ponti di Gradsko e Vozarci, gli zatteroni presso Ribartz vengono incendiati.
Novembre – dicembre 1915 La cronaca di questi due mesi (Novembre – dicembre 1915) nel settore inglese è breve: scambio di cannonate quasi quotidiano ma non violento, qualche attacco, qualche contrattacco, ma tutti di importanza modesta.
Primi di dicembre Un altro trasporto italiano affonda per effetto di una mina nella baia di Valona causando parecchi morti. Ecco come sono descritte le condizioni e le operazioni portuali che si svolgevano a San Giovanni di Medua: “dei venti trabaccoli di cui si dispone per lo scarico dai piroscafi, due sono ancora carichi di merce: lo scarico di questi si effettua per mezzo di un’imbarcazione che accosta ad una specie di pontile, dove i soldati (serbi e montenegrini) portano a terra un sacco per volta. A terra si accumulano …. merci di ogni genere esposte ad ogni intemperie ed alle offese dei velivoli e delle navi. Se le navi austriache avessero colpito le botti di petrolio che erano sulla spiaggia, a quest’ora Medua sarebbe in fiamme. Da terra queste merci partono con carri e buoi per Scutari. Le attuali cattive condizioni della strada immobilizzano per ore i carri, che normalmente impiegano tre giorni e che non possono portare più di tre quintali …In queste condizioni, aggravate dalla mancanza di capace direzione, da continui allarmi e da altre difficoltà, la merce già a Medua può rimanervi delle settimane.”
3 dicembre Sbarca a Valona il primo scaglione del Corpo Speciale Italiano in Albania con il compito:
di presidiare Valona e Durazzo e quella minima parte di territorio indispensabile per la loro difesa;
provvedere, nei limiti del possibile al rifornimento delle truppe serbe;
procedere allo sgombero dei prigionieri austriaci, di cui i Serbi avessero voluto disfarsi.
Una brigata, con circa 9.000 uomini, al comando del generale Giacinto Ferrero occupa la roccaforte di Durazzo ma dovrà poi evacuarla nel febbraio, via mare, dopo l'attacco di due brigate austriache. Il generale Cadorna ritiene che dall’Albania non si può esercitare nessun influsso sulla guerra europea, per cui le forze colà inviate, ai fini generali, sarebbero state perdute ed isolate. Al contrario, è convinto che eventuali forze inviate in Macedonia, benché sottratte al nostro teatro di guerra, avrebbero richiamato sopra di loro almeno altrettante forze nemiche e avrebbero concorso “al raggiungimento di alti scopi politici e militari”. Egli continua a ripetere che il valore dell’Albania consiste, per l’Italia, nel possesso della Baia di Valona, la quale insieme al porto di Brindisi, permette di dominare ogni accesso all’Adriatico. L’Italia decide, così, di ampliare la testa di sbarco di Valona, per fermare l’agitazione contro Essad pascià, sobillata da agenti bulgari ed austriaci (preoccupazioni che venivano espresse dall’ambasciatore Aliotti), ma soprattutto per rispondere alla pressante richiesta serba di aiuto.
3 dicembre Battaglia di Kosturino: le truppe francesi della 156° Divisione di fanteria, posizionate a Kajali, iniziano a ritirarsi verso Echelon; il fianco sinistro della divisione britannica resta così scoperto. Il 244° Reggimento alle 4,00 arriva a Kuresnica, dopo avere marciato tutta la notte lungo una strada fangosa e spesso tagliata da corsi d'acqua che dovevano essere attraversati con l’acqua sopra il ginocchio.
Macedonian Front, December 1915
4 dicembre La Brigata Savona, messa sotto il comando del generale Guerrini, inizia il trasferimento a Durazzo: per motivi di sicurezza Bertotti ordina il trasferimento per via terra e non per mare (Bertotti era stato in Albania per 10 anni, dal 1895 al 1905, quindi conosceva le insidie di quei luoghi sia per la gente che per le strade, mentre Cadorna, a suo dire, continuava a sottovalutarne i problemi; racconta lo stesso Bertotti che per assicurare il trasferimento dei suoi uomini ricorse ai preti ortodossi dei sette conventi disseminati sulle alture lungo il percorso, in cambio di denaro). Il che fece scatenare Cadorna, il quale, dopo aver telegrafato a Sonnino i pericoli dell’iniziativa presa dal generale Bertotti con il suo 15° Reggimento di Fanteria, se la prese con Zupelli: “debbo perciò rilevare che se le comunicazioni fra l’Italia e Durazzo dovessero, come ora avviene per le insidie marittime, passare forzatamente per Valona, e da Valona arrivare a Durazzo per la via di terra, la necessità – che a me pare evidente – di proteggere il percorso da eventuali minacce, che possono provenire dall’interno del territorio albanese, richiederà un impegno di truppe che può anche diventare notevolmente superiore alla forza fissata per il Corpo speciale, oppure condurrà ad un rivelante e pericoloso indebolimento dei presidi di Durazzo e di Valona e, almeno nelle conseguenze, equivarrà ad un’operazione nell’interno…. Se affaccio tali difficoltà non è perché io possa menomamente dubitare che esse siano sfuggite alla competenza ed alla considerazione dell’E.V., ma è per ribadire il concetto, già messo in luce nel Consiglio dei Ministri, che la nostra azione militare in Albania non deve sottrarre altri reparti all’esercito operante per raggiungere scopi secondari, quali son quelli che possono formare oggetto di operazioni in questa regione, in confronto coi risultati di ben maggiore importanza che si sarebbero raggiunti nella valle del Vardar qualora si fossero quivi portate tempestivamente forze sufficienti".
Salandra, saputo della disputa tra il Ministro ed il Capo di Stato Maggiore si allarma: “I telegrammi balcanici che mi hai mandati ieri sono sempre peggiori. Io temo che si vada a finire in un disastro anche delle nostre truppe, specialmente di quelle mandate (non so con quali guarentigie) a Durazzo. La questione andrebbe discussa con le autorità militari., perché non accada che ciascuno agisca di suo capo senza coordinazione con gli altri, per poi palleggiarsi le responsabilità.”
ma è rassicurato da Sonnino: “non so se conosci le istruzioni telegrafate ieri altro da Zupelli a Bertotti… Oggi ricevo un dispaccio che il console Piacentini … sconsiglia invio Durazzo brigata Guerrini. Marcia nostre truppe imprudente opina sostare Valona. Il Bertotti è quindi avvertito ed in grado di giudicare delle possibilità pratiche dell’invio di truppe a Durazzo. Credo che ci sia un po’ di esagerazione nell’esaltare i pericoli dell’invio per via di terra di un reggimento o due da Valona a Durazzo; e la presenza delle nostre truppe a Durazzo potrebbe evitare là molti guai. ..”
Cadorna scrive a Sonnino che gli aveva inviato i telegrammi giunti da Durazzo chiedendogli le sue impressioni sulla situazione creatasi in Albania: “allo stato attuale delle cose non vedo altra soluzione che quella di far ritirare i serbi che ancora sono in grado di farlo sulla linea dello Scumbi e poi sul Semeni occupando con la loro destra Berat. In tal caso disimpegnate truppe occupanti Valona e spintesi fino linea Vojussa, senz’altro dispendimento potrebbero approvvigionare e rifornire i serbi ripiegati su Scutari. Se le loro condizioni e minacce austro-bulgare sono quali riferisce R. Console a Scutari non vedo altra possibilità di soccorso che per la via di mare. Circa impiego nostre truppe confermo pienamente ciò che più volte ho scritto e telegrafato ritenendo pericolosissima qualsiasi dispersione lungi da Valona che ci esporrebbe facilmente a scacchi contro bulgari e greci molto compromettenti nostro prestigio e perciò con incalcolabili ripercussioni.”
L’intervento di Cadorna risulta affatto inopportuno ed ingiustificato, il quale così spiega a Salandra: “io non ho inteso con questa mia lettera far constatare che le mie previsioni si sono purtroppo avverate …, ma ho desiderato riassumere gli avvenimenti per concludere che se non esiste unità di condotta e chiara visione dei fini da raggiungere e dei mezzi adeguati a tali fini, si corre inevitabilmente incontro a gravi pericoli: e se l’una cosa e l’altra mancheranno a chi si è assunta la direzione esclusiva delle operazioni, giungeremo facilmente alle stesse rovinose conseguenze lamentate per l’Eritrea nel 1865 e per la Tripolitania pochi mesi or sono. Io sarei ben lieto da sbagliarmi, ma temo … abbia finora fatto difetto un chiaro concetto direttivo militare. Di quanto dico è prova il fatto che si reputò che coi 18 battaglioni sbarcati a Valona si potesse avventurare la colonna Guerrini su Durazzo per la pericolosa via di terra, mentre – a pochi giorni di distanza – non si reputarono sufficienti le forze stesse per assicurare la sola occupazione di Valona.”
Macedonian Front, 2° Brigade of Danube Division
4 dicembre I bulgari, supportati dalle 11° Armata tedesca e dalla 3° Armata austro-ungarica, conquistarono Debar. I serbi, in ritirata verso l’Albania, sono costretti ad abbandonare quasi 200 cannoni e 150 tra carri ed automezzi.
5 dicembre La ritirata francese da Krivolak continua. Il 6 ° Battaglione segue la riva sinistra del Vardar fino alla stazione Strumica. Mentre le 19° e 20° Compagnie raggiungono la stazione di Demirkapu per consentire l'evacuazione del materiale. Altri battaglioni si riuniscono invece presso la città di Gevgelia. Alla stazione di Strumica arriva da Krivolak un treno carico di cannoni, proiettili, automobili e rifornimenti.
4 dicembre Battaglia di Kosturino: l’artiglieria bulgara inizia a farsi più consistente. La 30° Brigata è sotto il fuoco nemico.
4 dicembre Rapporto del consolato austriaco di Salonicco allo stato maggiore austriaco: “…sbarco di fanteria: circa 1800 uomini tra i quali un reparto con l’insegna Oriental: il resto si compone di scozzesi e di sodati portanti le mostrine R. D. F. artiglieria; artiglieria inglese: circa 200 uomini con le mostrine R.G.A. una batteria di pezzi pesanti, calibro circa 12 centimetri, trainata da 8 cavalli, a questa batteria appartengono 12 carrette di munizioni e 11 carrette con diversi accessori.”
5 dicembre Rapporto inglese a Kosturino: "alcuni reparti bulgari hanno attaccato i francesi sull’ala sinistra, altri invece hanno creato avamposti verso le nostre linee per colpirci coi fucili. Noi spostiamo due batterie di cannoni da campagna verso Memisli per contrastare eventuali attacchi bulgari, ma non avevamo cannoni da montagna che qui invece sarebbero stati molto più adatti".
Macedonian Front, 14 December 1915 - Generals Sarrail and Mahon in Thessaloniky.
6 dicembre Inizia la seconda conferenza di Chantilly. Col generale Porro si fa un raffronto sulle forze in campo che pur mostravano un certo equilibrio. Quanto ai Balcani è riconosciuta l’opportunità di rimanere a Salonicco per segnare la presenza dell’Intesa in Macedonia, per rendere più convincente l’azione diplomatica su Grecia e Romania e per impedire ai Tedeschi di impiantare una base per sommergibili sulle coste o sulle isole dell’Egeo. Sul piano di guerra, la conclusione, d’altronde prevedibile, è che un’offensiva generale ci sarebbe stata solamente allorché tutti i Paesi sarebbero stati pronti. L’Italia illustra le operazioni sul fronte italo-austriaco in Albania, dopo di che si dichiara disponibile a spedire una divisione per conservare il possesso di Valona e Durazzo e per aiutare l’esercito serbo in ritirata. La Serbia, dal proprio canto promette che avrebbe avuto 250.000 uomini entro l’inizio del 1916. La conferenza, nella riunione dell’8 e 9 dicembre 1915, concorda che le forze alle dipendenze del generale Sarrail sarebbero rimaste in Grecia per l’apertura di un nuovo fronte, quello di Macedonia. E' disposta, altresì, la costituzione del campo trincerato di Salonicco, circa 120 chilometri con alcuni capisaldi avanzati. Inoltre viene stabilito che le offensive sui fronti occidentale ed orientale sarebbero dovute iniziare in tempi quanto più ravvicinati possibile, e comunque non oltre un mese d’intervallo, al fine di non permettere all’Austria di spostare le proprie truppe dalla Galizia all’Italia.
6 dicembre Pubblicazione del trattato di Londra con il quale i paesi dell'Intesa si impegnano a non firmare accordi di pace separati.
6 dicembre Battaglia di Kosturino: i bulgari attaccano il cosiddetto Rocky Peack. All’inizio del conflitto, questo rilievo di grande importanza strategica in quanto permetteva una perfetta visuale delle linee inglesi, era controllato da un battaglione di fucilieri irlandesi, ma da fine novembre, l’arrivo del brutto tempo, la mancanza di qualsiasi tipo di riparo e di difesa obbligarono gli inglesi a lasciare sul posto solo una compagnia con una mitragliatrice. La mancanza di strade e mulattiere, rendeva poi impossibile mandare velocemente i rinforzi. L’attacco bulgaro avvenne al pomeriggio. I bulgari riuscirono a conquistare una piccola trincea, ma nonostante i tanti tentativi alla baionetta non andarono oltre. Decine di morti bulgari insanguinati rimasero nella trincea. Intanto una compagnia del 7° Royal Dublin Fusiliers fu posta a difesa del burrone di Kajali ravine, a sud di Kosturino vicino ai francesi, mentre il resto del 7° Royal Dublin Fusiliers fu posizionato a nord di Kajali.
6 dicembre Inizia lo sgombero di Gevgelia. I primi a partire sono circa 3000 feriti che vengono ricoverati negli ospedali di Salonicco.
Macedonina front, Bulgarian officers
Macedonian front Bulgarian officers
7 dicembre Battaglia di Kosturino: durante la notte, aiutati dalla fitta nebbia che ricopriva il campo di battaglia, i soldati del 44° Reggimento bulgaro si spinsero lungo il pendio del Rocky Peack ed attaccarono gli inglesi alla baionetta. Conquistano la posizione alle 5,20 del mattino, catturando 1/3 dei soldati inglesi presenti. Velocemente i bulgari portano sul rilievo cannoni da montagna e mitragliatrici e cominciano a battere le linee della 30° Brigata che già era sotto il bombardamento dei cannoni da campo posizionati a Cepelli. Il 14° e 28° Reggimento bulgaro attaccano, riuscendo a raggiungere numerosi ripari naturali a poca distanza dalle linee inglesi. Il Generale Mahon, vista l’impossibilità della 30° di mantenere la posizione, invita il Generale Serrail ad accelerare il ritiro delle truppe francesi lungo il Vardar. Verso le 14,00 la 30° inizia a ritirarsi verso una nuova posizione tra il Cadjali e Tatarli a Creta Simonet con una posizione avanzata sulla Crête Rivet. Intanto l’avanzata dei bulgari è trattenuta prima dei rilievi attorno alla cittadina dall’artiglieria da campo inglese. La ritirata inglese avviene su un fondo di roccia e pietre con i piedi e le mani congelate dal freddo, ma è favorita dalla nebbia e dalla lenta avanzata nemica.
Dal diario di un soldato inglese: "un gran numero di bulgari stava strisciando nella nebbia a meno di 500 iarde da noi. Noi sparavamo serie di 5 serie di raffiche di fucile nella nebbia. Lo stesso faceva l'altra compagnia. Sentivamo i lamenti e le grida nei nemici colpiti. I bulgari tentarono un attacco, ma furono investiti dalle nostre raffiche così scomparirono nella nebbia. Alcuni nostri compagni riuscirono a colpire il nemico con la baionetta..."
7 dicembre Il 9° Battaglione della 22° Divisione inglese parte in treno per Dojran.
Macedonian front, Bulgarian officers
Macedonian front, Bulgarian officers
7 dicembre Il governo inglese decide l’evacuazione delle truppe britanniche dai Dardanelli.
7-20 dicembre Viene evacuata la zona di Sulva, ANZAC. 83.000 uomini 4.500 quadrupedi 170 cannoni 1.700 veicoli L'operazione viene condotta efficacemente e le perdite sono molto limitate. Gran parte del materiale bellico viene però abbandonato sul posto.
8 dicembre Rapporto inglese Kosturino: "il bombardamento bulgaro riprese sulle nostre nuove postazioni vicino a Crete Simonet, che durante la notte erano state rinforzate da 3 compagnie francesi e una batteria di cannoni da montagna. Nel frattempo la densa nebbia impediva di capire i movimenti dei bulgari. Così per evitare un possibile accerchiamento alle ore 17 la 30° Brigata iniziò a spostarsi verso una nuova linea vicino al passo Dedeli. Appena completato lo spostamento i Bulgari attaccarono on i lanciafiamme, ma trovarono le nostre trincee vuote.
9 dicembre Rapporto inglese a Kosturino: "la 31° Brigata posizionata a Karabail fu sostituita. La densa nebbia rese difficile questo cambiamento per mancanza di collegamenti e orientamento. Nel frattempo i francesi avevano completato la loro ritirata verso il fiume Boyemia. In ogni caso però le truppe francesi e inglesi erano troppo distanti da Salonicco per poter resistere a lungo".
9-10 dicembre Battaglia di Kosturino: i bulgari prendono il villaggio di Bogdanci.
Macedonian Front, French 176° Division 1915.
9-10 dicembre Battaglia di Kosturino: i francesi sono duramente attaccati dai bulgari sulla linea di Cestovo così la linea alleata di sinistra deve ritirarsi verso Gevgelia. Gli inglesi hanno il compito di coprire la ritirata francese che però si svolge molto lentamente a causa delle condizioni pessime delle strade. I Bulgari prendono il villaggio di Bogdanci nel tentativo di aggirare gli inglesi sulla destra e tagliare loro la ritirata vero Dojran. Il tentativo bulgaro non riesce solo grazie alla morfologia del territorio. La ritirata inglese si svolge senza grossi problemi ad eccezione di una compagnia del 9° King's Own Royal Lancaster che a causa di un ritardo nel ricevimento degli ordini di ritirata viene attaccato dalle superiori truppe bulgare. Negli scontri solo 17 uomini della compagnia inglesi riescono a riunirsi con il resto delle truppe, 120 uomini e 2 ufficiali furono uccisi o fatti prigionieri.
Il sergente di questa compagnia scrive: "noi trovammo la salvezza sulla strada ed eravamo anche disposti a marciare fino a Salonicco. Quando avevamo fatto meno di 100 iarde un proiettore nemico ci cercava nel buio della notte. Il nostro coraggioso capitano era crollato dalla paura e con un filo di voce disse - non sparare altrimenti siamo tutti morti- Nessuno aveva intenzione di sparare perchè il primo colpo avrebbe significato il nostro massacro. Cosa potevano fare 70 uomini contro un esercito...."
I soldati francesi fanno saltare il ponte di Gradsko, le truppe francesi del generale Leblois abbandonano Negotino, quelle del generale Le Demardemelle Kavadarci. La galleria di Demir Kapjiar è fatta saltare. La stazione di Strumica è abbandonata dai francesi.
9 dicembre Gevgelia viene abbandonata dagli alleati. Solo alcuni reparti francesi rimangono per permettere lo sgombero dei magazzini serbi.
11 dicembre Battaglia di Kosturino: Dedeli è evacuato e la notte arriva alle truppe anglo-francesi l’ordine di rientrare in Grecia, sperando che i Bulgari si sarebbero fermati al confine. Da questo momento la Serbia sarà completamente sotto il controllo di Austria, Germania e Bulgaria. Sebbene il comandante in capo, generale Nikola Zhekov, insiste per sfruttare il successo del generale Todorov, al fine di garantire il fianco meridionale dell'esercito bulgaro ed allo stesso tempo negare al nemico la possibilità di riorganizzare le sue forze, il Comando tedesco impone all'alleato bulgaro il concetto di "difesa delle operazioni". In tal modo l'esercito bulgaro inizia a preparare numerose posizioni difensive lungo il confine con la Grecia, che sarà ricordato come il Fronte macedone.
Sull'approccio della "difesa delle operazioni" il colonnello bulgaro Stefan Noikov: "stabilire posizioni difensive ha senso, a condizione che saranno considerati come una situazione temporanea, dettata da una necessità urgente.....inoltre, questa è una condizione che dobbiamo cercare di superare il più rapidamente possibile. " L'obiettivo del comando tedesco era invece quello di impegnare le truppe bulgare permanente sul fronte dei Balcani in modo da bloccare le truppe alleati in questo teatro di operazioni, impedendone così il possibile utilizzo sul fronte occidentale.
12 dicembre I magazzini di Gevgelia vengono incendiati. La ferrovia distrutta.
12 dicembre I piroscafi italiani dopo aver scaricato i rifornimenti in Albania vengono utilizzati per il trasporto dei profughi e dell’esercito serbo. Ragioni di igiene imporranno poi si separare il traffico del personale da quello dei rifornimenti.
Macedonian front, Concentration camp Plovdiv 1916
12 dicembre Battaglia di Kosturino: la 30° Brigata si ritira a Doiran e da qui, in treno viene trasportata a Salonicco. Il comando della brigata abbandona la città 10 minuti prima dell’arrivo dei bulgari. 15 addetti alle cucine inglesi che a Dedeli si erano alloggiati al caldo in una casa, quando aprirono la porta trovarono la strada piena di bulgari. La sorpresa fu tale che riuscirono a dileguarsi nella nebbia. Circa 100 soldati inglesi sono invece catturati ed internati nel campo di concentramento di Plovdiv. Nelle operazioni dell'inverno 1915 gli alleati persero 6.174 uomini, dei quali 1.209 erano inglesi. Particolarmente colpiti furono il 5° Connaught Ranger e il 10° Hampshires che persero più della metà dei propri effettivi.
Un resoconto descrive la situazione della Serbia dopo l'occupazione delle forze austro-bulgare-tedesche: « L'Austria e Ia Bulgaria si sono affrettate, subito dopo I' invasione, a smembrare la Serbia: cosi possono, l’una e l'altra, approfittare liberamente delle sue spoglie. Nel gennaio del 1915 esse hanno terminato di delimitare la frontiera che separa l'oppressione austriaca dell'oppressione bulgara. Non si può varcare questa frontiera verso I'est senza imbattersi dovunque nei posti doganali bulgari, destinati a impedire l'esportazione delle derrate in Austria. L'Austria invece non ha istituito dogane, poiché nulla ha da esportare e non domanda che d' importare. Quanto ai tedeschi, essi non occupano territori. Hanno solamente disseminato lungo Ia linea ferroviaria a Belgrado, a Semendria, a Nis, degli ufficiali che sorvegliano i passaggi e comandano Ie truppe. Gli austriaci hanno conservato sui territorio nel quale s'accampano le divisioni amministrative serbe, sostituendo i funzionari serbi con funzionari propri, e organizzando a Belgrado il Governo Generale della Serbia, il cui titolare e stato già cambiato per lo meno una volta. Il governatore generate imperiale e reale, ha per aggiunto milita re un certo generale Balitch, e per segretario civile un ungherese: Talosczy. Il Governo ha sede nel palazzo del Credito Fondiario serbo. Il personaggio forse più importante, vale a dire più pericoloso, della banda che opprime i serbi, si chiama Hermann: egli apparteneva prima della guerra al governatorato della Bosnia; ed è un vecchio nemico per i serbi. Hermann è incaricato dell' inchiesta sull'attentato di Sarajevo, che durerà fino a quando vi sarà un austriaco in Serbia. Infatti non è mai esistito un mezzo più comodo per governare, perché questa inchiesta fornisce pretesti quotidiani alle persecuzioni, agli arresti, alle esecuzioni. Ha preso una piega pazzesca, gli austriaci sono arrivati a disseppellire il corpo del maggiore Tankovitch, che già fu accusato di aver mosso le fila del complotto contro l'Arciduca, e a fotografarne il cadavere nello stato in cui si trovava dopo parecchi mesi di sepoltura. L'inchiesta sull'attentato è il terrore della Serbia. Ogni esazione, ogni delitto vi trova Ia sua scusa: e per l'inchiesta sull'attentato tutto è permesso. Hermann, il quale porta una semplice Uniforme di luogotenente, ha maggiore autorità di tutti i generali. AI disotto dei poteri che abbiamo nominato figurano: - II comandante della provincia, maggiore Franz Kurtz. È quegli che dirige Ia cultura degli orti e delle paludi, disponendo a questo scopo di numerose squadre di prigionieri russi. I proprietari non hanno più diritti sulle loro proprietà; essi prendono il 30% sulla vendita dei prodotti, e il resto lo intasca il Governo austriaco. Kurtz distribuisce pure le concessioni per l'apertura dei negozi, ché Ia più parte dei negozi serbi sono aperti: soltanto, essi hanno dei proprietari nuovi; - La polizia regolare e la gendarmeria, che sono puramente tutte ungheresi; - La direzione delle acque potabili; un ufficio creato dagli austriaci e il cui compito principale e quello di esigere le tasse; - La direzione dei servizi tramviari ed elettrici, divenuta esclusivamente militare. I tram di Belgrado vanno, ma gli introiti sono incassati dall'esercito austriaco. II sistema dell'espropriazione trionfa. Tutte le farmacie, per esempio, sono state requisite e sono amministrate dall'esercito austriaco; - II servizio delle poste. Non funziona che a Belgrado e in altre quattro città. Altrove è inutile scrivere. Da queste città sj può corrispondere coi Paesi delle Potenze Centrali: con i Paesi neutri Ia corrispondenza è vietata; - L'amministrazione comunale di Belgrado. Il sindaco· è un antico ministro serbo, il dottor Velgovtch. Ma il Consiglio municipale non ha alcuna autorità: chi comanda al Municipio è il maggiore austriaco Juhn. Vi è tuttavia un altro personaggio, potente nel Comune e nel Paese, ed è un serbo, il solo serbo al quale l’Austria accorda Ia sua fiducia e· che si sia sforzato di meritarla, il solo che in questi tempi di terribile miseria si ritiene abbia fatto fortuna. Si chiama Pavichevitch. È uno dei due deputati socialisti della Serbia. La situazione della popolazione Nel 1914 Belgrado contava quasi 100.000 abitanti. Tre mesi or sono le autorità austriache affermarono che ne restavano 58.000. Per opinione generate, questa cifra è esagerata. Ma l’Austria non osa confessare che Ia popolazione diminuisce di giorno in giorno. Ogni mattina,.. a Belgrado, dinanzi al palazzo della Polizia, si può assistere verso le 6 allo stesso spettacolo desolante. Una vera folla aspetta li, maltrattata dai gendarmi ungheresi un certo Wittmann, giudice Ungherese, luogotenente di riserva nell'esercito, arriva, scortato da un medico militare. I due personaggi passano in rivista tutta quella povera gente, Ia insultano, Ia coprono di "lazzi all' indirizzo di re Pietro,del generale Putnik e di Patchich, e scelgono in mezzo ad essa le vittime: preti, antichi ministri, donne, poveri, vecchi. Formato il gregge, i gendarmi lo spingono verso Ia fortezza o verso Ia stazione.Nella fortezza non rimangono mai più di dieci giorni. Trascorso questo termine, Ii radunano e li autorizzano a prender con se le poche masserizie che possono portare sulle spalle; poi li incamminano a piedi verso Semlino. E Ia notte si addensa su di loro. Non se ne ode più parlare. La scorsa vigilia di Natale, a Krujevacz solamente vi furono 3000 internati, fra i quali deputati, professori e preti. Sotto Ia neve, furono cacciati innanzi a piedi, da Krujevacz a Belgrado. Quelli che non sono arrestati sono spogliati. Non vi è casa serba in cui le perquisizioni non si siano seguite alle requisizioni. "Fino ad oggi nessuna requisizione e stata pagata.. Del resto Ia maggior parte delle ricevute sono falsamente redatte e scritte in tedesco/mentre nessuno in Serbia legge il tedesco. Gli ufficiali austriaci firmano Pachitch o Putnik. II Paese è sottoposto a un saccheggio sistematico. Tutti i mezzi, tutti i trucchi sono impiegati. A Parathin il comandante di truppa, certo conte Schwerio, ha invitato gli abitanti a portargli i loro oggetti di rame, le loro lane, sotto pretesto di scambiarle con rame e lana della migliore qualità, proveniente dalla Germania.. E il seguito si indovina. Tutti gli abitanti sono stati obbligati a dare il loro oro. In cambio hanno ricevuto della carta. A Vyenky, dove non vi sono stamperie, ma dove prima della guerra v'era uno stabilimento di bagni, le autorità costringono ad accettare in pagamento biglietti di bagni, impressi con un timbro austriaco. Si è esportato dalla Serbia nell'Austria tutto ciò che si e potuto, e dall'Austria niente viene importato. Non vi è più nulla di intatto in Serbia, se non l'anima dei serbi. Si è potuto spogliarli, martirizzarli, confiscare nelle librerie tutti i libri nazionali, nelle stamperie tutti i caratteri cirillici, cambiare i nomi delle strade e fino i nomi dei caffè, trasformare d'autorità tutti i Serbi in Croati; aggravare il popolo di ammende e di condanne, impiegare legioni di propagandisti e di spioni a convincerlo che le sue disgrazie sono dovute a Pachich e al re Pietro. Ma Ia sua fiducia è invincibile. Esso sa che l'esercito tornerà. Invano si cerca di nascondergli le vittorie degli Alleati, esso le conosce tutte. Come? Mistero! Alcune migliaia di soldati serbi, feriti o malati, caduti durante Ia ritirata, sono rimasti in Serbia. Non uno e stato scovato, non uno ha potuto essere arrestato. Tutto il popolo serbo è rimasto fedele alla Serbia. I bulgari in Serbia «La sorte dei serbi oppressi dall'Austria e orribile. Quella dei serbi dati in mano alla Bulgaria è peggiore. Dove i bulgari dominano è proibito di portare il-nome serbo. Non solo il commissario imperiale Tchaprapchikoff, che da Nis governa le entrate serbe, ha posto dei funzionari bulgari alla testa delle antiche divisioni amministrative; non solo egli nomina i membri dei comuni che debbono portare dei bracciali dai colori bulgari; non solo l'amministrazione è fatta in lingua bulgara; ma siccome non si son potuti far venire dalla Bulgaria tutti i segretari comunali, a quelli che sono stati mantenuti è stato dato un termine di otto giorni per imparare il bulgaro. In tutte le scuole e le chiese, in tutti i comuni, gli archivi sono stati distrutti. I serbi non hanno più atti civili, più diritti di proprietà. I contratti di vendita, gli atti di battesimo, di matrimonio e di decesso, tutto è stato bruciato. Non vi sono più donne, non più figli legittimi; II popolo serbo e ridiventato un immenso gregge, come al tempo dei turchi. I preti serbi sono stati deportati e sostituiti con un clero bulgaro. I professori, gli istitori serbi sono in carcere. Le scuole a Nis, il commissario imperiale Tchaprapchikoff ha pronunciato un discorso di inaugurazione per dichiarare che egli saprebbe costringere i fanciulli a diventare dei buoni bulgari. Gli arresti si seguono dal primo giugno, senza diminuire ne in numero ne in violenza, dando luogo a speculazioni con le quali si arricchiscono tutti i bulgari, dai gendarmi ai prefetti. Si arrestano le persone e poi si vende loro Ia libertà. E qualche giorno dopo si ricomincia. Vi sono stati dei serbi arrestati così e poi rilasciati per tre volte in una settimana. Uno dei procedimenti più ingegnosi che l'autorità bulgara abbia trovato per appropriarsi dei beni è il seguente. Il proprietario di una fabbrica è arrestato; alcuni giorni dopo arriva alla fabbrica un ordine di riprendere il lavoro. L'ordine rimane senza risposta, e si capisce perché. Quattro o cinque giorni passano ancora; poi il proprietario e espropriato per non avere voluto lavorare, e la fabbrica passa nelle mani della Stato bulgaro. S’intende che un metodo così pratico era destinato a generalizzarsi. Tutti gli impiegati della Stato serbo sono stati arrestati. Più audaci dei tedeschi stessi, che hanno lasciato una semi-libertà al Cardinale Merciei, i bulgari hanno imprigionato il venerando vescovo di Nis. L'uso della lingua serba è proibito. La sola protesta che possa elevare il popolo serbo consiste in una ostinazione silenziosa a non comprendere il bulgaro. Spogliati dei loro focolari, della loro lingua, della loro Patria, i serbi non hanno più il diritto di chiamarsi serbi. I loro stessi nomi sono stati trasformati. La terminazione «off» è obbligatoria. Marcovich è diventato Marcoff; lvanovitch , Ivanoff. I rapporti fra i due alleati, i bulgari e gli austriaci, non sono sempre dei migliori. I bulgari, come i tedeschi, affettano di disprezzare gli austriaci, che trattano da cattivi soldati, mentre sono gentili con gli ungheresi, e pieni di riguardo coi tedeschi che catechizzano contro Ia Grecia, perchè è in Grecia che Ia Bulgaria sogna ora di espandersi. Ma vi sono in questa Serbia rovinata, saccheggiata, affamata e ferita, degli esseri ancor più disgraziati, forse, dei serbi. Sono i prigionieri russi, che la Germania ha mandata in dono ai bulgari, a somiglianza dei barbari che un tempo, in segno d'amicizia, si scambiavano gli schiavi. Le umiliazioni, gli insulti, gli affronti ignominiosi, le percosse non sono risparmiati a questi schiavi al lavoro. I bulgari non perdonano. Eppure questi russi sono i figli di coloro che hanno pagato col loro sangue Ia creazione della Bulgaria.
Kilimdir station
14 dicembre Stante il rischio che le truppe bulgare invadessero la Grecia, i generali Sarrail e Mahon concordano un progetto per potenziare le difese attorno a Salonicco.
15 dicembre La massa di 140.000 serbi oltre a più di 100.000 tra prigionieri austriaci e profughi inizia ad arrivare in Albania. In pochi giorni 60.000 soldati serbi saranno sistemati a San Giovanni di Medua, mentre 80.000 a Durazzo. Nel frattempo l'armata austriaca è trattenuta dal piccolo esercito montenegrino del principe Nicola.
Macedonian Front, crossing river Vojossa
19 dicembre La Brigata Savona del Generale Guerrini arriva a Durazzo quasi contemporaneamente ai primi reparti serbi. Nella sua marcia aveva risalito l’interminabile colonna dei prigionieri austriaci condotti dai Serbi verso Valona, dove si trovava anche Re Pietro:
“Non v’ha dubbio che la presenza di re Pietro in Valona costituisca un certo impedimento per l’esecuzione degli ordini impartiti dal nostro comando. Difficili ad essere eseguiti, per l’impossibilità d’imporre norme tassative di tempo e di luogo alle colonne che giungono d’ogni lato e giungono naturalmente disorganizzate; la presenza del Re diventa come un centro naturale d’attrazione, ciò che il comando italiano intende ad ogni costo evitare. Il generale Bertotti ha avuto un lungo colloquio con re Pietro. E’ voce generale che egli si sia mostrato eccessivamente scortese verso il vecchio sovrano; e ciò non giova ad aumentare le scarse simpatie che questo generale ha saputo guadagnarsi. “
la condizione dei soldati serbi e dei prigionieri così è descritta dal console italiano: “Sulla via di Valona si profila una massa nera. E’ una lunga colonna di prigionieri austriaci. Arriva lentamente scortata dai nostri bersaglieri. Procedono a gruppi, sorreggendosi. Non sono più uomini, sono spettri vaganti, dagli occhi pieni di follia e di morte. Formano gruppi strani. Cinque e sei di essi camminano appoggiandosi ad una pertica che due, meno sfiniti, reggono all'estremità, ma di tanto in tanto qualcuno abbandona l’appoggio e si lascia cadere per non rialzarsi più. Un altro prende il posto del caduto, appoggiandosi a quella pertica dell’agonia. Quelli che vengono dietro si spostano per non inciampare nel caduto e proseguono indifferenti, tentando, ma invano, di affrettare il passo per arrivare più presto al mare, al luogo di sosta per l’imbarco, che già vedono. Ma la maggior parte di essi è giunta a Valona per morirvi, perché nonostante ogni miglior volontà, lo zelo dei soldati, l’affannarsi dei medici, le condizioni dei prigionieri sono tali da non poter bastare a salvarli gli approvvigionamenti di cui disponiamo. La galletta, la carne in conserva sono cibi immangiabili e indigeribili per quegli stomaci siffatti dal lungo digiuno e dalle malattie. Ma dove trovare latte e brodo per tutta questa gente? Sono sporchi oltre ogni immaginazione. Hanno i piedi nudi, deformati, sanguinolenti. Portano in capo avanzi di fez incolori, pezzi di tela da sacchi; indossano pastrani laceri e nulla più …Sembra ormai certo che i serbi giunti o che stanno per giungere a San Giovanni di Medua non potranno provvedere alle operazioni di imbarco e perciò dovranno ripiegare su Durazzo; ma anche a Durazzo esistono le stesse difficoltà, per cui quarantamila di essi dovranno continuare sino a Valona la triste via crucis.”
29 dicembre I cacciatorpediniere austriaci Lika e Triglav finiscono su uno sbarramento di mine nei pressi di Durazzo.
Fine 1915 Viene trasferito a Dojran un treno blindato francese con una batteria di due cannoni da 190 mm. Agirà da batteria mobile lungo la linea ferroviaria tra Karasuli e Killindir, tra Vardar, Arjan e Dojran.