Fronte Macedone 1916-18
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Marzo 1918

9 marzo
​I
l nemico attacca la Brigata Sicilia a quota 1050, ma viene respinto dal 2° Battaglione del 61° Reggimento.
10 marzo
La 35° Divisione deve estendere il proprio fronte verso est occupando il settore del Piton Rocheux fino all’alta Makova e la retrostante posizione dello Smetch, fino ad allora tenuti dalle truppe francesi:
“la 35° Divisione, distaccata in Macedonia, ha esteso, il 10 corrente, il proprio fronte verso destra (fino all’alta valle Makowa) rilevando parte del settore tenuto da una divisione francese. A tale estensione di fronte richiesta dal Comando dell’Armata d’Oriente fin dalla primavera dell’anno scorso, questo Comando si era finora opposto per evitare un eccessivo diradamento di forze sul fronte della 35 Divisione, inconveniente questo che non si sarebbe contemporaneamente verificato che in misura molto minore sul fronte delle altre unità alleate, in ispecie per quelle francesi. Ora però l’estensione del fronte di cui si parla ha dovuto essere attuata in seguito al proponimento del Comando dell’Armata d’Oriente di costituire una riserva di manovra, riducendo la densità di occupazione su tutta la prima linea (anche il fronte serbo è stato in questi giorni ampliato). La 35° Divisione presidierà il nuovo tratto di fronte con tre battaglioni prelevandone uno da ciascuna delle sue brigate. Nell’intento perciò di aumentare l’efficienza del nostro contingente senza depauperare la riserva di complementi attualmente indispensabili in Italia, è stato già disposto per l’invio in macedonia di 8 compagnie mitragliatrici, ed ora saranno avviate alla 35° Divisione anche 10 centurie di lavoratori. Il generale Mombelli è stato inoltre autorizzato a formare, sul posto, con gli elementi meno idonei delle unità combattenti, dei reparti di lavoratori, richiedendo dall’Italia i complementi necessari per la loro sostituzione nei reparti.”
15 marzo
Il comandante serbo Misic informa  Petitti di Roreto dell’avvenuta occupazione da parte dell’esercito serbo di un fronte di circa tre chilometri nel settore della Cerna fino al torrente Dyscivatz Zrna; era stato creato un reparto speciale chiamato “Prilep” composto da quattro Battaglioni e da sei Batterie, con sede a Scocivir.
Anno 1918 (La grande guerra 1914-1918)

Memorie del Sottotenente Alfonso Onofri 63° fanteria Brigata Cagliari
"...Tornato di nuovo nella posizione di quota 1050, un giorno un capitano mi informò che un reparto di arditi avrebbe tentato un colpo di mano per catturare dei soldati tedeschi. Questo capitano era sempre preoccupato e continuava a ripetere che il suo sistema nervoso non reggeva più, da quando era stato gravemente ferito sul fonte italiano. Fece un’infinità di congetture circa l’esito del colpo di mano e sulle conseguenze che potevano derivare alla compagnia dall’azione degli arditi. Si preoccupava della sicura reazione tedesca, che sarebbe stata favorita dalla distruzione dei nostri reticolati, distruzione necessaria affinché gli arditi potessero raggiungere la linea nemica. Anche a me la situazione appariva più che seria, però ero ormai abituato a prendere le cose con calma e di conseguenza cercavo di rassicurarlo. Fui sempre tanto calmo in guerra, da meritarmi l’appellativo di: signor Pacifico. La preparazione per l’attacco degli arditi consisteva nell’azione concentrata delle artiglierie di tutti i calibri, appoggiata dalle bombarde, le cui postazioni erano state avvicinate ed aumentate di numero.
L’azione ebbe inizio alle ore 12 e poiché i tiri erano concentrati su di un fronte di circa 200 metri, si ebbe una violenza di fuoco paragonabile e forse superiore a quella del Carso. Il fronte che interessava l’azione era quello occupato dalla mia compagnia e, come riparo, i soldati avevano delle nicchie ricavate nella roccia ed una piccola galleria, alta poco più di un metro e mezzo, con l’entrata e l’uscita. La galleria correva quasi parallela alla trincea ed i soldati vi si rifugiavano durante i bombardamenti. Il comando di compagnia vi era sistemato in un tratto poco distante dalla trincea, di circa 15 metri di profondità, con la sola apertura sul fondo. Questi tipi di gallerie erano comuni sulla quota 1050, perché si perforava verso la linea nemica. Mancando però di uno sbocco erano pericolosissime, nell’eventualità che una bomba scoppiasse davanti l’ingresso. Lo spostamento d’aria, infatti, specie quello causato dalle bombarde, determinava la morte di tutti coloro che vi cercavano rifugio. Infatti disgrazie del genere ve ne furono parecchie e da una il mio plotone si salvò per una favorevole circostanza. Avevamo abbandonato la nostra postazione in trincea da due giorni, quando una bombarda scoppiò all’ingresso della galleria ed uccise tutti i soldati che ci avevano dato il cambio. Ho sempre diffidato di tali ricoveri, che non frequentavo mai per ripararmi, in quanto preferivo rimanere sempre in trincea, affidandomi alla sorte. Il mio ricovero aveva per tetto due lamiere zincate.
Il bombardamento durava già da più di un’ora e gli arditi, in marcia verso la quota, erano fortemente ostacolati dalle numerose esplosioni. Il capitano voleva che mi recassi da lui ogni quarto d’ora, per riferire sulla situazione in trincea ed ogni volta lo trovavo sempre più preoccupato, nonostante facessi del mio meglio per rassicurarlo. Gli nascosi, per non allarmarlo maggiormente, le perdite causate da una granata sparata dall’artiglieria francese ed esplosa in trincea all’ingresso della galleria. I nostri soldati, per precedenti incidenti del genere, avevano paura quando entrava in funzione questa artiglieria, per le granate che colpivano per errore le nostre posizioni. Queste disgrazie sono sempre avvenute in guerra, ma il nostro svantaggio sul fronte della Macedonia era costituito dal fatto che non disponevamo di nostre artiglierie, ma dipendevamo da quelle francesi, che a loro volta non avevano osservatori sulle nostre trincee.
Verso le ore 14 giunsero gli arditi che si attestarono lungo la trincea del mio plotone, di fronte alla quale si erano aperti, per effetto dei proiettili delle artiglierie e delle bombarde, dei varchi nei nostri reticolati ed in quelli nemici. All’ora convenuta le artiglierie allungarono i tiri e gli arditi uscirono all’attacco della trincea nemica, con lancio di numerose bombe a mano. L’azione durò pochi minuti, in quanto la trincea tedesca risultò vuota, perché il nemico si era dotato di un razionale sistema di gallerie. Gli arditi rientrarono e si avviarono di corsa verso le retrovie. Il tenente che li comandava mi salutò e mi disse che avrebbero ritentato un altro colpo tra qualche giorno. In previsione di una reazione da parte del nemico, feci attestare la compagnia sulla trincea e collocai le pistole mitragliatrici presso i due varchi dei reticolati. Mandai dei soldati a prendere dei cavalletti di filo spinato e, mentre ero intento a chiudere i varchi, mi accorsi che anche i tedeschi stavano mettendo a posto i loro reticolati. Certamente in quel momento si cercava di riparare alla meglio le distruzioni subite, in quanto un migliore assetto ai reticolati si sarebbe potuto dare durante la notte. Alquanto rassicurato dalle buone intenzioni del nemico, andai dal capitano a riferire l’esito dell’azione, che poteva considerarsi conclusa senza immediata reazione nemica. Prima dell’imbrunire cessarono anche le azioni delle artiglierie e tornò la calma in trincea.
​Nella notte, mentre si sistemavano i reticolati, il sergente volle uscire per collocare meglio un cavalletto e fu ferito all’inguine. Quel giorno, in definitiva, le nostre perdite furono limitate, in rapporto al concentramento del fuoco, su di un tratto di fronte di estensione modesta".
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