28 giugno Attentato di Sarajevo Con il congresso di Berlino del 1878, l’Austria ottenne il protettorato sulla Bosni-Erzegovina, in vista di un futuro sbocco sul mar Egeo, mentre Serbia e Montenegro sono riconosciuti indipendenti. Nel 1908, approfittando di un colpo di stato in Turchia, l’Austria annette forzatamente al proprio territorio la Bosnia-Erzegovina. Questo provoca lo sviluppo di un forte movimento d’opinione anti austriaco che ha nell’ala serba la parte più radicale. Probabilmente il granduca Ferdinando sceglie il peggior giorno dell’anno per visitare Sarajevo. Il 28 giugno infatti ricorre l’anniversario della famosa battaglia di Kosovo Polje del 1389. La battaglia si concluse con la sconfitta dell’esercito cristiano guidato dal principe Lazar e l’annientamento della nobiltà serba, ma ancora oggi è considerata dai Serbi uno degli eventi più importanti della loro storia, una specie di festa nazionale che festeggiano con solenni celebrazioni in molte parti del paese, e la principale fonte d’ispirazione del loro sentimento nazionale. I cavalieri cristiani morti nella battaglia e l’uccisione del sultano Murad I da parte di Milos Obilic (fu l’unico sultano della storia ottomana a morire in battaglia) furono il soggetto di gran parte della poesia medievale serba. L'attentato fu organizzato a Belgrado da sette giovani inesperti armati di 2 bombe a mano e 4 pistole. Considerando però anche le persone fornirono il supporto logistico locale, le persone coinvolte nella congiura in un modo o in un altro, furono circa 15. Attorno alle 10:00 il corteo di 6 auto parte dal campo militare di Filipovic, dove Francesco Ferdinando avevano effettuato una rapida rivista delle truppe. Nelle auto c'erano il sindaco ed il commissario di polizia di Sarajevo, il governatore generale di Bosnia Oskar Potiorek, la guardia del corpo dell'arciduca, alcuni alti ufficiali e nobili austriaci e il direttore dello stabilimento Fiat di Vienna. Alle 10:15 il corteo passò davanti al primo membro del gruppo, Muhamed Mehmedbašić, ma non trovando il bersaglio libero questi decise di non sparare per non compromettere la missione. Nedeljko Čabrinović, invece, lanciò una bomba contro l'auto di Francesco Ferdinando, ma la mancò (sembra sia rimbalzata sulla carrozzeria posteriore della vettura), distruggendo l'auto che stava immediatamente dietro, ferendo gravemente i suoi occupanti. Čabrinović inghiottì quindi una pillola di cianuro e si gettò nel fiume Miljacka. Il veleno però era troppo vecchio e il dosaggio troppo debole quindi non funzionò, inoltre il fiume poi in quel punto era profondo solo 10 centimetri, così venne facilmente catturato dalla polizia. Trascinato fuori dal fiume, rischiò il linciaggio dalla folla. Nel frattempo il corteo accelerò in direzione del municipio, e sulla scena scoppiò il caos. Gli altri cospiratori, o perché presunsero che Francesco Ferdinando era stato ucciso, o perché persero i nervi, abbandonarono la scena. Il granduca raggiunse il municipio dove si svolse senza altri problemi il ricevimento programmato. Il resto del gruppo si era intanto mescolato tra la folla. Dopo il ricevimento, Francesco Ferdinando decide di recarsi all'ospedale per visitare i feriti dalla bomba. L'autista non informato di questo cambio di programma imbocca la strada per uscire dalla città seguendo il percorso iniziale, così dopo aver svoltato al ponte Latino deve ritornare indietro entrando in via Franz Josef. Svoltando a destra, verso il centro città, la vettura di Ferdinando trovò la strada occupata dalla gente e dovette rallentare passando a passo d’uomo proprio difronte al Kaffeehaus dove si era rifugiato Gavrilo Princip. Vedendo l’auto del granduca praticamente ferma in mezzo alla strada, Princip uscì immediatamente dal locale estrasse la propria pistola, una semiautomatica Browning FN Model 1910 calibro 7,65×17 mm di fabbricazione belga, ed esplose due colpi: il primo proiettile trapassò la fiancata del veicolo e colpì Sofia all'addome, mentre il secondo colpì Francesco Ferdinando al collo. Princip cercò quindi di suicidarsi ma venne fermato dalla folla e consegnato alla polizia.