Fronte Macedone 1916-18
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Giugno 1916

Primi di giugno 1916
L'autoreparto con sede a Valona, a causa della malaria che ridurre il 70% degli effettivi, venne trasferito in una località a 6 km dalla città ed a 100 m di altezza sul mare.
(Dal Giornale L'Epoca di Roma, 10 gennaio 1920. - Articolo di Tullio Giordana)
".... Abituati alla guerra di montagna, ci siamo ficcati nelle bassure dove il nemico non attaccava, ma uccideva la malaria. Di vedetta o di pattuglia i nostri nervi erano tesi; ma, più che ascoltare i segni di vita del nemico, per distinguere il volo di una zanzara. Era un volo breve, quasi istantaneo, appena percettibile; o qualche volta insisteva a lungo, da destra a sinistra, come se tessesse una trama invisibile intorno al nostro capo. Avevano tutti il volto nella zanzariera, le mani sul fucile ben guardate da grossi guanti di pelle; eppur sapevano bene che non c'era scampo, che il terribile nemico sarebbe riuscito a penetrare in qualche modo fino nella nostra carne, fino al nostro sangue. Forse, al ritorno, si rabbrividiva di ribrezzo, prima che di febbre. Non c'era scampo. Nella seconda giornata di Butkova, di Dzouma molti si salvarono nella brughiera sebbene il nemico ben appostato avesse colto un battaglione quasi di sorpresa, molti fuggirono ancora vivi ad un tiro di artiglieria così preciso che una granata prima di esplodere tagliò di netto la testa di un ufficiale, ma tutti poi ebbero la febbre; tutti, perchè avevano passato una notte quasi coi piedi nell'acqua al guado della Butkova.
Durante i 20 mesi nei quali tennero il fronte loro assegnato in Macedonia, i serbi non ebbero perdite eccessive, e si può dire anzi che l'inizio delle operazioni a settembre li trovò numericamente superiori al giorno in cui entrarono in linea. Ciò si deve all'arrivo dei complementi venuti alla spicciolata dall'America e dai depositi e dai convalescenziari di Mihra, di Corfù, di Tolone e di Biserta, e alla poca combattività del fronte non certo paragonabile a quello tenuto dai francesi e soprattutto dalle truppe italiane che subivano perdite giornaliere nel settore di destra, continuamente impegnati nelle difficili posizioni di quota 1050 e del Piton Brulè, che era il punto più vulnerabile del fronte d'Oriente; e nel settore di sinistra attossicato dalla malaria nella pianura di Monastir, sulle rive della Cerna. I serbi erano allora nella zona montuosa, a un'altitudine media di cica 1000 metri, dove la febbre malarica non li decimava. Noi di dovevamo scegliere fra quota 1050 e il Piton Brulè dove si combatteva giorno e notte e si poteva almeno morire in fretta, e le trincee della pianura, dove si agonizzava nel fango.
Quando pioveva, la e pioveva interminabilmente, l'acqua invadeva i camminamenti e io le trincee, demoliva i ricoveri scavati accanto alla strada, rammolliva tutto; e i soldati avevano l'impressione di vivere sopra una terra che stesse per dissolversi in fango e liquefarsi nei vortici di giallastri che i fiumi travolgevano. Qualche volta, con una tacita intesa, dalle due parti i soldati uscivano sul ciglio delle trincee e aspettavano che la pioggia finisse, come naufraghi sopra zattere di fortuna. Per qualche ora non si udiva nè un colpo di cannone nè una fucilata e il monotono scrosciare dell'acqua non si incideva che dal crocchiare dei corvi...(omissis).
3 giugno
Il generale Sarrail, vista la presenza bulgara in territorio greco, dichiara lo stato di assedio di Salonicco. Lo stato maggior francese, con il generale Sarrail, si è accomodato in una palazzina: l’uscita del generale è sempre pittoresca perché sempre scortato da sei dragoni colossali a cavallo 
Giugno
Dopo il ritiro della divisione dall’Albania, Cadorna ormai tranquillo sul Trentino, dispone, a titolo precauzionale, che una divisione si tenesse pronta a partire per Valona “al primo cenno”. Ed esprime a Sonnino la possibilità di inviare truppe anche a Salonicco:
​“nondimeno ho disposto, per misura prudenziale, che una divisione sia pronta a partire al primo cenno; e la destinerei, qualora l’attacco nemico fosse veramente per delinearsi, in rinforzo a Valona, dove le sottrazioni precedentemente fatte per parare all’offensiva austriaca nel Trentino non hanno punto toccato le artiglierie da posizione, che costituiscono l’ossatura della difesa. Ad ogni modo, anche se le notizie segnalatemi da V.E. dovessero avere conferma, ritengo ch’esse non pregiudicherebbero la possibilità di inviare la nota brigata a Salonicco. … Non è però da escludersi che la nostra partecipazione all’impresa di Salonicco possa provocare una reazione da parte dei bulgari, inducendoli a mutare il loro attuale atteggiamento in Albania ed a minacciare la nostra occupazione di Valona col concorso delle forze austriache dislocate in quel territorio. Per questo io ritengo che l’intervento nostro a Salonicco debba coincidere con un nuovo indirizzo delle operazioni in quella regione. La migliore garanzia di tranquillità per la nostra occupazione di Valona consiste in una energica offensiva che impegni le forze bulgare fronteggianti Salonicco; azione che risponderebbe del resto, nel miglior modo, al concetto dell’offensiva generale degli alleati su tutti i fronti. Qualora gli alleati assumessero un tale impegno, diminuirebbe di molto per noi la probabilità di dover inviare rinforzi a Valona.”
6 giugno 
I M.A.S. 5 e 7 rispettivamente comandati dai tenenti di vascello Berardinelli e Pagano di Melito affondano nel porto di Durazzo il piroscafo Lokrum carico di rifornimenti e munizioni
8 giugno
Affondamento del piroscafo Principe Umberto
A Brindisi sul lungomare Regina Margherita fu posta una targa che ricorda il salvataggio da parte della Regia Marina Italiana, delle truppe serbe ritiratesi sulle coste albanesi alla fine del 1915. Uno dei piroscafi italiani impegnato nell’operazione fu il Principe Umberto, una nave passeggeri utilizzata in precedenza nelle crociere tra l’Italia ed sud America.
Nel maggio 1916 il generale Cadorna ordinò il rientro in Patria di alcune divisioni di fanteria schierate in Albania.
La notte fra il 7 e l’8 giugno, il 55° Reggimento della Brigata Marche venne imbarcato sui piroscafi Principe Umberto ed il Ravenna. Il Comando di Reggimento e la quasi totalità della truppa salirono sul Principe Umberto. Verso le ore 19 dell’8 giugno i due piroscafi e sette navi di scorta, salparono dal porto di Valona. Verso le 21, a circa 200 m fuori dal porto, il Principe Umberto venne colpito in pieno da un siluro lanciato dal sommergibile austriaco U5. In meno di 10 minuti la nave italiana affondò.
Nel naufragio annegarono 52 ufficiali e 1764 soldati tutti del 55° fanteria, e 110 marinai di equipaggio. I superstiti furono 895.
Per alcuni giorni emersero dal mare sulla spiaggia di Valona decine di corpi straziati e irriconoscibili.
Foto
Giuseppe Davoli di Cavriago (RE)



​Tra i dispersi del Principe Umberto vi era anche il soldato Giuseppe Davoli, classe 1894, di professione garzone.
​Era figlio di madre vedova e pensava di non dover partire per la guerra. invece andò in Albania.
Lino Mori, un suo compagno, racconta che si salvò perché al momento dello scoppio era in plancia, mentre Giuseppe era sceso in cabina a dormire.
(tratto da Sempre guerra mai a casa – W. Casotti e A. Coscelli)
11 giugno
Dopo l’ultimatum delle potenze alleate che bloccarono il porto di Atene (minacciarono di bombardarlo) Costantino I di Grecia abdica in favore del figlio Alessandro. Venizelos è il nuovo primo ministro.
18 giugno
​Boselli sostituisce Salandra al Governo Italiano.
24 giugno
3 velivoli italiani accertano la presenza nel porto di Durazzo di 2 piroscafi nemici.
25 giugno
I M.A.S. 5 e 7 rispettivamente comandati dai tenenti di vascello Berardinelli e Pagano di Melito affondano nel porto di Durazzo 2 piroscafi.
28 giugno
​A
lcune divisioni italiane in Albania si impossessano della regione montuosa di Chimara.
30 giugno
La Grecia dichiara guerra alla Germania, all’Austria-Ungheria, all’Impero ottomano e alla Bulgaria.
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