Da Nova Tepè a Monastir Al contingente italiano fu affidato un esteso settore sul confine nord-orientale fra la Grecia e la Bulgaria, verso il Doiran, sulla catena dei monti Beles, prima tenuto da truppe coloniali francesi. Sentendo parlare del campo trincerato di Salonicco, che i corrispondenti dei giornali no-stri, cosi solleciti sempre delle cose altrui, han descritto come un baluardo eretto dalla genialità franco-inglese contro i bulgaro-tedeschi, si pensa subito a posizioni potentemente fortificate con tutta la serie di linee principali ed accessorie che caratterizzano questa lunga guerra. Io non so se, proprio nelle immediate di Salonicco, sia stato costruito questo campo trincerato. Non l'ho visto e nessuno mai me ne ha saputo dare notizia. In ogni modo il settore dei monti Beles mancava assolutamente di una linea fortificata. Esso era tenuto per capisaldi, per modo che le Brigate Cagliari e Sicilia dovettero sminuzzarsi in una serie di avamposti e di gran guardie fra Sugovo, Globostica, Palmis, Sveta Petca, ecc e che la poca conoscenza dei luoghi, e ancor più la quasi ignoranza delle postazioni nemiche, nonchè per la distanza fra i diversi presidi, furono esposti alle piccole ma continue azioni di sorpresa, facilitate dalla insidiosità del, terreno ricco di boscaglia. La vigilanza era attivissima, snervante; ma non poche volte capitava che le opposte pattuglie si incontrassero al ritorno dalle ricognizioni, come non era infrequente che i nostri cucinieri portassero il rancio alle truppe bulgare che, gentilmente, mandavano anche a ringraziare a mezzo degli stessi conducenti che rilasciavano..(omissis), le truppe italiane, data la insidiosità della fronte, che procurava continue dolorose sorprese, abbandonarono la linea degli avamposti e gran guardie, iniziando una regolare linea di resistenza con trincee e reticolati, con tutto il complesso delle opere accessorie nelle retrovie. (omissis) ....................... Se il fante nei primi tempi trovò un qualche conforto nella estesa boscaglia e nei frutteti, nella pianura paludosa, incolta, spopolata; trovò la malaria che giorno per giorno mietette i reggimenti. La gaiezza, così spontanea ed istintiva nel fante italiano, e che ha saputo reggere ed opporsi come una sfida al nemico sotto il grandinare terribile dei grossi calibri della fronte carsica e trentina, scomparve. Il calore era snervante. I volti itterici si disfacevano nella febbre lenta. La quotidiana abbondante somministrazione di chinino, stordiva. L'acqua inquinata avvelenava lo stomaco (omissis).............. Nel novembre fu deciso di riprendere l'offensiva generale, e la Brigata Cagliari, sostituita in linea dalla Brigata Ivrea, si trasferì per via ordinaria sul fronte della Macedonia occidentale per pigliare parte alle azioni che portarono alla presa di Monastir. Marce lunghe, faticose, forzate, ora sotto il sole ardente, ora sotto acquazzoni torrenziali, ora fra un turbine di neve e di vento; ora per vie discrete, ora per vie mulattiere ripidissime, ora per vie carreggiate che la pioggia ammollava in una pozzanghera fonda. Senza riposo. Spesso senza mangiare. La vasta pianura di Monastir, resa melmosa e malarica dal Sakuleva, dalla Cerna, e da una serie di fiumicelli e torrenti che si scaricano nella palude, si distende fra le massicce catene dei Baba a sinistra, e del Kaimakcalan a destra. Queste catene verso la metà protendono nella pianura l’una quota 1248, l'altra quota 1050, come due contrafforti a difesa della restante pianura che sale a Prilep. A destra le truppe serbe che avevano il compito di ricacciare il nemico dalla catena del Kaimakcalan, con obbiettivo quota 1050. Al centro, in pianura, operava la 57° Divisione francese con obbiettivo Monastir. A sinistra, alle truppe italiane, (colonna Desenzani), fu affidata la zona montuosa fra la pianura di Monastir e il lago di Prespa. Il disinvolto semplicismo, che spesso ha presieduto alle nostre azioni militari, assicurava che avremmo incontrati «quattro straccioni» che sarebbero scappati al solo nostro apparire..(omissis). La mattina del 13 gli italiani, secondando il movimento dell'ala sinistra francese, avanzarono sulle montagne. Il 63°, occupate le trincee rosse del Velusina, per tre giorni, il 16, 17 e 18, si impegnò incessantemente, finché non riuscì ad occupare le trincee ad ovest di Velusina, contro cui il nemico invano sferrò ripetuti contrattacchi. Ne le perdite, ne la resistenza opposta dalla vetta del Dente di Velusina, aspra posizione fortemente tenuta e munita, ne la violenta bufera di vento e (li neve, arrestarono l'avanzata dei nostri magnifici fanti. Il 64°, affondato nelle nevi dell'alta montagna, superando difficoltà enormi, conquistò quota 1182, e la mattina del 19 il 63° riuscì ad occupare il Dente e il Monastero di Velusina catturando i presidi. La divisione francese allora potette entrare senz'altro a Monastir. Fra il 19 a sera e il 20, mentre il 64° fanteria proseguì l'avanzata verso l'alta vetta del Peristeri e Nizopole, ricacciando sempre più indietro le retroguardie bulgaro-tedesche, il 63° fece il suo ingresso a Monastir. La città, sita allo sbocco della piccola vallata del Dragor, fra le pendici del Peristeri ad ovest e di quota 1248 a nord, apparve coi suoi casermoni turchi in fiamme, in uno sfondo di minareti. Le piccole case, dalle finestre protette da gelosie, dalle torrette e dai balconi sporgenti come tamburi, sussultavano nella loro ossatura di legno, allo schianto delle granate che tentavano arrestare le truppe vittoriose. Ogni tanto qualcuna si sgretolava nella rovina. Un ponticello sul Dragor fu colpito in pieno. Il generale Desenzani, comandante la Brigata Cagliari, e il generale Petitti di Roreto, comandante la Divisione, furono feriti, il comandante del Genio maggiore Tamaio, fu ucciso. (omissis). La nostra fermata fu breve. Tanto quanto bastò per farci notare, fra tanti sbandieramenti, sopra tutto francesi, la mancanza del tricolore italiano. Il 21 gli italiani ripresero l'avanzata nella piccola vallata del Dragor, da quota 1248 ai Peristeri. Ma la breve sosta a Monastir dette agio al nemico di fermarsi e organizzare la resistenza. Occupato Brusnik e Dikovo, la resistenza divenne accanita a Magarevo e a Trnovo. Fino al giorno 27 si rinnovarono gli attacchi ostacolati dal maltempo e dall'intenso fuoco alle spalle delle artigliere di quota 1248 ove s'erano arrestati i francesi, rispetto ai quali gli italiani formavano un saliente. Ogni sforzo degli alleati riuscì vano, e si procedette allora al rafforzamento delle posizioni raggiunte che per gli italiani andavano dalle pendici di quota 1248 a destra, alle alte vette del Peristeri a sinistra, a traverso la valletta del Dragor. Le truppe furono impegnate senza posa, sia a sistemare a difesa la linea, sia a costruire un secondo ordine di trincee. (omissis). Ma la deficienza dei mezzi era demoralizzante. Ogni richiesta di materiali risultava vana. Non era possibile avere neppure paletti e filo di ferro per stendere un po' di reticolato davanti alla linea. Per fare uno sbarramento sulla strada che attraversa la valle, si dovettero abbattere i pali del telegrafo. I picconi si spuntavano e si spezzavano: non c'era come sostituirli. Il tante doveva scavarsi alla meglio una buca per sali arsi dalle raffiche di mitragliatrici che arrivavano d'infilata e alle spalle da quota 1248. Il bombardamento era sistematico: ogni giorno ad ora fissa per due o tre ore. Il fante non aveva altra protezione che la divina Provvidenza. Il freddo sull'alta montagna era intenso. I distaccamenti erano quasi perduti fra la neve, e per essi la difficoltà dei rifornimenti era enorme. Se le salmerie perdevano la traccia di un sentiero, non arrivavano più a destinazione. La pianura era inondata dall'acqua. I congelamenti erano numerosissimi. E la truppa non aveva che la mantellina. Non pochi erano addirittura in tenuta di tela. Con la base a Salonicco, vale a dire a circa 400 chilometri, con strade pessime, la ferrovia interrotta ad Eksisu, il rifornimento con le automobili era fatto come si poteva. (omissis). Fra congelati, malarici, feriti, la fila dei combattenti giorno per giorno si assottigliava, ed il presidio della linea diventava una preoccupazione. Durante la notte le pattuglie di ufficiali e soldati erano in continuo moto. E durante il giorno, la mancanza di ricoveri non consentiva alcun riposo ristoratore. (omissis). E ogni giorno le febbri reumatiche accrescevano il numero degli ammalati. Arrivarono i complementi. In gran parte delle classi anziane, provenienti dai riformati. Raggiunsero il fronte a marce forzate da Eksisu: 80 chilometri sotto l'acqua, col pesante zaino in impana, senza scorta sanitaria, senza neppure una carretta per aiutare gli stanchi che si trascinarono con uno sforzo di volontà per non rimanere abbandonati nel deserto della campagna macedone. Nell’ultimo giorno di marcia, esauriti i viveri di riserva, non avevano mangiato. Arrivati a Monastir furono diretti in linea. Gente che non aveva mai vista la trincea, che non era bene addestrata nel maneggio del fucile, che non sapeva cosa fosse una bomba a mano; gente pacifica che da poco aveva lasciata la vita tranquilla della famiglia e dei campi. (omissis). Monastir era alle nostre spalle, ad un'ora dì marcia. Era divenuta la base avanzata del settore, ma era sotto il dominio completo dei cannoni nemici che battevano senza posa i magazzini militari, costretti a spostarsi ad ogni rovina, e la grande via di accesso ingombra sempre di carreggi e di camion. La periferia della città, irta di batterie francesi, sotto il fuoco di controbatteria si sforacchiava e smantellava. Anche i posti di medicazione e gli ospedaletti da campo ebbero il loro martirio in questo duello di artiglieria che non poche volte fu fatale pei poveri feriti ed ammalati che, nell'attesa trepidante, esaurivano le poche forze necessarie per superare in autoambulanza o in camion la non breve distanza fra Monastir ed Eksisu, la prima tappa dei martiri. Le spie pullulavano. Luci misteriose, dalla città e dalle montagne, si proiettavano rapide nella notte, e un moto di truppe o di rifornimenti veniva preso sotto le granate, un edificio che da poco ospitava un ufficio militare dirupava in un fragore, una batteria allora allora spostata era presa di mira. ... Natale. (omissis). Ufficiali partirono per riconoscere le strade verso il lago di Prespa in Albania. Ma nella notte fra il 1 e il 2 gennaio, la Cagliari, sostituita in linea da truppe francesi, iniziò la marcia di trasferimento e raggiunse il resto della Divisione nel settore di quota 1050.