Fronte Macedone 1916-18
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Battaglia di cima 1050

Foto
Nella regione di Monastir le line bulgaro-tedesche si sviluppavano seguendo la cresta delle montagne comprese tra la valle del torrente Marihovo, a est, e quelle di quota 1050, a ovest, per poi attraversare la pianura a nord del villaggio di Novak non lontano dal fiume Cerna. Le linee alleate si trovavano alcune decine di metri al di sotto di quelle nemiche, ma in alcuni punti praticamente quasi si toccavano con quelle tedesche. Complessivamente misuravano circa 25 km: la parte a ovest (circa la metà) era controllata dalle truppe italiane, le altre dai francesi.

Così un ufficiale italiano descrive le trincee della 35° Divisione su quota 1050:
“i soldati avevano delle nicchie ricavate nella roccia ed una piccola galleria, alta poco più di un metro e mezzo, con l’entrata e l’uscita. La galleria correva quasi parallela alla trincea ed i soldati vi si rifugiavano durante i bombardamenti. Il comando di compagnia vi era sistemato in un tratto poco distante dalla trincea, di circa 15 metri di profondità, con la sola apertura sul fondo.
Mancando però di uno sbocco erano pericolosissime, nell’eventualità che una bomba scoppiasse davanti l’ingresso. Lo spostamento d’aria, infatti, specie quello causato dalle bombarde, determinava la morte di tutti coloro che vi cercavano rifugio. Molti soldati diffidavano di tali ricoveri e preferivano stare in trincea affidandosi alla sorte”.
 
Nel fronte di Monastir tra più famigerati campi di battaglia vi furono: quota 1248, quota 1050 e i cosiddetti Piton Brule e Piton Rocheux.
Quota 1050 fu conquistata nell’autunno del 1916 dai soldati Serbi, ma il successivo pesante contrattacco bulgaro-tedesco li costrinse alla ritirata. Nonostante la conquista di Monastir da parte degli alleati, le truppe bulgaro-tedesche controllarono i principali rilievi attorno alla città fino alla fine della guerra, anche quota 1050 fu conquistata dagli alleati solo nell’estate del 1918. Durante quasi tutto il conflitto le linee italiane e francesi furono sempre esposte al fuoco nemico trincerato sulla sommità di 1050 e dei piton da dove le mitragliatrici e l’artiglieria nemica respinsero tutti gli attacchi alleati.
Gli alleati furono costantemente sottoposti al tremendo bombardamento dell’artiglieria nemica ed al fuoco dei mortai da trincea e dei lanciafiamme. Le linee erano così esposte che i collegamenti tra le trincee potevano avvenire solo con il buio. Su cima 1050 nessun movimento era possibile di giorno e pure i feriti, contro i quali il nemico non esitava a fare fuoco, potevano essere evacuati solo di notte. Dal cosiddetto “castelletto” i tedeschi potevano poi osservare l’intero fronte e le linee di approvvigionamento alleate; solo alcuni punti dove erano posizionate le batterie di cannoni, erano fuori dalla visuale del nemico.
Sulle cosiddette “colline di Labac”, a circa 1 km dalla prima linea, gli italiani disponevano di alcuni bunker dai quali controllavano l’importante valle di Meglentzi
A nord del passo di Makovo, dalla sommità del massiccio di roccia chiamato Piton Rocheux, le truppe bulgaro tedesche dominavano le trincee alleate distanti da loro solo 30 metri. Qui i bulgari avevano realizzato numerosi rifugi e caverne nella roccia dai quali sparavano le loro mitragliatrici. Le posizioni bulgaro tedesche su cima 1050 e sul Piton Rocheux si sostenevano reciprocamente: se gli alleati attaccavano una delle due cime si esponevano al fuoco dell’altra. Dal Piton Brule, il nemico controllava poi le linee alleate che risultavano fuori dalla portata del Piton Rocheux.
Cima 1050 non poteva essere conquistata da un attacco diretto senza avere prima neutralizzato l’artiglieria pesante bulgara posizionata dietro il Piton Rocheux, ma di questo, Sarrail si accorse un po’ troppo tardi.
Sebbene su tutto il fronte i due schieramenti oramai combattevano una guerra di posizione, su quota 1050 piccoli scontri tra italiani, francesi, tedeschi e bulgari avvenivano quasi quotidianamente. Nella primavera 1917 però l’attività delle fanterie alleate assunse il carattere di offensiva generale che secondo i piani del generale Sarrail raggiunse il massimo sforzo nel maggio 1917. Purtroppo sia negli scontri frontali alle postazioni nemiche di Monastir che di Dojran le truppe alleate persero migliaia di giovani senza ottenere alcun progresso. 

Foto
Macedonian front, Italian trenches, hill 1050
battaglia della cerna
il terreno nell'ansa della cerna
Alcune osservazioni sull'insuccesso alleato
Scrisse successivamente il generale Petitti:
“l’insuccesso del recente tentativo di sfondamento fatto coll’azione offensiva di maggio da Monastir al Vardar è una riprova della mancanza da parte nostra malgrado i rinforzi inglesi e francesi recentemente giunti in Macedonia di quella prevalenza di forze e di mezzi che è indispensabile per lo sfondamento di una linea completamente organizzata e guernita. Tale sfondamento sarebbe stato possibile nell’autunno 1916  se gli  eserciti alleati di Macedonia si fossero trovati in grado di esercitare una forte pressione coordinata ad una energica azione russo e rumena contro al Bulgaria, azione che purtroppo è mancata.”
Un’analisi degli insuccessi continui è fatta dal Comandante dell’artiglieria della 35° Divisione, il quale aveva partecipato a tutti gli attacchi eseguiti dalle truppe su quota 1050 e che aveva avuto la possibilità di parlare anche con gli ufficiali d’artiglieria serbi e francesi presenti nelle operazioni:
“da quanto ho personalmente visto e da quanto ho saputo, in tutti gli attacchi eseguiti contro la quota 1050, le operazioni sono state sempre precedute da un’azione intensa e concentrata di artiglieria di durata variabile da una a più ore, eseguita sulle trincee e camminamenti del “plateau” della quota e dei suoi bordi.
Ad un momento stabilito l’artiglieria pesante allungava il tiro onde formare una specie di gabbia di fuoco attorno alla quota e l’artiglieria di campagna e da montagna passava al tiro di barrage sugli orli interni della gabbia.
Allora la nostra fanteria marciava all’attacco; essa è quasi sempre arrivata facilmente sino alle trincee nemiche più avanzate del plateau di quota 1050, giacché solo quando le trincee nemiche di quota 1050 erano occupate dalle nostre fanterie, si manifestava la reazione nemica eseguita con tiro intenso di artiglieria, col contrattacco della sua fanteria e con azione di mitragliatrici sul fronte ed in specie sui fianchi delle nostre truppe.
Quasi sempre dalla destra e dalla sinistra, ove forse fino a quel momento trovavansi appiattati e ben riparati, uscivano nuclei abbastanza forti di fanteria nemica costituita certamente con elementi scelti fra i più saldi ed i più coraggiosi (e sempre tedeschi), che attaccavano sui fianchi le nostre fanterie con mitragliatrici e con lancio di bombe a mano.
In tali condizioni la nostra fanteria è stata obbligata a ripiegare sulle posizioni di partenza.
Per contro il nemico, durante la preparazione d’artiglieria deve risentire poco le conseguenze dei nostri tiri. Egli mantiene nelle trincee solo pochi osservatori ben riparati e protetti o da ricoveri o dalle rocce.
Essi certamente sono collegati o telefonicamente, o con altri mezzi (certo disposti in modo da funzionare a malgrado dei danni prodotti dal più intenso bombardamento) colle truppe retrostanti. Queste stanno sul rovescio della quota al coperto e ben riparate, certamente nei ricoveri ivi costruiti.
Queste truppe attendono il momento dell’attacco, a loro annunziato sia dagli osservatori sia dall’interruzione del nostro tiro d’artiglieria, dal conseguente allungamento e dalla sua trasformazione in tiro di barrage. Solo allora la fanteria nemica esce dai suoi ricoveri, e pei camminamenti si porta ad occupare le trincee del rovescio del plateau di quota 1050, ove riceve la nostra fanteria con lancio di bombe a mano e con tiro di fucileria e di mitragliatrici, mentre dai punti a e b viene da altri nuclei esercitata quell’azione di attacco sui fianchi delle nostre fanterie di cui si è sopra fatto cenno. L’uscita della fanteria è contemporanea all’azione dell’artiglieria nemica.
Premesso ciò, un attacco che si voglia eseguire sulla quota, può essere fatto in uno di queste due maniere:
  • attacco di sorpresa durante la notte
  • attacco con preparazione di artiglieria.
A mio modo dei vedere non ritengo opportuno il primo modo, sia perchè di notte le trincee nemiche sono meglio guardate e più  fortemente occupate, sia per il minor concorso che può prestare l’artiglieria la cui azione potrebbe essere quella sola di barrage, sia per le difficoltà tecniche d’impiego d’artiglieria qualora il nemico contrattaccando fortemente riuscisse a respingere i nostri anche dalle posizioni di partenza. Ritengo invece di più probabile successo il secondo perché non presenta gli inconvenienti di cui sopra e soprattutto meglio consente di regolare l’azione d’artiglieria qualunque sia la reazione nemica.
…..In seguito, in un momento ben preciso, a priori ben determinato, quest’azione d’artiglieria dovrebbe cessare, essere trasportata oltre, e trasformarsi in tiro di ingabbiamento e di barrage contro i bordi posteriori di quota 1050. Simultaneamente dalle nostre linee dovrebbero partire delle pattuglie di elementi molto arditi.
”
Bulgaro-tedeschi
Comandanti generali Viegesar e Surer
1° Armata Bulgara
11° Armata tedesca
Alleati
Comandanti generale Sarrail, generale Pennella, generale Lebouc e generale Grossetti
35° Divisione di fanteria italiana
16° Divisione francese
​2 Brigate russe
FEBBRAIO 1917
L’azione ebbe inizio alle ore 12 e poiché i tiri erano concentrati su di un fronte di circa 200 metri, si ebbe una violenza di fuoco paragonabile e forse superiore a quella del Carso. Il bombardamento durava già da più di un’ora e gli arditi, in marcia verso la quota, erano fortemente ostacolati dalle numerose esplosioni. Verso le ore 14 giunsero gli arditi che si attestarono lungo la trincea della prima linea di fronte alla quale si erano aperti, per effetto dei proiettili delle artiglierie e delle bombarde, dei varchi nei nostri reticolati ed in quelli nemici. All’ora convenuta le artiglierie allungarono i tiri e gli arditi uscirono all’attacco della trincea nemica, con lancio di numerose bombe a mano.
L’azione durò pochi minuti, in quanto la trincea tedesca risultò vuota, perché il nemico si era dotato di un razionale sistema di gallerie. Gli arditi rientrarono e si avviarono di corsa verso le retrovie
il plotone di prima linea sistemò i reticolati, cosa che fecero anche i tedeschi. Prima dell’imbrunire cessarono anche le azioni delle artiglierie e tornò la calma in trincea.
12 febbraio
I tedeschi attaccano gli italiani quando i nostri lavori di rafforzamento non erano ancora terminati. Un attacco violentissimo, preceduto da un furioso bombardamento, è sferrato alle 18,45 dalle truppe germaniche, numericamente superiori e fornite di lanciafiamme a grande portata che carbonizzarono il presidio delle trincee avanzate nella zona ovest di Quota 1050 (circa 600 m di trincee vennero spazzate via dai lanciafiamme. Particolarmente colpite sono la 5° e 7° Compagnia del 162 Ivrea che perdono 40 uomini carbonizzati. Dopo durissima lotta, il nemico riesce ad occupare alcuni tratti delle trincee italiane e uno dei cocuzzoli della quota 1050. I superstiti si trincerano ad un livello più arretrato comandati dal capitano Odello.
13-15 febbraio
I fanti del 162° Reggimento di fanteria con un vigoroso contrattacco riprendono, durante la notte e nei giorni seguenti, la maggior parte delle posizioni perdute grazie soprattutto al contrattacco del giorno 15 e respingono quelli sferrati dai tedeschi. Rimangono tuttavia nelle mani del nemico alcune trincee intorno alla quota 1050. E' la prima volta che questo tipo di lanciafiamme viene utilizzato in Macedonia e ciò sorprende le truppe italiane.
Foto
Macedonian Front, Cima 1050, foto della 35° Divisione Italiana
27 febbraio
Alla sera, la Brigata Ivrea appoggiata dall’artiglieria franco-serba (150 cannoni spararono oltre 20.000 proiettili) sferra un contrattacco a quota 1050 e al Piton Brule. La 9°, l’11° e la 2° Compagnia del 162° fanteria italiana si lanciarono all'assalto e con impeto conquistano ed oltrepassano le trincee nemiche, giungendo fino ai loro ricoveri della seconda linea, dove catturano 74 Cacciatori della Guardia germanica del 9° e 10° Jager Battalions. Mentre gli italiani, sotto il fuoco dell'artiglieria nemica, rafforzano la posizione conquistata, i tedeschi, che avevano previsto la possibilità di sgombrare la posizione, fanno improvvisamente brillare una poderosa mina messa in precedenza, che stermina gran parte dell’11° Compagnia italiana; della compagnia rimasero il capitano e pochi uomini.
I pochi superstiti non vogliono però abbandonare le trincee sconvolte e, nell'attesa di rinforzi, si preparano a resistere. Il contrattacco nemico, condotto con forze di molto superiori e appoggiato da un violentissimo fuoco di mitragliatrice non si fa attendere molto. I soldati italiani sono quasi completamente annientati e solo alcuni, degli oltre 100 uomini che contava la compagnia, riescono a rientrare nelle posizioni di partenza. Gli attacchi e contrattacchi durano fino a sera. Il maggiore Negro del 162° Reggimento di fanteria, riunisce i superstiti del suo battaglione e tenta verso le ore 19 un vigoroso attacco che viene però stroncato dalla violenza dell'artiglieria e delle mitragliatrici tedesche. I superstiti dell'11° Compagnia ed elementi della 2° si ostinano a resistere eroicamente nelle posizioni conquistate, ma dopo un'ora, presa d'infilata da una batteria nemica, devono ripiegare verso le antiche trincee. Complessivamente le truppe italiane perdono quasi 400 uomini. Da allora, la sommità dell'altura di quota 1050, tenuta sotto un costante e violento fuoco delle opposte artiglierie, non potrà essere rioccupata né dalle truppe italiane né da quelle tedesche.
L'insuccesso e le pesanti perdite di questo attacco dimostrano che per conquistare cima 1050 era necessario prima annullare le forze nemiche posizionate sui due Piton che si proteggevano reciprocamente. Particolarmente insidiosa è l’artiglieria bulgaro-tedesca posizionata sull'altura dietro al Piton Rocheux in grado di battere il campo aperto di ogni tentativo di avanzata alleata.
28 febbraio
In soli due mesi, i tedeschi lanciano contro le trincee italiane a Quota 1050, ben otto potenti attacchi e più di venti bombardamenti.

Scrisse il Corriere della Sera:
“per la prima volta da quando la guerra è scoppiata ….truppe italiane e truppe tedesche si sono trovate di fronte in un’azione, se non vasta, importante sulla quota 1050. Fu una conquista dei serbi la quota 1050 ed una ardua conquista, perché i bulgari la contesero aspramente … Ora, ritirati i serbi a rifarsi delle perdite subite, la quota 1050 era tenuta dagli italiani e di fronte ad essi i tedeschi hanno sostituito i bulgari…Vi sono due unità di primo ordine nella grossa Divisione tedesca che combatte presso Monastir: fra l’altro battaglioni di cacciatori e di mitragliatori della Guardia Prussiana, scelti fra gli scelti. Con questi soldati si sono misurati i nostri. …”
1 marzo
Scrive il comandante serbo Michitch a Petitti di Roreto, mentre il Principe Alessandro di Serbia si presenta di persona a decorare i superstiti italiani:
“le magnifique exploit de vos vaillantes troupes qui, malgré la résistance de l’ennemi, malgré son feu infernal, malgré les difficultés énormes du terrain, ont dans un élan irrésistible pris hier d’assaut la Cote 1050, m’a rempli d’admiration….Les deux colonnes de votre héroïque 162 Régiment d’Infanterie se sont couverte de gloire inscrivant une belle page nouvelle dans les annales déjà si glorieuses de l’Armée Italienne. … Je suis navré, mon général et cher frère d’armes, qu’un terrible accident, impossible à prévoir et à empêcher, vous ait obligé d’évacuer les positions si héroïquement et si chèrement acquises. Je déplore avec vous tous les cher et vaillants frères d’armes si héroïquement tombés sur le sol de ma patrie, et je m’incline avec le plus profond respect devant leur abnégation sublime, devant leur fier mépris de la mort dans la lutte pour la Grande Cause Commune. Heureux et fier de combattre à votre cotes, je vous prie, mon cher Général … “
APRILE 1917
13 aprile
Su quota 1050, alle 17.45 i tedeschi lanciano una granata asfissiante avanti le linee dell’8° Compagnia italiana.  Verso le ore 20, invece, dopo un breve e violentissimo lancio di bombe e bombarde in direzione delle postazioni controllate dalla 5° ed 8° Compagnia inizia un lancio intenso di bombole di gas asfissianti accompagnate da tiri di shrapnels sul rovescio di quota 1050. Il fuoco del nemico dura circa una mezz’ora accompagnato da lancio di bombe a mano e venne man mano diminuendo d’intensità, tanto che alle 22,30 il nemico vedendo che il suo tentativo non aveva nessuna probabilità di riuscita contro il 161° Reggimento di fanteria, cessa completamente il tiro.
 
​Il generale Petitti di Roreto non mancò di elogiare il comportamento dei suoi soldati:
“mi compiaccio per il contegno risoluto e calmo tenuto dai reparti del 161° che hanno respinto nettamente l’attacco della sera del 13 e rivolgo loro una parola di encomio.”
MAGGIO 1917
3-4 maggio
Le forze bulgaro-tedesche su quota 1050 comprendono 3 reggimenti bulgari con 8 battaglioni (circa 6.000 uomini) e 2 battaglioni tedeschi così dislocati:
  • il 27° Reggimento bulgaro occupa tutta la pianura con i suoi quattro battaglioni in linea … dalla Cerna verso Oriente. …Le compagnie in riserva sono così dislocate a Vaklar.;
  • il 9° Reggimento bulgaro a est del 27°, dalle prime pendici del contrafforte 0 fino al sentiero Meglenci-Armatus;
  • il 54° Reggimento bulgaro a est del precedente;
  • i Battaglioni cacciatori tedeschi a est del 54° Reggimento bulgaro;
  • l’11° Battaglione cacciatori tedeschi sulla quota 1050.”
Descrizione della linea bulgaro-tedesca:
“Dopo la palude della Cerna, ove alcune difese sono sommariamente organizzate (3 km. di larghezza) la difesa dell’ansa forma ancora linea continua. Essa si appoggia ad ovest a Dobromir e, per tutto il tratto della pianura, nella prima posizione è composta di 3 linee continue e parallele.
Prosegue su doppie linee di trincee verso est sulla zona montagnosa, seguendo sovente delle creste che formano una linea molto buona e in certi punti veri capisaldi dominanti, interessati da dedali di trincee e di camminamenti (quota 1050, Piton Brulé, Piton Rocheux, Makovo) ben organizzati e densamente difesi dalle migliori truppe avversarie (in prevalenza tedeschi).
Vi si notano dei rafforzamenti mediante parallele raddoppiate e costoni fortificati perpendicolari alla linea; le conche sono fortemente sbarrate.
Dalla quota 1050 il nemico domina tutta la pianura sud della Cerna e le strade di rifornimento di questo settore.
La posizione meglio organizzata trovasi nella parte est fra la Dubica e la Makovka, nella migliore situazione naturale".
Foto
5-8 maggio
​Le artiglierie e i reparti alleati simulano assalti a 1050. Un tratto di 3-4 chilometri verso le posizioni del Piton è ceduto alla 16° Divisione coloniale francese, la quale avrebbe assunto il perno e la direttrice di tutta l’operazione intesa ad occupare le posizioni del Piton a quota 1019 (il cosiddetto Piton Rocheux, l’attuale Mecharov Kamen). L’attacco alleato, dapprima previsto per l’8 maggio, è rinviato perché nel settore della 16° Divisione coloniale francese, che avrebbe dovuto operare simultaneamente alla 35° Divisione italiana, il bombardamento non ha causato che scarsissimi danni ai reticolati e alle trincee nemiche.

5 maggio
Le batterie italiane e francesi (372 cannoni e mortai pesanti) iniziano il bombardamento lungo tutto il fronte della 302° Divisione e la 22° Brigata bulgara. Nel pomeriggio il bombardamento viene sospeso/ridotto a causa della presenza di aerei tedeschi e dell’abbattimento di un pallone di osservazione. Ciò permette ai bulgaro-tedeschi di riparare i pochi danni subiti alle loro trincee. Le perdite maggiori le subiscono i bulgari della 302° Divisione posizionati in trincee poco profonde e con rifugi insufficienti per tutti i soldati. Il settore tedesco invece non subisce rilevanti perdite grazie al terreno ricco di rifugi scavati nella roccia e a trincee ben difese.
6 maggio
Alle 6:00 ricomincia il bombardamento alleato su quota 1050. Alcune pattuglie italiane, francesi e russe vengono inviate a verificare i danni provocati alle linee nemiche. L’artiglieria nemica si fa sentire e fatte le linee alleate anche grazie alle indicazioni fornite loro dai ricognitori tedeschi.
FotoMacedonian Front, hill 1050 and pitons
7 maggio
Gli Alleati intensificano il bombardamento delle linee bulgaro-tedesche, ma i risultati sulle barriere di filo spinato sono sempre insoddisfacenti come risulta dai rapporti delle pattuglie. Contemporaneamente anche i bulgari inviano pattuglie per cercare di capire il punto in cui gli alleati concentreranno l’attacco.

​8 maggio
​Durante la notte i bulgari sferrano un attacco preceduto da gas asfissianti. Gli italiani perdono 250 uomini, ma l’assalto è respinto.

9 maggio
Dopo un pesante bombardamento delle linee nemiche, in concomitanza di un attacco franco-russo, le fanterie italiane escono dalle trincee e sferrano un attacco frontale alle postazioni bulgaro-tedesche trincerate su quota 1050. E' la più sanguinosa battaglia nella quale sarà coinvolto il corpo di spedizione italiano in Macedonia, contro le truppe bulgare e tedesche: al termine della durissima battaglia, ben 2.800 tra ufficiali e soldati italiani vennero feriti o uccisi.

Disposizioni del generale Pennella:
  • l’artiglieria e le bombarde incominciassero all’alba il tiro di demolizione;
  • I movimenti dei reparti, sulle direttrici e con le modalità già comunicate, avvenissero nella notte dall’8 al 9;
  • Alle 5 del 9 si verificasse, ripetendola fra tutti i comandi interessati, l’ora ufficiale perché l’azione delle artiglierie e delle colonne d’attacco venisse regolata con la massima esattezza;
  • Si irrompesse con impeto e decisione sulle linee nemiche, anche con ondate di rincalzo.
Foto
Macedonian front, Hill 1050
FotoMacedonian front, Italian Officers dead on 9th May 1917
Dal diario di un ufficiale bulgaro, l'attacco franco-russo del 9 maggio:
"nascosti dietro la nuvola di fumo in trincea, pronti ad attaccare, battaglioni franco-russi uscirono dalle prime trincee e scesero allo sciopero in 3 file consecutive da Dabitza a Mige. Nonostante il buio, le loro sagome sono state notate dagli artiglieri, quando arrivarono al centro dello spazio tra le diverse posizioni. I comandanti dell'artiglieria bulgara e dei contingenti "Ruse", Varna" e "Knyazhevo", dopo un briefing, lanciarono il segnale "Attacca Cesar" che scatenò una difesa di fuoco, che coprì l’intera zona da Heinzelmann a Mige e la cui profondità iniziava vicino al filo spinato fino alla 1° e 3° linea di trincee, con grande intensità di fronte al punto C3 e in parte di fronte al B3. Quello fu il momento in cui i proiettili da 120 mm a lungo raggio bulgari hanno iniziato ad esplodere.
Un uragano di proiettili e shrapnels sostituirono la nuvola di fumo, quando lo spazio tra le due linee si trasformò in un’onda del colore grigio delle divise dei franco-russi che stavano attaccando. I proiettili, le pallottole degli shrapnel non lasciavano spazi liberi. Cadevano nelle linee nemiche ed i soldati non sapevano più dove andare a cercare la salvezza.
La coraggiosa ondata nemica era vicino alle trincee ed una parte degli uomini era riuscita a entrare nella trincea C3. Altri erano davanti al filo spinato, mentre il resto era indietreggiato. In breve tempo le linee di attacco si trasformarono in una massa informe di spessore di persone davanti ai nostri punti C2, C3 e D1, che sotto la tempesta di fuoco infinita delle nostre 11 batterie stavano giocando la danza della morte. Una gran grande di loro morì davanti al filo spinato, il resto in preda al panico si ritirò verso le proprie linee, ma quando stavano arrivando in trincea, furono distrutti dal fuoco delle artiglierie che con il loro tiro fermarono anche le ondate successive".

9 maggio 
​Le fasi alterne degli scontri sostenuti dai soldati italiani sono descritte nel Diario storico della 35° Divisione:
“9 maggio 1917 – mercoledì. …Attacco della linea Punti A–A1–A2-A3–A4–Quota 1050–Piton Brulé.
All’alba, la nostra artiglieria ha ripreso il tiro di distruzione sulle linee nemiche, intensificandolo dalle 6 alle 6,30. ….
Alle 6,30 le fanterie si sono lanciate all’attacco.
Alla sinistra – 61° Fanteria – la colonna d’attacco ….raggiunge il Punto A1 e oltrepassa le postazioni nemiche fra A, A1, A2, ma viene fermata dal fuoco di artiglieria. Il comando della Brigata “Sicilia” chiede rinforzi, mentre il comando del reggimento ordina che si attacchi con altre due compagnie il Point A–Collier.
Dispongo che un battaglione del 63° Fanteria da Suhodol si proti subito in avanti in rincalzo del 61°.
Ore 7,30. Perviene dal comandante della colonna del 61°, per piccione viaggiatore, la notizia che la 10° compagnia ha raggiunto la seconda linea, ma che ha bisogno di rinforzi. ..
Ore 7,50.  Si apprende che la prima ondata del I/62° ha avuto successo. L’artiglieria nemica ha aperto un fuoco violentissimo, usando anche gas asfissianti. Un aeroplano nemico vola costantemente sulle linee del 62°.
Mancano notizie dui quanto avviene al centro (Point A2 . Q. 1050) dove è impegnato il 161° Fanteria, e alla destra (Piton Brulé) dove opera il 162°. Dalla quota 1050 si vedono truppe della 16° Divisione francese combattere sul Piton Rocheux. …
Invio al 162° fanteria l’ordine di procedere risolutamente contro il Piton Brulé.
Ho comunicazione dalla brigata “Sicilia” che il battaglione di destra è stato fermato presso la cresta A1 … e che il battaglione di sinistra si trova poco più a sud del Point A – Collier. Richiedo che la nostra artiglieria batta ancora la cresta a tergo.
Ore 8,40. Il comando della brigata “Ivrea” comunica che da qualche minuto tute le sue truppe si trovano nelle trincee di partenza. Il nemico ha lanciato, alle 8,20, tre contrattacchi su q. 1050 che sono stati respinti.
Da notizie verbali risulta che l’azione della Brigata “Ivrea” non è stata condotta con la dovuta decisione, con attacchi di pattuglie anziché con ondate sempre rinnovatisi. Ordino pertanto–ore 8,45–che alle 9,25 il 162° attacchi il Piton Brulé, e che contemporaneamente si tenti di occupare q. 1050. L’azione dovrà essere condotta col massimo vigore. Alla Brigata “Sicilia” si dà comunicazione di quest’ordine perché possa trarne profitto per la contemporaneità della sua azione. ….
Alle 9,45 il comando della brigata “Ivrea” comunica di avere ordinato l’attacco di q. 1050 e del Piton Brulé.
Alle 10,20 la Brigata “Sicilia” informa che, avendo avuto comunicazione che il 161° attacca quota 1050, è stato ordinato che l’azione del 61° sia svolta in armonia con quella del ridetto reggimento.
Alle 10,30 l’aiutante di campo della Brigata “Ivrea” informa che il 162° è uscito dalle trincee, che il Piton Rocheux non è tenuto dai francesi e quindi il reggimento non può avanzare perché la sua destra è minacciata dal tiro di numerose mitragliatrici nemiche …. Sul fronte del 161° non esistono più trincee nostre. …
Ore 10,40. L’aiutante di campo della brigata “Ivrea” comunica personalmente che il 162° è stato fermato dal fuoco di mitragliatrici e dal lancio di bombe a mano; ha avuto l’ordine dal comandante di non ritirarsi e si è attestato tra i nostri reticolati e quelli del nemico.
Ore 11,15. Perviene la notizia che anche sulla sinistra del 161° si tenterà una nuova irruzione; …
Ore 11,35. L’aiutante di campo della Brigata “Ivrea” comunica che la nostra fanteria avanza sul Punto A4 e appoggia a destra. Si da notizia alla Brigata “Sicilia” che fra Puturos e Crnicani sono segnalate forze nemiche di consistenza imprecisata che si dirigono verso i Punti A.
Ore 11,50. Vista la resistenza opposta dal nemico ai nostri ripetuti attacchi, considerate le perdite subite, si ordina: di sospendere ogni nuovo tentativo, di sistemare le truppe nelle trincee di partenza, o dove possibile nelle località raggiunte, procedendo al loro rafforzamento e riordinamento per reagire ad eventuali contrattacchi del nemico. Si comunica tale decisione al comando dell’Armata.
Il capitano Gamet, …, mi chiede a nome del suo comando se ritengo conveniente ritentare oggi l’attacco.
Rispondo–ore 12,50–direttamente al comando dell’Armata che avendo le mie truppe sostenuto nella mattinata due azioni e avendo subito perdite gravi, superiori ai complementi che potrebbero giungere per tempo, sarei del parere di non ritentare, almeno per oggi, l’attacco salvo che mi venga ordinato per ragioni speciali. ….
Nel pomeriggio mi reco presso il comando del I° Gruppo di divisioni francesi, ove mi incontro col generale Grossetti, comandante dell’Armata Francese d’Oriente. Questi, avuta conoscenza della situazione, ordina che in giornata siano ripetuti gli attacchi sulla destra del gruppo di divisioni. Da parte del Corpo italiano l’attacco sarà appoggiato da una azione dia artiglieria sulle posizioni attaccate. Detto rodine viene confermato per fonogramma. …
Alle 15,50 ricevo comunicazione dal comando dell’Armata che l’attacco sulla destra del gruppo di divisioni avrà luogo alle 17,30. L’azione di artiglieria del Corpo italiano avrà luogo dalle 17,15 alle 17,35; il consumo delle munizioni d’artiglieria pesante non dovrà oltrepassare 50 colpi per il 55, e 200 colpi per i 200 L. Alla stessa ora vengo informato che l’artiglieria nemica batte le truppe della Brigata “Sicilia” rimaste fuori dalle trincee; il tiro è regolato da un aeroplano. Le nostre artiglieria intervengono subito per controbattere quelle nemiche. .
Dalle 17,15 alle 17,25 le nostre artiglieri eseguono l’azione stabilita.“
​

Memorie di Giuseppe Miconi 3° Genio telegrafisti
"....Arrivarono stamane qua i nostri colleghi provenienti dalla stazione ottica della quota, sono tutti disfatti e dimagriti!
Quante cose ci hanno raccontato!
Un mio collega del 97 pure proveniente dalla quota quasi non si riconosceva più (dato il suo cadaverico cambiamento) mi racconta: la nostra vita è stata terribile (figuriamoci quei poveretti che sono in trincea dico io!) l'altra mattina il mio compagno che era di turno, con voce alterata dalla paura ci sveglia e presentandoci le maschere che aveva già tolte dalle scatole ci dice solo queste parole: "GAS" noi con mani tremanti ce la mettiamo in capo e per ben tre ore abbiamo resistito a respirare sotto il puzzo della maschera. A due metri da noi, continua, c'è un casotto telefonico, un colpo del nemico lo colpisce in pieno e riduce in cenci i due telefonisti che vi erano ricoverati. Durante l'azione poi v'è davanti a noi un continuo passare di feriti la cui vista strazia il cuore.
Dice: "Durante un bombardamento nemico un sottotenente di fanteria si rifugia nel nostro ricovero, dopo alcuni minuti cerca di uscire per invitare due suoi colleghi che erano rannicchiati dietro una roccia a venire a ricoverarsi dov'era lui, ma la sfortuna lo perseguitava, aveva appena varcato la soglia della porticina del ricovero che un proiettile di cannone gli porta via un pezzo di testa e il braccio destro e senza esplodere l'ordigno di morte prosegue il suo cammino. Come mi impressionò la tragica fine di quel poveretto!"
"Le nostre bombarde" dice, "sono quasi tutte fuori uso, parte per le piazzole guastate, parte per il troppo fuoco e parte distrutte dai colpi nemici. In una bombarda poco discosta da noi, la disdetta ha voluto che proprio mentre un colpo usciva dalla sua grossa bocca rivolta verso il cielo, un colpo di una bombarda nemica è in arrivo e scende: tra i due proiettili avviene uno scontro che produce un enorme scoppio, riduce inservibile la nostra bombarda e lascia attaccati al muro i tre poveri bombardieri a pezzettini".
Che cos'è la guerra!! Continua: "Quando si richiesero i rinforzi alle compagnie che erano a questo destinate, affinché non esitassero, essendo da poco tornate dalla 1^ linea e sapendo che purtroppo andando di rinforzo andavano quasi tutti incontro alla morte, dissero che si cambiava fronte (andando al fronte albanese) così loro cominciavano a partire ma messisi in marcia non tardò molto che scoprissero l'inganno, ma era troppo tardi per tornare (anche se ne avessero avuto l'intenzione).
Della seconda compagnia andata di rinforzo ne tornarono 13!!" Dice che dopo la disastrosa ritirata dei nostri sulle proprie linee i nemici gridavano: "Venitevi a prendere i vostri morti! Perché quassù non fate venire a combattere i francesi!" Infatti i francesi sono per lo più mal visti da tutti perché vanagloriosi e superbi e non per questo migliori degli altri soldati. E così, concluse, terminò la giornata del 9 maggio così nefasta che mi resterà impressa per tutta la vita, mai scorderò tutti quei giovani soldati che con uno slancio ammirabile e con coraggio andarono a por fine alla loro vita".
Il 9 maggio
Memorie di Giuseppe Miconi telegrafista:
" Sin da stamane alle sei il bombardamento, che è continuato per tutta la notte è divenuto di un'eccessiva intensità. Dopo un'ora di quest'inferno la linea d'operazione (la quota dei monti circonvicini battuti, Piton A ecc...) si riveste di una cortina di fumo che va facendosi sempre più fitta, alle 7,30 tutta questa valle che è  sotto di noi, che poco prima era così bella perché illuminata dai raggi solari, è diventata buia, non si distingue più nulla, si ode solo il continuo scoppiettio dei cannoni simili a tanti cani arrabbiati che si accaniscono sempre più ad abbaiare. Lo spettacolo è terribile.
Alle 8 le artiglierie incominciano ad allungare il tiro e battono le retrovie, segno che le fanterie iniziano l'attacco, ma il nemico si è accorto di ciò, anzi aspettava appunto questo per cominciare a rispondere ai nostri colpi con vero furore.
I soldati di fanteria che debbono andare all'assalto si abbracciano e baciano forse per l'ultima volta e avanti coraggio.
Alle 8,30 sembra un inferno, macché! Una cosa indescrivibile: scoppi delle nostre artiglierie, scoppi dei colpi in arrivo delle artiglierie nemiche, scoppi della fucileria, delle mitragliatrici, delle bombe a mano.
Alle 9,30 questo fuoco infernale comincia a calmare.
Alle 10,30 v'è addirittura un silenzio di morte interrotto solo da rari colpi di cannone. È sembrata la lotta di due colossi che ora, entrambi sfiniti si prendono, pur senza accordo un breve riposo. Uno di noi sta quasi sempre vicino all'osservatorio della divisione per sapere notizie di quest'azione. La prima notizia è alquanto incoraggiante: gli italiani hanno varcato la quota (brigata Ivrea) ed il Piton A (brigata Sicilia) e la brigata Cagliari è di riserva, ma purtroppo questa è la prima e l'ultima buona notizia.

Alle 9,15 giunge un fonogramma ove si richiedono i rinforzi, alle 10 giunge un fonogramma del Magg. Gen. Comandante la colonna d'attacco che dice pressappoco: "nostro attacco respinto, sulla quota si occupano le primitive posizioni, sul Piton A si tengono a stento alcuni elementi di trincea. Le perdite sono gravissime. I Russi sono avanzati sino alla seconda linea nemica, ma non sono potuti proseguire perché essendosi i francesi ritirati i Russi rischiavano di essere attaccati di fianco non avendo forze sufficienti non potevano difendersi".
L'attacco dei nostri si svolse pressappoco così:
​alle 8,30 i nostri del Regg. di Fanteria 167-162 sul Piton A e 63-64 sulla quota (rimanendo 161-162 brigata Cagliari di rinforzo e rincalzo) si lanciano all'assalto fiduciosi e con coraggio ammirabile, scacciando il nemico dalla prima linea e vi si insediano raccogliendosi per fare un secondo assalto per conquistare la seconda linea nemica che è formidabile, sembra un intero fortino, è composto da una lunga linea di trincee blindate con feritoie per i fucili e per le loro mitragliatrici che sono a triplice canna e possono fare un movimento rotatorio; poi hanno un cannoncino nuovo modello che spara a mitraglia.
Dunque i nostri riparati sulla prima linea nemica si riuniscono per il 2° attacco ma devono attendere i rinforzi già richiesti, ma in questo frattempo essi sono bersagliati dalle mitragliatrici nemiche, e dalle artiglierie, non potendosi per di più riparare che poco sulla trincea tolta al nemico essendo stata sconvolta dalle nostre artiglierie. I rinforzi poi sono inviati a piccole pattuglie di 4 e 8 alla volta per non dare nell'occhio al nemico, ma è inutile, ancora devono giungere sulle nostre linee che sono decimati dalle granate nemiche e su dieci non ne giungono a destinazione che due. Insomma, di una compagnia inviata di rinforzo non avevano ancora finito di inviare gli ultimi che già i primi tornavano feriti e altri erano rimasti morti!

Intanto quelli che si trovavano sulla prima linea nemica in attesa di rinforzi, vedendo che non giungevano e che attendere di più non era altro che farsi uccidere a poco a poco, tentarono un attacco disperato, ma quale disastro!
​Quante vittime!!

Sono respinti da un fuoco infernale: fucileria, mitragliatrici, bombe a mano, gas asfissianti, tutto era in azione per respingere i nostri soldati vistisi privati del loro superiore e decimati, anzi vicini a perire fanno una ritirata che è disastrosa essendo bersagliati da tutte le parti, e per di più essendo il terreno minato viene fatto saltare e ciò causa la morte di molti dei nostri e lo spavento dei rimanenti che appena un terzo riescono a ripararsi nelle loro trincee e ciò fu sulla quota 1050.
Sul Piton A conquistarono pure la prima linea nemica, e cercarono di installarcisi, furono però respinti ma il nemico dovette per farli ritirare fare ben tre contrattacchi durante i quali subì anch'esso perdite considerevoli.
I nostri però sono tutti sfiniti. I francesi poi benché rinforzati da due loro reggimenti tolti dal fronte di Monastir, dopo conquistata la prima linea nemica devono pure ritirarsi subendo enormi perdite, ed in alcuni punti sono costretti anche ad abbandonare alcuni elementi delle loro trincee al nemico. Cosicché dei nostri solamente tra quelli uccisi e finiti dalle nostre stesse artiglierie per i tiri sbagliati durante l'attacco, tra i morti e i feriti nel combattimento dell'avanzata, tra quelli saltati in aria sul terreno minato e tra i prigionieri e dispersi ve ne sono mancati oltre 2000!!!
Notando che vi sono morti alcuni tenenti e sottotenenti due capitani ed un maggiore. Di una compagnia mandata di rincalzo ne tornarono sfiniti 8! Di alcuni plotoni che montavano all'assalto ne tornarono indietro uno o due! Quale sfacelo! Quale distruzione di vite umane, quante famiglie private di babbi e figli! Fa onore pensare a ciò. È inutile, mi dicono alcuni già anziani di codesto fronte, se quest'attacco fosse stato fatto ancora al tempo del 2° attacco fallito del 27 febbraio forse sarebbe riuscito, non essendosi ancora i nemici fortificati abbastanza per resistere a un attacco formidabile mentre ora hanno avuto tutto il tempo possibile per fortificarsi, avendo costruito una seconda linea formidabile con un numerosissimo numero di mitragliatrici, con gallerie ed altre comodità.
Mi dissero che i nemici, (quasi tutti tedeschi) tengono una prima linea e se ne servono quasi esclusivamente per installare vedette, poi hanno una seconda linea che fortificano e rendono sicura quanto un fortino perché in caso di un attacco essi si ritirano dalla prima linea e si installano nella loro seconda linea e sono in grado di respingere anche un attacco fatto con numerose truppe. Cosicché le nostre artiglierie sconvolgevano la loro prima linea, ed essendo di un calibro non troppo sufficiente lasciavano intatta la loro seconda linea. I nostri fecero (della brigata Ivrea almeno!) un prigioniero. Un tedesco di 18 anni che avendo avuto l'incarico di far esplodere le mine non era riuscito a fuggire, apparteneva al reggimento della guardia del Kaiser, uno dei più istruiti e temuti.
Anche durante l'attacco e poco dopo su una strada mulattiera che costeggia il nostro monte passano continuamente feriti chi a piedi con le braccia e la testa fasciate, e chi su barelle oppure altri su muli portaferiti che hanno due posti uno a destra e uno a sinistra. Ma il nemico presto si accorge di questo via vai e allora incomincia a cannoneggiare pure questa strada.
Allora si vedono soldati portaferiti posare in qualche riparo la barella e fuggire, i feriti che benché ormai abbandonati dalle forze si affaticano a fuggire, altri zoppicanti che si coricano sul ciglio della strada non potendo fuggire.
Oh! È un quadro ben commovente! Or ora è giunto un fonogramma della compagnia che ordina a tre della stazione ottica a noi vicina di prepararsi per andare a dare il cambio a quelli che sono alla quota, meno male che non è toccato a me, ma dovendo da un giorno all'altro avere il cambio, ove mi invieranno?
Mah! Speriamo bene.


                                 Maggiore Ulrico Tonti
                   61° Reggimento fanteria Brigata Sicilia
                       Comandante del 1° e 3° Battaglione 
      Medaglia d'oro dal valor militare conferita il 07/09/1919
Alla memoria, motivazione:
"In aspro combattimento, preparava una colonna d’assalto di forza superiore alle competenze del suo grado con ammirevole calma e grande riflessività, infondendo fiducia in tutti e, alla testa di essa, percorrendo terreno scoperto e sconvolto dal violento tiro nemico, con meraviglioso slancio e magnifica opera personale brillantemente occupava gli obiettivi assegnatigli. Si poneva poi, di sua iniziativa, alla testa di una ulteriore ondata d’assalto formata di due sole compagnie, per la conquista delle seconde linee e delle artiglierie nemiche, dando fulgida prova di coraggio e, nel momento in cui raggiungeva lo scopo, rimasto colpito a morte, noncurante di sè, continuava ancora ad incitare i suoi uomini fin quando cadde esanime. Eroico esempio di suprema virtù militare. Nord di Meglanci (Macedonia), 9 maggio 1917".

​Una pubblicazione dello Stato maggiore Difesa relativa agli attacchi a quota 1050 di maggio, riporta:
“…avendo il caposaldo del Piton, chiave di tutta la linea, resistito agli attacchi dei Francesi … le nostre truppe, bersagliate di fianco e alle spalle, non poterono mantenersi sulle posizioni raggiunte di primo slancio. La Divisione perdette in questa battaglia circa 3.000 soldati. La sola Brigata Ivrea fu falciata di 40 ufficiali e 1.200 uomini di truppa…!”
La relazione del I° Reggimento Fanteria del 9 maggio 1917 :
“In ottemperanza agli ordini ricevuti ed a seconda del dispositivo trasmesso in copia a Codesto Comando il reggimento procedette il giorno 9 maggio all’attacco delle posizioni nemiche di Quota 1050. Circa lo svolgimento dell’azione questo Comando ha l’onore di riferire quanto segue:
Alle ore 6,30 precise le colonne mossero all’attacco con grande slancio puntando direttamente sugli obbiettivi fissati. Sulla sinistra la 9 e la 10 compagnia attraversato il ravin che divide le linee nemiche dalle nostre occupò la prima linea nemica di Point A2 e mosse verso la seconda linea nemica, difesa da un potente ordine di reticolato e groviglio con pochi varchi. L’avanzata venne compiuta sotto fuoco violentissimo di bombarde, d’artiglieria e di mitragliatrici, che specie dal Point A1 prendevano di fianco le truppe attaccanti. La seconda ondata della 9 Compagnia con una sezione delle Mitragliatrici Pistola, raggiunse essa pure la prima linea e stava per proseguire, quando una mina fatta brillare dal nemico la distrusse quasi completamente.
La 10° Compagnia malgrado le perdite subite continuò l’avanzata, raggiunse la seconda linea nemica difesa da una mitragliatrice (il cui capo-arma venne ucciso dal Comandante della 10° Compagnia - la mitragliatrice non venne asportata per cause di forza maggiore, ma venne guastata) e raggiunse i ricoveri nemici esistenti sul rovescio di Point A2 entro i quali iniziò lancio di bombe a mano causando al nemico perdite sensibilissime. Immediatamente però sul suo fianco destro si iniziava violento contrattacco ed i superstiti delle due Compagnie decimati dal tiro violento d’artiglieria, dovettero ripiegare.
Le due Compagnie di rincalzo (11° e 12°) dalla posizione di attesa si erano frattanto portate ad occupare la nostra prima linea pronte a seguire il movimento delle ondate della Compagnie attacanti. Tale movimento si effettuò sotto un fuoco intenso di interdizione che procurò elevate perdite; raggiunta la prima linea nostra, dato che sulla sinistra la posizione di A1 era sempre in mano al nemico, dette Compagnie sostennero col loro fuoco il ripiegamento dei superstiti della 9° e 10° ed attesero sulla prima linea tutta sconvolta a sistemarsi e rafforzarsi; mentre da parte di questo Comando venivano prontamente inviati rincalzi per sostenere le truppe in linea.
Sul settore di destra l’azione della colonna principale si iniziò qualche minuto prima dell’ora stabilita. Tale colonna puntando risolutamente sui tratti A3-A4 riusciva ad oltrepassare la linea dei posti avanzati e la prima linea nemica e cercava di portarsi sulla seconda linea attraverso i pochi varchi esistenti. Su tale seconda linea il nemico oppose accanita resistenza; appoggiato da numerose mitragliatrici, aprì un fuoco violentissimo di fucileria e lancio di bombe a mano producendo nelle Compagnie di attacco (Esploratori - 5° ed 8° Compagnia - 2° e 3° Reparto Zappatori) perdite elevate.
Contemporaneamente si iniziava un bombardamento intensissimo su tutta la linea nostra che sconvolse quasi completamente le nostre trincee ed i camminamenti. Tale bombardamento di estrema violenza era accompagnato da tiri di bombarde sul terreno fra la prima linea nostra e le linee nemiche conquistate. Sul fianco destro intanto sferrava violenti contrattacchi che partivano dalla quota e miravano al tratto di trincee nostre di massimo dominio (Roccette) difese strenuamente dalla 7° Compagnia, rinforzata dalla 6° e dalla 3°. Nelle trincee sconvolte le truppe opposero accanita resistenza obbligando il nemico a ritirarsi con sensibili perdite. Di particolare violenza fu il terzo contrattacco, nel quale il nemico, non arrestate nel suo impeto dalle difese accessorie distrutte, riuscì a giungere fino al nostro posto avanzato. Fra le rovine di tale posto si svolse violenta mischia a corpo a corpo con granate a mano che terminò col sopravvento da parte nostra.
L’azione della Compagnia centrale venne così seriamente compromessa. Il movimento dei rincalzi era inoltre notevolmente contrastato dai tiri dell’artiglieria nemica che aveva distrutto gran parte dei camminamenti ed obbligava i movimenti allo scoperto.
Rendendosi impossibile a causa del bombardamento, dei contrattacchi e della resistenza della seconda linea che prendeva d’infilata la prima e le truppe della colonna centrale ripiegarono protette dal fuoco della fanteria in linea e dal tiro delle sezioni mitragliatrici della 512° Compagnia.
Sulla destra intanto la truppa che doveva eseguire il movimento aggirante non aveva potuto avanzare che pochissimo; infatti appena uscita dalla nostra linea dovette sostenere l’urto dei contrattacchi nemici. In tale zona poi le condizioni dell’efficienza della linea nemica erano ancora tali che l’impeto delle truppe nostre venne completamente fermato. Alle ore 12 circa giunse da codesto Comando l’ordine di sospendere l’azione e le truppe attesero a sistemarsi e rafforzarsi.
Riassunte così brevemente le fasi dell’azione svolta dalle truppe di questo Reggimento e della 512° Compagnia Mitragliatrici, lo scrivente mentre rivolge un saluto alla memoria dei valorosi caduti, segnala a codesto Superiore Comando la condotta ammirevole tenuta dagli ufficiali e dalla truppa.
Lo slancio superbo, lo spirito aggressivo, l’esempio mirabile degli ufficiali tutti trovò ostacolo nelle difese preparate dal nemico, venne frustrato dal tiro violentissimo ed aggiustato delle artiglierie e delle bombarde nemiche.
Il Reggimento che durante un mese di permanenza in linea era stato ripetutamente provato, che aveva per ben cinque volte fiaccato tentativi nemici, dette prova anche durante tutta l’azione in parola, di alte virtù militari, di sentimento elevatissimo di abnegazione e di sacrificio.”
9 maggio
Memorie del capitano Mario Apicella

".....All'ordine di attacco il grido di «Savoia! echeggiò come una minaccia inflessibile. I fanti, scattati dalla trincea, si avventarono a testa bassa come tori nella furia. Incuranti del fuoco infernale che decimava le ondate, i soldati della Sicilia passarono di corsa la valletta di Meglenci; quelli della Ivrea si inerpicarono risoluti per le rocce e per i pendii ripidi dalla quota al Rocheux. Superarono i reticolati infranti, saltarono nella trincea nemica. Era presidiata da poche forze che vennero accoppate; ma lo scoppio terrificante dei campi di mine, lanciò per aria sbrandellati centinaia di corpi. Uno spaventoso olocausto, che non arrestò l'impeto. I superstiti, accesi di furore, oltrepassarono la trincea, raggiunsero la seconda linea.
Lì la terribile battaglia si svolse!
Guai pel nemico!
Il calcio del fucile, la baionetta, il pugnale, le bombe a mano, lo respingono sempre più indietro, giù per la quota, la quota del tormento che finalmente è nostra! La resistenza è accanita. Il terreno è conteso palmo a palmo con una esasperazione di belve. Mano mano la linea di combattimento scompare nella lotta dei singoli. Un groviglio di uomini affannati, ruggenti, feroci, si rotola, corpo a corpo, sulle rocce, nei camminamenti, nei ricoveri, nelle trincee di seconda e di terza linea. Le opposte artiglierie battono senza posa dappertutto, e una nuvola densa del fumo delle granate, che piovono come una gragnuola sterminatrice, avvolge e nasconde il campo della lotta. I feriti non si contano. I posti di medicazione li allineano allo scoperto. I portaferiti fanno miracoli nello sgomberare il campo che si semina di morti, di gente che spasima, di gente che agonizza. Non è possibile soccorrere tutti. È una processione di barelle. Tutti i portaferiti della Divisione son lì a cercare nel fumo, fra gli schianti delle granate, fra l'incessante fruscio delle mitragliatrici.
È un sacrificio immenso.
Giovani ufficiali, ufficiali superiori, sforacchiati, sbranati, stroncati, maciullati. I soldati non hanno più capi. Eppure la lotta continua. Il fante è di là. Ha sorpassato la quota, e, con una tenacia che sa di pazzia, non vuole lasciarsi strappare la bella preda! Ma il nemico, che ha le sue riserve nelle caverne, oppone nuove forze fresche, soverchianti, ai nostri stanchi, esauriti assottigliati. Le riserve, aggrappate alle rocce, ammassate nelle doline, senza nessuna protezione contro il fuoco sterminatore delle artiglierie nemiche, son decimate nell'attesa dell'impiego, e, spinte nell'azione, vi arrivano disfatte. E il fante, che con tanto eroismo aveva afferrata la vittoria, è respinto e ripiega. L'azione delle artiglierie e delle bombarde continuò pel resto del giorno e durante la notte...."


Relazione del comandante della Brigata Ivrea
“Durante il periodo di permanenza in linea e durante l’azione il Reggimento ebbe a perdere più di mille uomini di truppa e 30 ufficiali. L’aumentata attività delle artiglierie e bombarde nemiche ed i ripetuti tentativi nemici oltre a rendere gravosa la permanenza in trincea soggetta continuamente a bombardamenti violentissimi lasciarono traccia sconfortante e dolorosa nell’animo dei superstiti.
Tale periodo e l’azione del giorno 9, che per quanto non coronata da successo fu brillante per condotta, aggressività e slancio, hanno notevolmente influito sull’efficienza del Reggimento.
La perdita dolorosissima di parecchi Ufficiali e di molti fra i migliori graduati e Sottufficiali del reggimento, ha scosso il morale e lo spirito della truppa; l’attuale stato della linea poi, che in seguito ai continui bombardamenti (specie quello violentissimo del giorno 9) fu completamente sconvolta specie sul settore di sinistra obbliga ad un lavoro notturno di sistemazione intenso, faticoso non scevro di pericoli in quanto ché l’avvenuta distruzione dei camminamenti obbliga ad effettuare tutti i movimenti allo scoperto sotto i tiri delle mitragliatrici e della fucileria.”


Colonnello Bulgaro Anton Razsukanov
"....Tutta la linea da Dobromiri in avanti è sotto il fuoco di copertura mitragliatrici, bombe e fucili, mortai tutto si è fuso in un unico gemito, tutto è coperto dal fumo e quando tutto questo inferno si è fermato si è scoperto che l’avversario non ha ottenuto nulla se non due posizioni occupate dai tedeschi. Fino a sera il 54° Reggimento, sotto attacco, con una brillante preparazione di artiglieria ha occupato le zone del 44 e dei tedeschi. Oggi il nemico ha subito enormi perdite, senza ottenere alcuna nostra trincea, abbiamo catturato italiani, francesi e russi".
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Foto
Bollettino del Comando Bulgaro del 9 maggio 1917 – Fronte Macedone
Lungo la parete rossa forte fuoco di artiglieria. Un gruppo nemico ha tentato di attaccare, ma è stato respinto con fuoco.
Sulla altezza 1248, a nord di Bitola al mattino presto ha cominciato un forte fuoco di artiglieria e scoppio di mine, che verso l’ora di pranzo ha raggiunto il suo culmine.
In questo momento nelle prime trincee del nemico si è osservato un grande raggruppamento di reparti fanteria che si stavano preparando per l’attacco. Sono stati bombardati da parte nostra con un fuoco letale, ma poco dopo il nemico è riuscito ad intraprendere un forte attacco per un tratto di 3 chilometri ma è stato respinto con ingenti perdite.
Nella pianura di Bitola è stato incendiato e distrutto un pallone del nemico legato al terreno.
Con il buio in seguito ad una straordinaria preparazione d’artiglieria al mattino francesi, russi e italiani hanno attaccato di nuovo lungo tutto il fronte però sono stati respinti ovunque con fuoco e contrattacco.
In seguito ad una seconda preparazione di artiglieria di alcune ore, il nemico ha attaccato un'altra volta lungo un fronte di 16 chilometri e anche questa volta è stato respinto.
Solo a nord di Makovo il nemico è riuscito ad entrare in una trincea di prima linea lunga 250 metri però intorno alle ore 6 del pomeriggio reparti nostri e tedeschi con un massiccio contrattacco li hanno stanati dalla trincea.
All’imbrunire il nemico ha provato un'altra volta ad attaccare a nord di Makovo ma anche questo suo tentativo è naufragato.
Parecchi cadaveri del nemico giacciono nella e davanti alla prima linea. Fino adesso sono stati presi prigionieri 2 ufficiali 260 soldati, dei quali 209 italiani, 44 francesi e 7 russi, e anche 2 mitragliatrici e 4 fucili automatici.
Durante la notte c’è stato solo qualche sporadico fuoco d’artiglieria; e nostri reparti d’attacco a nord ovest di Makovo hanno scacciato i gruppi del nemico che si erano appollaiati davanti alle trincee e hanno portato prigionieri 1 ufficiale e 11 soldati.
Nella zona di Meglenci l’attività di guerra è aumentata parecchio.
Su Dobro Pole reparti nemici verso sera in seguito a forte preparazione con fuoco sono riusciti ad entrare in una nostra trincea, però verso l’alba con un contrattacco sono stati buttati fuori dalla trincea.
Verso Kukurus, ……(località dai nomi incomprensibili)……in seguito a forte fuoco di artiglieria, mortai, fucili e mitragliatrici reparti del nemico hanno provato ad avanzare però sono stati respinti con il fuoco.
Ad ovest del Vardar: durante tutto il giorno fuoco di artiglieria moderato che solo di tanto in tanto aumentava, specialmente nel tratto a sud del villaggio Xuma.
Sulle postazioni di Dojran, la battaglia si è svolta incredibile ferocia durante tutta la notte del 9, dopo molti attacchi falliti durante tutta la notte, verso le 5 del mattino in seguito a incessante fuoco di mitraglia rotante gli inglesi hanno lanciato il loro attacco più forte e feroce. In seguito a sanguinose battaglie a corpo a corpo essi sono stati respinti, ma sono riusciti a posizionarsi solo su una collina vicino ad una nostra posizione però con un massiccio contrattacco i reparti del 34° reggimento egregiamente supportati dall’artiglieria hanno respinto completamente gli inglesi anche da questa collina. Adesso tutta la posizione a sud di Dojran è nelle nostre mani.
In questi feroci attacchi e contrattacchi il nemico ha subito perdite inimmaginabili. Mucchi di cadaveri inglesi giacciono lungo la nostra posizione e prima di essa. Durante il giorno l’attività del nemico si è ridotta. Verso l’ora di pranzo un gruppo un po’ più forte ha tentato di avanzare ma è stato disperso con il fuoco. Un aeroplano nemico è stato abbattuto a sud di Dojran durante una battaglia aerea. Vicino a Belasitza e vicino a Dolna Struma normale attività d’artiglieria.
In generale le, battaglie che si sono svolte ieri e oggi sul fronte macedone con la loro imponenza e ferocia, hanno superato tutte quelle fino ad oggi su questo fronte, l’attività di fuoco del nemico che ha fatto il nemico con tutti i tipi di armi, in particolare con l’artiglieria, ha raggiunto il massimo sforzo fino adesso.
I nostri reparti di fanteria e i tedeschi, egregiamente supportati dall’artiglieria, dai mortai e dalle mitragliatrici hanno mantenuto le postazioni con tenacia e coraggio e a volte con irruenti contrattacchi, con sanguinose lotte corpo a corpo e con le bombe a mano scacciavano i nemici che erano riusciti ad entrare nelle nostre trincee. Grazie alla granitica tenacia dei nostri reparti e quelli degli alleati tedeschi in questi due memorabili giorni di battaglia, sono stati annientati innumerevoli e feroci attacchi dei reparti del generale Sarrail i quali abbondantemente hanno ricoperto con i loro cadaveri le nostre trincee e la zona prima delle posizioni. Dei nostri reparti di fanteria si sono maggiormente distinti i valorosi del 34° e 44° reggimenti.
Fronte romeno
 A nord ovest di Tuncia sporadico fuoco d’artiglieria e di fucili.
10 maggio
Il fallimento dell’attacco del giorno precedente evidenzia come l’artiglieria alleata non fosse in grado di sostenere un attacco su tutta la linea di cima 1050, così il comando francese decide di concentrare gli sforzi solo sui due Piton. Sul Piton Brulé, avrebbe agito il 62° Reggimento fanteria, rinforzato dal 2° Battaglione del 63° Reggimento e dal 3° Battaglione del 64° Reggimento, mentre sul Piton Rocheux avrebbe attaccato la 16° Divisione francese.
Alle 5 inizia il bombardamento verso i due Piton, ma, a causa delle forti perdite subite il giorno precedente, i francesi non sono più in grado di attaccare così l’attacco venne sospeso. Mentre tutti gli altri battaglioni restavano nelle trincee, il 2° Battaglione del 63° non informato della sospensione, attacca come previsto dal piano originale. Allo scoperto, senza il supporto dell’artiglieria francese, 2 Plotoni di fanteria italiana vennero annientati dalla mitragliatrici nemiche. I superstiti dovettero ripiegare.
 
Così scrisse in epoca successiva il comandante Petitti di Roreto:
“..alle ore 7,30 del 10, dopo che la preparazione di artiglieria era già cominciata fin dalle 6, il comando dell’armata francese di oriente comunicava che date le condizioni della truppa della 16 divisione coloniale aveva stabilito di non fare per quel giorno l’attacco, a meno che non fosse già troppo tardi per dare il contrordine alle truppe italiane.
Il generale Pennella, che aveva il comando, dovette considerare che per quanto il tempo fosse certamente insufficiente per far pervenire il contrordine a tutti i reparti già pronti per l’attacco, alcuni dei quali erano certo isolati dal bombardamento che aveva rotto, come sempre, tutte le comunicazioni….lanciare le nostre truppe all’assalto senza l’attacco contemporaneo da parte dei francesi della posizione chiave equivaleva a mandarle a sicuro macello ….
Egli rispose quindi subito che dava alle nostre truppe il contrordine che fu infatti telefonato …..
I comandi di reggimento con tutti i mezzi a loro disposizione, telefono, segnalazioni, porta ordini, segnali di tromba, cercarono di fare pervenire il contrordine alle truppe ….ed il contrordine giunse fortunatamente a tutti meno che a una compagnia che anzi vedendo mutare il ritmo di fuoco dell’artiglieria, e ritenendo che questa allungasse il fuoco per permettere l’avanzata delle fanterie, con nobilissimo slancio fece scattare la prima ondata qualche minuto prima dell’ora fissata.
Dall’osservatorio potemmo con angoscia indicibile vedere i nostri valorosi soldati saltare nella trincea nemica e mettersi sotto il fuoco della nostra stessa artiglieria che d’altra parte non poteva sospenderla senza maggior pericolo per le nostre truppe. Fortunatamente l’ondata non si componeva che di due plotoni ….Il generale Pennella protestò vivacemente…” 
Il Generale Pennella ai comandi:
“L’azione offensiva in corso, sarà domani 10 corrente proseguita vigorosamente, per sfruttare i risultati conseguiti dai Russi. Nell’anello della Cerna gli sforzi dell’offensiva saranno concentrati sulle linee nemiche del Piton Jaune, Piton Rocheux e Piton Brulé. In conseguenza, ed in base agli ordini del Comandante dell’A.F.O. il Comando della 35° Divisione ha disposto:
  • Tutto lo sforzo offensivo sarà concentrato con la maggiore violenza possibile sul Piton Brulé, mentre sul rimanente della fronte verrà sviluppata vivace azione dimostrativa intesa a impedire eventuali spostamenti delle truppe nemiche.
  • Tutte le artiglierie che utilmente potranno far convergere la loro azione sul Piton Brulé, concentreranno ivi i loro tiri: l’azione di fuoco sul rimanente della fronte sarà eseguita dalle bocche a fuoco che non possano rivolgere il tiro sul Piton Brulé e da quel minimo delle altre bocche di fuoco che è strettamente indispensabile a fissare il nemico nelle sue posizioni.
  • L’attacco del Piton Brulé, sarà pronunciato dal 162° Reggimento fanteria, rinforzato dal II° Battaglione del 63° Regg. (le due compagnie di questo Battaglione che attualmente trovansi nella quota 1050 s’intende che dovranno riunirsi al battaglione stesso) e dal III° Battaglione del 64° Reggimento. Questi due battaglioni saranno spostati innanzi durante la notte, in base agli ordini che - previ accordi - verranno emanati dal Comandante del 162° Fanteria, il quale avrà la direzione ..
  • L’attacco dovrà mirare a superare risolutamente le difese nemiche del Piton Brulé nella sua parte centrale e per la colletta a destra fra Piton Brulé e Piton Rocheux. Semplici dimostrazioni di pattuglie saranno eseguite nella colletta fra l’altura quota 1050 e il Piton Brulé. E’ consigliabile che i due battaglioni freschi ed il meno provato di quelli del 162° siano lanciati all’assalto, sostenuti dai due rimanenti.
  • Bisogna non tornare a commettere l’errore di attaccare con pattuglie debolmente sostenute o non sostenute affatto. Si attacca per vincere: per conquistare ed oltrepassare le linee di trincee avversarie. Perciò è indispensabile procedere con ondate di forza sufficiente allo scopo, automaticamente rincalzate senza posa dalle altre fino a quando le posizioni non siano prese e mantenute. Lo stillicidio delle forze porta fatalmente alla disfatta. Questo è il mio preciso volere ed ha forza d’ordine assoluto da eseguirsi sotto la personale responsabilità del Comandante dell’attacco.
  • Le fanterie d’assalto balzeranno con slancio e violenza alle ore 8 di domattina 10 maggio.
  • L’assalto della fanteria sarà preceduto da preparazione d’artiglieria, la cui durata sarà stabilita dal Comandante dell’artiglieria della 35° Divisione, previ accordi con il Comand. Art. 16° Divisione.
  • L’ora ufficiale sarà comunicata domattina alle ore 6.
  • Accusare ricevuta telefonica.”
10 maggio
Il generale Pennella, nel pomeriggio, recatosi a Tepavci, protesta energicamente per quanto avvenuto con i generali Sarrail e Grossetti, recatisi al quartiere generale italiano; Sarrail esprime il suo rincrescimento per l’incidente del mattino e presenta le scuse dichiarando di assumersi la piena responsabilità del dolorosissimo incidente. 
11 maggio
Alle 6,30 l’artiglieria alleata inizia il tiro di preparazione battendo la linea nemica dal Piton Rocheux al Piton Brulé, e lo prosegue fino alle 8. A quell’ora i fanti dell’Ivrea riconquistano per la terza volta alcune linee del Piton Brulé, ma le mitragliatrici nemiche poste sui fianco sul Piton Rouchex e su 1050, li fermano a poca distanza dal punto di partenza. Eguale sorte tocca ai reparti francesi ed inglesi.
Cima 1050 oggi
                                                                                                   Quota 1050
                                                                                     Il valore italiano in Macedonia
                                                                                     (la Lettura – 1918 – XVIII n. 4)
 
A Monastir! A Monastir!
La Brigata marciava combattendo da giornate, da settimane, spostata per mesi da fronte a fronte sullo scacchiere immenso dell'Armata d'Oriente. Disagi di fatiche, di malattie, guadi, addiacci; a Eksisu un'inondazione; e camminare, camminare. Per strade mutate in pantani dai rovesci, cancellate dallo straripamento dei torrenti, sfondate dal viavai dei veicoli, dei cavalli, dei muli. Oggi in un villaggio, domani in una selva, nelle macerie di un fortino, in una steppa, in una moschea, in una chiesa. Arrestarsi, riposare; quando?
A Monastir! A Monastir!
La fumacéa della nebbia si levava dalla piana impaludata della Cerna e rivelava quel fitto fitto di minareti candidi. La città alta ai piedi della montagna altissima. Le montagne schierate in anfiteatro mandavano rombi e baleni nella notte: e il giorno scoppiettii di mitragliatrici e di fucili senza posa. Qualche villaggio dimenticato dalla furia bulgara in fuga, rimaneva intatto: i bambini nelle strade, i vecchi sulle porte, le donne chiuse via. Dobre italiano ! Oh le risate dei soldati ai quali gli uomini parevano vestiti da donna è le donne vestite da uomo: e li chiamavano “arabi” per tradizione della guerra libica.
A Monastir! A Monastir!
Da Salonicco, dove avevano sfilato in parata per poche ore nella giornata dello sbarco, i nostri soldati non avevano più visto una città. Una città vera con alte case di parecchi piani, con dei caffè e forse dei cinematografi e qualche donna con le scarpine lucide e col cappello all'europea e uno spaccio di cartoline illustrate. Monastir, semi sbarrata, semideserta. Raffiche di artiglieria, fuga d'uomini e di armenti per le vie taciturne: stupore pauroso di occhi aperti e di finestre spalancate e di porte sventrate dinanzi al fluire delle armate vittoriose. Dicembre 19 16.
Quanto ci fermeremo? Sverneremo a Monastir?
Invece si riprendono le marcie. Piove, neviscola, gela, sgela; oggi la terra è un cristallo, domani un pantano, Si affonda tutti nel fango o nella nevaccia liquefatta; uomini, bestie, macchine. E pure si cammina, si cammina. Si ripassa la Cerna, il fiumaccio torbido impigrito dai canneti e dalle melme dentro cui frullano gli acquatici a migliaia. Finalmente, la Quota 1050 altrettanto dolce di forme da lontano quanto dura e scabra da presso. E quando fu vista per la prima volta dai nostri occhi, con la groppa gibbosa tagliata a picco verso il Piton Brulé, nessuno pensava che gli italiani l'avrebbero consacrata di eroismi, di sforzi sovrumani, sudata, insanguinata quotidianamente di feriti e di morti, resistendovi più di un anno contro gli attacchi dei tedeschi e dei bulgari armati di lanciafiamme, di gas, di mitragliatrici, di bombarde, di artiglierie.
Nel gennaio del 191 7 dormicchiava, rantolava appena; i bulgaro-tedeschi ritiratisi precipitosamente dopo la conquista di Monastir l'avevano munita di poche truppe. Nel marzo era già tremenda ed urlante come una bolgia. La prima volta arrivandovi, in piena notte, a tastoni, senza strade, senza sentieri, camminando di bestemmia in bestemmia sur uno sfranare di terriccio rossastro che rammentava il Carso, non ci si orizzontava. La mancanza di punti di riferimento: campanili, casolari, alberi, pinnacoli, l'uguagliava dalle falde alla cima delle Roccette, si affondava nella notte che con la sua cecità vincolava ogni passo. Demmo il cambio ai francesi: i nostri soldati s'intesero con i partenti per gesti più che per parole con la semplice lingua che è propria degli umili quando si incontrano sur una strada del mondo.
Avez-vous des pioches?
Sì sì rispondeva l'italiano grattandosi, molti, molti pioches (picconi) e non pensava che le pioches dovevano servire a scavar le trincee. Si videro scomparire i francesi verso Paralovo, verso Suhodol; si rimase con le stelle che parevano immobili tanto tardava a schiarar la prima aurora sulla montagna misteriosa ed ignota. Poi, giorno per giorno, affacciandosi dietro una roccia, scrutando da un osservatorio, percorrendo un camminamento la montagna barbara si rivelò, metà la conoscemmo, metà la indovinammo. Sfumature verdiccie di sterpeti anemici radicati negli anfratti, sfrondati e miserabilmente sfuggiti agli sventoli furibondi delle granate qua e là dove la montagna è meo trista. I paesi ammucchiano ad ogni raffica di obici un nuovo sfascio di rovine: le chiesette sventrate offrono miserie di santerelli appiccicati agli intonachi da una primitiva arte senza prospettiva e senza piani. Verso il Piton Brulé macchie gialle di campi coltivati, dove il frumento maturato ed abbandonato si sgrana piova su piova attorno ai cadaveri dei soldati tedeschi che vi sono andati a morire e che ora si interrano da soli, adagio adagio. Altri tedeschi verso il villaggio di Meglenci dormono tutti in armi scolpiti nella morte in gesti ieratici e rimangono insepolti da mesi ed intangibili perché l’artiglieria tedesca li circonda giorno e notte di un’insuperabile barriera di cannonate.
La linea, nel gennaio, non esisteva; erano poche buche pidocchiose che servivano alle vedette.
Il complicato sistema difensivo fu studiato, messo in opera, organizzato dagli italiani: scavate trincee, camminamenti per chilometri e chilometri e trivellate caverne, costruite ridotte, tesi reticolati, accatastati ed ancorati cavalletti di Frisia, piazzate mitragliatrici e bombarde. Un lavoro che nell'insieme pare opera di giganti e che invece è dovuto all'opera colossale dei pigmei in grigioverde. Uno moriva fulminato mentre portava un tondone o una putrella un altro riprendeva la croce e saliva; un ricovero crollava, un altro veniva costruito, più forte. Nella notte.
Sempre nella notte. Si misuravano le ore dalle stelle o dai canti di certi strani uccelli che parevano pigolare ad intervalli fissi. La vita della Quota 1050 è imperniata nei due crepuscoli: si svolge fra il tramonto e l'alba, di su e di giù per i suoi gironi diabolici, tanto più immensa perchè il pericolo la fa silenziosa. La illumina un bagliore di razzi o lo strisciare dei riflettori che frugano tutte le pieghe del monte dentro cui si arrestano sorpresi, col fiato in gola, i conducenti ed i porta-ordini. Mentre nella lontananza rombano i cannoni di quota 1248, e Monastir inabissa i suoi minareti senza arrendersi. E poi in una pausa dei mostri più grandi le mitragliatrici canterellano sprizzando le cavallette delle pallottole esplosive da Belletta a selletta, da fratta a fratta. Un silenzio le interrompe: forse breve, che appare lunghissimo e miracoloso, e che sembra colmare tutte le vallate fino le più lontane come la luce che trabocca dalle creste nere delle montagne di Albania quando il plenilunio spunta. E allora un bulgaro patetico suona una rapsodia sur un andante di danza che affiora pian piano da dietro i reticolati dove i bulgari inselvaggiti dai grandi elmetti spiano le nostre mosse.
La sinfonia degli strumenti di guerra rimane sospesa per quella dolce, sottile malìa musicale che sfuma visioni di case lontane davanti alle vedette che forano il buio con gli occhi. O qualche ubbriacato tedesco bislacco miagola un italiano imbarbarito e chiama gli italiani mangiapatate certo per l’invidia di non poter fare altrettanto. La notte estiva è più luminosa, quasi, del giorno: tutta la pianura per chilometri e chilometri è un bagliore di incendi appiccati per allontanare le zanzare malariche e per facilitare la vigilanza.
Roghi infiniti che paiono alimentati dalla caldura soffocante del sole tramontato divampano, proiettando le ombre degli uomini fra le faville.
E' una festa di fuoco che si svolge sotto il cielo velato dalle volute del fumo e che inghirlanda una montagna, segna una cresta, si arrampica per una vallata parendo il fuoco un altro bizzarro nemico che anche l'alba incaverna. La Quota 1050 emerge da quel corteo di fiamme perché la sua stessa sterilità la fa inaccessibile. E' su questa montagna che gli italiani affrontarono valorosamente e perla prima volta i tedeschi: quel sacrificio ignorato contribuì non poco alla fusione di spirito dei diversi eserciti alleati.
Francesi, inglesi, serbi non ebbero che parole di ammirazione per l'esercito italiano della Macedonia.
Dietro i combattenti vivono le arterie della loro esistenza, miracolo di lavoro, di attività, di improvvisazione.
Strade meravigliose fatte o rinnovate tra difficoltà d'ogni sorta; forni di carbone, di calce, di pane; depositi di munizioni, ferrovie, scuole; opere in cui gli italiani sono ancora i primi lavoratori del mondo.
Poi, ai soldati che vengono in licenza, i nostri borghesi chiedono:
Cosa fate laggiù in Macedonia? Villeggiatura? Che bell'isola Salonicco!
La quota resistette a vere tempeste di assalti reiterati e di fuoco. Celebri fra tutti e feroci e sanguinosi quelli della primavera del 1917 e gloriosa, malgrado i suoi risultati, l’offensiva italiana del 9 maggio. Ma nessuna giornata fu più tragica di quelle che segnarono per l'Italia la sventura di Caporetto. Per ironia le notizie, altre volte ritardate, arrivarono celerissime: i comunicati ufficiali si alternavano ai comunicati tedeschi intercettati dalle radio alle esagerate minacce urlate nella notte dalle linee nemiche. Il senso dell’esilio, che non è piccola pena nella guerra lontana, trasmutava in un incubo, ingigantiva insensibilmente. Non so, certe volte pareva di brancolare nel buio: anche chi stava indietro, nelle retrovie sicure di Salonicco, udendo squillare nel crepuscolo le note del silenzio, aveva l'illusione di udir la voce d'implorazione della patria. I tedeschi bombardarono (era la prima decade di novembre) per alcuni giorni furiosamente le retrovie e attaccarono in piena notte la Quota 1050 e il Piton Brulé. Pareva d'essere in un’isola: meno ancora, sur una carena disalberata lasciata alla deriva: dietro la montagna che l'inverno faceva più arcigna e più violenta, alle spalle, la pianura macedone con le sue cime selvagge e solenni, con le sue campagne abbandonate, con i villaggi frantumati, con la solitudine immensa delle sue paludi e delle sue nebbie pareva chiudere un mare senza approdi, senza speranze e senza vele. L'Italia agitata dalla sua fortunosa vicenda era un'altra grande nave, incendiata anch'essa, in pieno mare che ci faceva invano disperati segnali di soccorso. Vedremo, si dicevano alleati e nemici, cosa faranno gli italiani se li attaccano a Quota 1050. II prodigio non fu di vincere i bulgaro-tedeschi già ricacciati tante volte; fu di vincere noi stessi, di superare lo scoramento angoscioso che proveniva dall'apparenza di inutilità dello sforzo. Aveva preso tutti, malgrado le parole rincuoratrici che ci dicevamo (ritrovandoci) pur di non specchiarci l'uno nella preoccupata miseria dell'altro. Come quando si vuole che una persona cara non muoia e si dice forte: Certo la salveremo, non può morire e dentro: Non vedrà la mattina. Nessuno, in Italia, immaginò il miracolo di quegli esuli combattenti, nessuno udì l'affermazione di immortalità che lanciarono quei morenti dalla Quota degli italiani in faccia ai tedeschi che si avanzavano gridando come a Caporetto: Arrendetevi, italiani vigliacchi.
Mentre sui loro occhi vitrei si piegava la visione della patria assassinata.
E con le gru, volanti in righe nel cielo di neve, parevano migrare verso altri paesi tutte le bellezze e tutte le speranze del destino.
 
R. DI SANTOSPIRITO.
 
BATTAGLIE
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