Primi di novembre E' sottoposto all’attenzione del generale Cadorna un appunto che riassumeva alcune comunicazioni telegrafiche pervenute al Quartiere Generale di Udine dal tenente colonnello Gilbert, nostro ufficiale di collegamento presso il Comando in Capo degli eserciti alleati a Salonicco: “le operazioni svolte sul fronte di Monastir nei giorni 14, 20 e 28 ottobre hanno messo in evidenza da parte degli alleati coalizzati i punti seguenti:
Le grandissime difficoltà di intaccare anche solamente la linea di difesa nemica che è rinforzata da altre due retrostanti
La insufficiente preparazione di artiglieria, dovuta a scarsezza di medi calibri, ad assoluta mancanza di grossi calibri, a deficienza di munizioni, a poca esattezza di tiro.
Lo slegamento fra le operazioni dei vari tratti del fronte.
La rilevante difficoltà nei lavori di fortificazione, nei rifornimenti e nei movimenti in genere, anche nella piana di Monastir a causa delle piogge.
Oggi, di fronte al fallimento del piano Sarrail e del piano Cordonnier, si va radicando nell’animo di tutti il convincimento dell’inutilità di persistere, nell’attuale situazione, nello sforzo offensivo; In queste condizioni il previsto impiego della nostra brigata Cagliari nel settore di Monastir apparisce sterile e sanguinoso sacrificio, che occorrerebbe evitare, anche allo scopo di conservare al Corpo di Salonicco la massima efficienza difensiva, in vista di complicazioni future. Non senza preoccupazione viene infatti considerata la preannunciata discesa di due nuove divisioni tedesche verso Monastir e verso Gevgelija Dojran. Le conseguenze di un nostro arretramento potrebbero essere gravi, dato l’attuale stato di disarmo del campo trincerato e le legittime diffidenze che suscitano le forze greche e lo stesso esercito di Venizelos…..” Il trasferimento della Brigata Cagliari aveva offerto l’opportunità al generale Petitti di Roreto di redigere un rapporto sull’umore delle truppe e degli ufficiali e sulla situazione degli eserciti alleati a Monastir non risparmiando di denunciare gravi e pericolose carenze: “debbo far noto ancora che non pare che regni la migliore armonia fra le truppe combattenti verso Monastir; i russi e serbi – che a quanto risulta hanno combattuto molto valorosamente, subendo perdite rilevanti – accusano i francesi di averli mandati al macello, riservando a se il merito dei vantaggi ottenuti. I russi – costituiti in due Brigate autonome non riunite sotto un comando di divisione e quindi sprovvisti di servizi propri – devono dipendere in tutto e per tutto dai francesi, i quali non pare se ne curino molto, tanto è vero che è accertato che negli ultimi combattimenti i feriti russi rimasero per ben tre giorni abbandonati sulle strade e privi di cure. Quasi alle stesse condizioni si trovano i serbi, forniti di pochi ed imperfetti servizi. Inoltre ognuno pensa per se, come se ogni contingente non facesse parte integrante dell’intero corpo di spedizione. Sembra che l’esonero del generale Cordonnier dal comando dell’armata francese d’Oriente, sia stato motivato dal fatto che l’ultima azione compiuta, che doveva essere preceduta da una preparazione di artiglieria di 26 ore, non ebbe che una preparazione di poche ore, dopo la quale – nonostante gli fosse stato fatto presente che le difese nemiche erano intatte – il generale lanciò all’attacco le truppe russe e francesi, che subirono perdite gravissime senza ottenere alcun vantaggio.”
2 novembre Fallisce l’attacco di alcuni M.A.S. ai piroscafi ormeggiati nel porto di Durazzo.
2 novembre Il Neue Freie Presse: “da precedenti bollettini austro-ungarici noi apprendiamo che le nostre truppe si trovano sulla bassa Vojussa a circa 15 o 20 chilometri da Valona. Collegando tale tratto del fiume_e col lago di Prespa in linea d'aria, possiamo rappresentare in modo approssimativo il nostro fronte. La distanza dalla foce della Vojussa al lago Prespa è di circa 140 chilometri. Se veramente siamo alla vigilia di operazioni italiane in Albania, una eventuale offensiva, data la natura del teatro di guerra albanese, potrebbe svolgersi da una parte nella direzione di Berate dall'altra in quella di Monastir Per Ia via di Koritza. Le grandi difficolta che il terreno montagnoso e le cattive comunicazioni" opporrebbero alle marcie delle truppe, al trasporto dell'artiglieria e ai servizi di rifornimenti permette di di concludere che le operazioni italiane in ogni caso dovrebbero mantenersi entro limiti modesti”.
Macedonian Front, French and Serbian POW
7 Novembre I Bulgari bombardano senza tregua le brigate francesi localizzate a Krape and Polog, che si devono ritirare dopo 3 giorni. Le stesse posizioni vengono riconquistate dai serbi dopo 3 giorni. Negli attacchi francesi del 4, 14 e 28 ottobre del 14 novembre nella zona del villaggio di Kenali la divisione coloniale francese perde i 2/3 dei propri effettivi. Anche le perdite bulgare sono pesantissime: i reggimenti della divisione Tundzha affiancati da una parte di reggimenti delle divisioni Pleven e Shipka perdono quasi 5.000 uomini.
7-8 novembre In Russia esplode la Rivoluzione d’ottobre: i bolscevichi abbattono il Governo provvisorio russo e prendono il potere. Viene istituita la Repubblica socialista federativa sovietica russa, con Lenin capo del governo.
10 novembre Gli inglesi strappano ai bulgari sulla sinistra dello Struma il villaggio di Barakli-Giama.
10-11 novembre La Cagliari era dislocata a Buf, con tutti i servizi a Eksisu; il 63° Reggimento di fanteria era nella zona di Velusina ed il 64° Fanteria fra Monte Baba ed Ostrec; il Reparto artiglieria è su quota 916. Diario della Brigata Cagliari: “durante la notte si odono troppe mine. Ogni mattina si intravedono nuove evacuazioni, le quali non lasciano capire perfettamente di che lavori si tratti e quale entità esso lavoro abbia, ma non lasciano dubbio alcuno su l’intenzione del nemico di rafforzarsi potentemente su la linea ferroviaria. …Ieri e oggi il nemico ha eseguito tiri con pezzi da 105 sulle posizioni dei medi calibri francesi. ” Relazione del generale Desenzani: “ora che la brigata è di nuovo in prima linea fra il 176 Reggimento di fanteria francese e la 113° Brigata della 57 Divisione, credo che potrà avere molto interesse per V.S. un riassunto delle condizioni nelle quali il trasferimento si è dovuto compiere. Le posizioni da occupare variano da 2.200 metri circa di altitudine a 800 metri (Gradesnica); non si trattava però di un’ascesa normale, bensì di una marcia per contrafforti che occorreva tagliare ripetutamente salendo e scendendo. A nome del generale Sarrail, il comandante dell’armata francese d’oriente mi rivolgeva la preghiera di operare il movimento in modo da effettuare il cambio nella notte fra il 13 ed il 14, bruciando una tappa. Rendendomi conto delle circostanze straordinarie, ordinavo che le marce previste per il 13 ed il 14 fossero compiute per intero nella prima giornata e nottata, e rendevo libera la 114° Brigata con un giorno di anticipo. I francesi avevano sul fronte forze appena sufficienti per i servizi di guardia, e, d’altra parte, non si poteva lavorare, data la vicinanza del nemico, che di notte. Ciò significa che tutti i lavori di rafforzamento e di ricovero sono ancora da eseguire. Bisogna por mano alle strade di accesso e avere strade di arroccamento. Ma la iniziativa avanzata mi toglie ogni speranza di poter costruire in tempo quelle nuove strade e supplire a queste deficienze che, se non hanno finora paralizzato la colonna, potrebbero essere tali da impedirle un più rapido movimento in condizioni sopportabili per le truppe”.
Memorie del tenente colonnello Mario Pecchio: La base italiana di Salonicco è ora irriconoscibile e provvede largamente a tutti i bisogni. Una grande bandiera tricolore che dà forti palpiti al vento, e splendori al cielo, nel sole, distingue il comando di tappa italiano. Alcune casette sono state rifatte, riparate, imbiancate per servire da accantonamento alle truppe di passaggio, per farne depositi, magazzini, laboratori. Gli stessi abitanti macedoni, sono lieti dell'avvenuta trasformazione del loro villaggio in cui si è aperta persino una bottega da barbiere, che vende anche qualche giornale italiano, che giunge quassù con incredibile ritardo. Il mercato del lunedì è caratteristico per la gamma dei colori; vi sono tutti e spicca, fra ogni altro, il rosso cupo delle fasce di cotone o di satin, colle quali gli uomini si circondano la vita e tengono su i pantaloni larghissimi. Le donne sono poche, rare le belle e indossano una specie di casacca grigio rossa, priva di grazie femminili e disadorna. Poco lontano da Snevce è situato il convalescenziario di Moravca in posizione non troppo favorita dalla natura, ma dove però le cure assidue ed energiche ritemprano alle fatiche e ai disagi non lievi che questa regione inevitabilmente produce.
11 novembre Il generale Cadorna ripristina la "decimazione" nelle truppe italiane, in caso di episodi di insubordinazione collettiva: "i generali hanno il diritto e il dovere di tirare a sorte tra i sospetti e punirli con la pena di morte".
12 novembre Generale Ernesto Mombelli ai Reparti della 35° Divisione Ufficiali, sottufficiali, caporali e soldati, "Nel penoso periodo che attraversa oggi il nostro Paese, ho sentito il bisogno di parlare direttamente a voi, miei bravi soldati non perché io creda menomamente scossa la vostra fede e tanto meno perchè io ritenga non abbastanza efficace la paterna parola dei vostri superiori diretti, ma soltanto perchè il prendere, in questo grave momento, più stretto contatto con voi, il dirvi quello che so e che penso della situazione presente, il rafforzare la vostra fede col contributo della mia maggior esperienza dovuta alla maggiore età, infine l'alleviare l'ansia dei vostri cuori con assicurazioni positive, sincere, basate su notizie che voi non potete avere, mi è sembrato dovere mio di comandante e di vostro compagno d'armi. Eppoichè, sia per il forte numero, sia per la situazione, mi riusciva materialmente impossibile di parlare contemporaneamente a tutti e neppure a considerevole parte dei miei soldati, mi sono limitato a riunire qui una piccola rappresentanza costituita da Voi, scelti fra i migliori dei vari reparti e da questo nucleo di prodi, ultimamente decorati della medaglia al valore, affidando a Voi l'importante incarico di diffondere le mie parole e i miei consigli fra i vostri compagni, nelle trincee, nei ricoveri, nelle caverne, durante le lunghe ore di paziente attesa, quando, in amichevoli colloqui discorrete di voi e delle vostre famiglie, quando il vostro pensiero si rivolge ai vostri cari, quando il vostro cuore soffre di nostalgia e palpita di ansia per la Patria lontana. Le mie parole e i miei consigli ripetuti da voi colla semplicità del vostro linguaggio, acqui-steranno efficacia ancora maggiore e così voi, miei buoni e fedeli soldati, avrete anche il merito di concorrere con me a tenere in tutta la valorosa 35° Divisione alto il morale e salda la fede. Ascoltatemi dunque e imprimete bene nella vostra mente e nei vostri cuori quanto io vi dirò ora, procurando di esserne interpreti fedeli e convinti presso i vostri compagni. Due anni e mezzo fa, sul finire del maggio 1915, dopo dieci mesi da che era scoppiata la guerra generale, l'Italia si è lanciata nel conflitto contro l'Austria, non per imposizione di potenze più forti, non per propria sete di conquiste, non per esaltazione passeggera, ne per disagi interni economici o politici, ne per imposizione di governo, ma semplicemente ed esclusivamente perchè l'esercito e il popolo italiano hanno intuito che quella era la via della gloria e dell'onore. Fu il nostro fiero e grande popolo che, per esclusiva volontà propria, forte dei propri sacri diritti, convinto della propria forza, fedele al suo Re e fidente nei propri destini, ha giudicato giunto il momento di spiccare il volo verso più ampio orizzonte, per rivendicare le dovute frontiere, liberare i fratelli sofferenti sotto lo spietato giogo austriaco, affermare la virtù delle proprie armi, provare al mondo intero la compattezza della propria unità nazionale e marciare, dritto e fiero, al raggiungimento dei suoi santi obbiettivi. Questo ha voluto e fermamente deciso il popolo italiano questo hanno voluto e fermamente deciso i vostri padri, i vostri fratelli, le vostre mogli e sorelle spartane questo hanno succhiato col latte i vostri figli questo avete voluto e fermamente deciso Voi che, da quel giorno, impugnando le armi con slancio e con fede, e scesi in campo con arditezza di eroi, avete generosamente gettato sulla bilancia della Patria tutto il vostro patrimonio fisico, intellettuale e morale. Ed in quel giorno, di fronte a tanta concordia e magnanimità di intenti, Re e governo hanno stretto coi vostri Alleati il patto che voi avete loro dettato patto di vita o di morte, che ha formalmente, indissolubilmente impegnato fino al termine della guerra la vostra parola e il vostro amore. E da quel giorno, sacro e memorabile, voi avete scritto nella storia del nostro paese pagine d'oro, che rimarranno indelebili attraverso ai secoli, fulgido esempio della più salda compagine nazionale e del più forte e valoroso contegno di fronte al nemico. Voi coi vostri occhi avete visto e col vostro braccio avete cooperato alla grandiosa imponente opera di organizzazione, di lotta, di eroismo, di sacrificio che il nostro valoroso esercito, destando l'ammirazione del mondo, ha compiuto in Trentino, sulle Alpi, sull'Isonzo e sul Carso, strappando palmo a palmo al tenace nemico il terreno agognato, versando generosamente il sangue per la grandezza della Patria. Le vostre famiglie, sottoponendosi volenterose ai più duri sacrifici, sopportando con rassegnazione il dolore del vostro distacco, seguendo con ansia fidente le vostre perigliose vicende, hanno portato tutto il loro contributo alla vostra sublime opera di riscossa. Il popolo intero, senza distinzione di partiti, vi ha accordato tutto il suo appoggio, tutta la sua fede. E cosi, dopo due anni e mezzo di lotta cruenta, siete riusciti a realizzare buona parte delle aspirazioni nazionali, avete innalzato tino ai più invidiati culmini il prestigio del nostro paese, avete stremato il nostro secolare nemico fino a metterlo nella umiliante condizione di dover implorare la pace e soccombere. Ma sventuratamente, giunti a questo punto, arrivati sulla so-glia del trionfo, il destino fu meno giusto con noi. Si direbbe che, colpendoci nel momento della vittoria, esso volle darci il mezzo di riportare una vittoria più grande, meglio proporzionata alla nostra forza e ai nostri meriti. E ci rovesciò contro, insieme col vecchio, un nuovo gagliardo nemico. Improvvisamente, oltre la quasi totalità delle forze austriache, disperatamente accorse da ogni parte a difendere la Patria in pericolo, ci siamo trovati di fronte una colossale massa di fucili, mitragliatrici e cannoni tedeschi, chiamati dalle altre fronti, specie da quella russa, a fare argine colla potenza del numero e colla preponderanza delle armi al già delineato trionfo del nostro ardire e del nostro valore. Valanga di uomini, di armi e di materiali contro cui nessuna forza umana doveva resistere, come al travolgere del torrente in piena non può resistere il macigno anche il più compatto e il più saldo. E così avvenne l'inevitabile. Premute da preponderanza schiacciante, le nostre invitte truppe del medio Isonzo hanno dovuto fatalmente inflettersi sotto il colossale sforzo e cedere terreno. La loro resistenza eroica, la loro tenace, disperata difesa di ogni palmo di terreno forzatamente abbandonato non potè essere e non fu sufficiente a proteggere gli strenui conquistatori della Bainsizza, di Gorizia e del Carso, che si trovarono minacciati sul fianco e sul tergo. In tali inevitabili condizioni, ostinarsi a resistere sulle primitive posizioni, esponendo l'intero esercito a sicura sconfitta; sarebbe stata colpevole follia, sarebbe stato facilitare al nemico il pro-gettato, grandioso successo. Al sacrificio inutile di centinaia di migliaia di vite preziose, si sarebbe aggiunta la perdita irreparabile di quelle valorose truppe, che, invece, in quel grave momento, dovevano essere conservate intatte il più che fosse possibile per averle efficienti e pronte alla riscossa. Bisognava quindi ripiegare tutto l'esercito e farlo subito, in tempo per sottrarlo alla morsa nemica. E così fece il nostro Comando supremo, al quale, per questo suo atto di pronta e coraggiosa decisione, noi dobbiamo riconoscenza eterna. Ritirato in tempo, lasciando nelle mani del nemico quel tanto di uomini e di materiale che di fronte a cosi irruente invasione non era possibile di trarre in salvo, il nostro esercito, compatto, disciplinato, bello e fiero nella sventura come nel trionfo, sdegnato del presente ma fiducioso nell'avvenire, arginando e frenando l'incalzante avversario, con azioni di retroguardia e nobili sacrifici individuali e collettivi che rimarranno memorabili nella storia, si è ripiegato, su nuove posizioni, sulle quali ora si fortifica. Da tali posizioni, più solide e meno esposte delle precedenti, coll'efficace aiuto dei nostri alleati che già accorrono da ogni parte, il nostro esercitò momentaneamente sfortunato ma non vinto, sempre forte e valoroso, saprà muovere alla riscossa e infliggere al nemico la dovuta lezione, forse decisiva. E mentre cosi nobilmente, così degnamente agisce l'esercito, altrettanto fa il popolo dando prova di colma, di compattezza e di fede che, dopo quasi tre anni di inenarrabili sacrifici, sono prova luminosa di una forza profonda che non ha precedenti nella storia. In questo grave momento, di fronte alla crudeltà del destino, magnificamente, senza esitazione, con slancio spontaneo, concorde, con abnegazione sublime, con energia virile, il giovane popolo italiano ha saputo vincere sè stesso ed elevarsi contro il suo dolore. Da un capo all'altro dell'Italia un soffio è passato, soffio di a santo sdegno e di sacra collera, ma nel tempo stesso soffio di energica reazione, soffio di incrollabile fede nei destini della Patria. Tanta fierezza di contegno, tanta concordia di animi ha sconcertato i nostri nemici ha fatto fallire fin i loro piani insidiosi, disperati. Credettero i nostri nemici che al primo urto delle armate tedesche, il nostro esercito si sarebbe sfasciato. Essi sperarono che alla prima emozione della sorpresa e del dolore il popolo italiano si sarebbe accasciato su sè stesso, vittima di disordini, interni, facile preda di spietato invasore. Essi, nella loro tracotante albagia, si illusero che al primo spuntare dei caschi tedeschi alle nostre frontiere, le armi italiane avrebbero ceduto e il popolo avvilito, affranto, avrebbe chiesto grazia, preferendo la schiavitù alla sofferenza. E così il loro piano infame sarebbe facilmente riuscito per effetto d'insidia, anzichè per successo di armi leali. Staccata dai suoi gloriosi alleati, forzata a defezione vergognosa, l'Italia, la nostra cara Italia, sarebbe stata lo strumento della Germania, il mezzo ignobile per arrivare alla pace tedesca, a quella pace crudele che doveva soggiogare il mondo e soffocare il diritto dei popoli. Ma così non poteva essere e così non fu, per virtù nostra, per merito nostro. Stretti nella suprema difesa della Patria, saldi contro ogni martirio, Menti nella forza propria come in quella degli alleati, disdegnando ogni lusinga falsa e bugiarda, esercito e popolo italiano hanno seguito la via dell'onore, hanno giurato concordi di compiere fino in fondo il proprio dovere. L'anima dell'eterna Roma è risorta in quella della giovane Italia. Sulle nostre bandiere come sulle aquile romane rimase indelebilmente inciso: “Vincere o morire”.
Ufficiali, sottufficiali, caporali e soldati,
" Il nostro grande paese, cui natura diede colla limpidezza del cielo e la maestosità delle Alpi la purezza dei sentimenti e la forza degli animi, ha oggi riportato la prima grande vittoria di armi e di spiriti e si prepara alla seconda, che sarà degna dei suoi grandi destini. L'esercito raccolto su nuove forti posizioni sfida impavido il nemico e fin d'ora lo mette in una situazione che lo deve fare ben riflettere sull'errore dell'incauto passo compiuto e sulle fatali conseguenze delle sue troppo rosee illusioni. Il paese, saldo, compatto, profondamente concorde, pronto agli estremi sacrifici, dà all'esercito tutto l'appoggio della propria incrollabile fede. Gli alleati, profondamente riconoscenti per la nostra lealtà e altamente apprezzando il grande concorso già dato alla causa comune e quello che siamo in grado di dare in avvenire, accorrono premurosi in nostro aiuto. Il mondo intero ci ammira e comprende oggi che sulla pianura veneta si combatterà la battaglia decisiva. A noi la gloria di prepararla e di vincerla ridonando all'unanimità una pace giusta e duratura. Questo, miei bravi soldati, dovete tenere ben presente e ben chiaramente dire ai vostri compagni. Ricordate Voi e dite loro che oggi gli italiani, degni figli di Roma sacra e intangibile, fedeli e fieri difensori della invitta Casa di Savoia, fortunati e liberi sudditi di un governo di eguaglianza e di giustizia, sono stretti ad un patto, sacro ed inviolabile per tutti: rimanere fedeli ai nostri alleati, scacciar dal suolo patrio l'odiato nemico, serbare a noi, fondatori di civiltà, il vanto della vittoria decisiva. Soldati d'Italia, siate forti e fidenti come lo è in quest'ora solenne tutto il vostro popolo. E qualunque siano le peripezie di questa formidabile lotta, non vengano mai meno in Voi il coraggio e la fede. Di coraggio e di fede siate anzi, ora e sempre, propagatori convinti fra i vostri amici e i. vostri congiunti. Dite loro che la stella d'Italia, faro di civiltà e di progresso per l'umanità intera, non conosce tramonto, dite loro che dalla dura prova di oggi noi sappiamo trarre vigoria e slancio pel trionfo di domani, assicurate loro che le tombe dei nostri eroi non rimarranno nelle mani del barbaro nemico, convinceteli che i fratelli delle terre « invase saranno, prontamente liberati, dite loro che la forza profonda della nostra razza, forza fisica, intellettuale e morale, non conosce ostacoli per la realizzazione dei suoi grandi destini. E se qualche miserabile, fra i vostri amici del passato, dimentico dei sacri doveri di cittadino e di soldato d'Italia, o traviato da vile propaganda di partiti sovversivi o di agenti pagati, vi insinua delittuosi progetti e tenta di minare la vostra fede santa, respingetelo come nemico della Patria, calpestatelo come serpe velenoso, additatelo all'obbrobrio di chiunque non abbia spenta in sè la fiamma del patriottismo e dell'onore. Soldati d'Italia, voi siete gli araldi di un grande avvenire. Il mondo intero oggi segue l'opera vostra. La Patria attende da voi grandezza e gloria. Fate il vostro dovere. E con me innalzando lo sguardo fidente al cielo gridate: Evviva il Re! Evviva l'Italia! "
13 novembre Comunicati francese e serbo: “nella regione della Cerna Ia battaglia impegnata da due giorni continua con violenza e si afferma sempre più come un brillante successo Appoggiate dagli intensi fuochi dell'artiglieria francese le truppe serbe hanno riportato nell'anello della Cerna una nuova vittoria sulle forze germano-bulgare, che hanno dovuto abbandonare, dopo un sanguinoso, combattimento, il villaggio di Iven e ripiegare per tre chilometri a nord sotto Ia vittoriosa pressione dei nostri alleati. Cinque contrattacchi non hanno potuto riuscire ad arrestare Ia nostra avanzata, infranti dai nostri fuochi e dai contrattacchi alla baionetta della fanteria serba. Le ondate assalitrici hanno dovuto fuggire in disordine, dopo aver subite considerevoli perdite. Più ad ovest le truppe serbe, alle quali si sono uniti contingenti di fanteria francese, hanno accentuato il loro progresso a nord di Velioselo. La cifra dei prigionieri enumerati finora oltrepassa il migliaio, sono stati catturati sui terreno abbandonato dal nemico altri 16 cannoni. Dal 12 settembre, data della nostra offensiva, i germano- bulgari hanno lasciato nelle mani degli Alleati 6.000 prigionieri, 72 cannoni e 50 mitragliatrici”. “le nostre truppe il 12, con la cooperazione delle truppe francesi, continuarono l'inseguimento nemico verso il villaggio di Iven, il quale e caduto interamente nelle nostre mani. I nostri trofei di questa giornata sono 16 cannoni da campagna, 14 avantreni, grande quantità di munizioni per artiglieria e fanteria, molti fucili ed altro materiale da guerra. Non sono ancora contati i prigionieri. Cadaveri nemici in grandissimo numero coprono il campi battaglia e provano che i bulgari subirono qui una disfatta altrettanto grande quanta quella del Kaimakcialan.»
14 novembre Comunicato bulgaro: “ad ovest della ferrovia Monastir-Florina vivo fuoco di artiglieria. Ad est della stessa linea e nell'anello della Cerna l'accanito combattimento e continuato durante tutta una giornata e in parte durante la notte dall'11 al 12. Gli attacchi nemici sono stati respinti. Tuttavia l'avversario è riuscito a mantenersi sulle alture formanti un saliente dinanzi alle nostre posizioni a nord-est del villaggio di Polog. Sul fronte della Moglenitza debole fuoco di artiglieria e di mine. Ad ovest del Vardar vivo fuoco di artiglieria. Ad est del Vardar ed ai piedi del monte Belas calma. Sul fronte dello Struma cannoneggiamento e scontri di pattuglie”.
14 novembre La Brigata Cagliari sostituisce in linea la 114° Brigata francese nel tratto di fronte che partendo da ovest da Quota 2182 si estende fino a Gradesnica. Gli italiani si preparano a sferrare un attacco contro i centri di Kisovo e Gradenisca.
14 novembre Ad una altezza di circa 2.000 metri, con 10 gradi sotto zero e con la neve alle ginocchia, i primi reparti italiani si muovono molto lentamente e tra mille difficoltà verso il passo di Ostrec.
15 novembre Dopo una breve calma combattimenti per la conquista di Monastir riprendono con accanimento. Un comunicato serbo dice: “il 14 corrente le nostre truppe, in collaborazione colle truppe francesi, hanno occupato definitivamente dopo un, violento combattimento, tutte le posizioni nemiche a Tepavci. Le truppe tedesche che difendevano tali posizioni sono state parzialmente distrutte e parzialmente fatte prigioniere. In quella giornata furono enumerati 500 prigionieri tedeschi con 2 ufficiali e 5 aspiranti. Non si hanno ancora particolari circa il bottino. Abbiamo preso al nemico due nuovi villaggi: quello di Tepavci e quello di Ciegel. Il valoroso colonnello Voislav Pavlovic e caduto gloriosamente alla testa del suo reggimento”.
Bulgarian POW in Velusina Mountain
15 novembre Sempre ostacolata dal nemico e dalla tormenta, la Brigata Cagliari e il 9° gruppo da montagna danno la scalata alla Baba Planina conquistando la cima Velusina (2.209 metri) e sloggiando i bulgaro-tedeschi che difendevano accanitamente le loro posizioni. Negli stessi giorni la cavalleria francese travolge le difese bulgare verso Monastir.
16 novembre Un comunicato francese aggiunge: “i germano-bulgari hanno ripiegato nelle vicinanze della quota 1212 situata a nord-est di Iveni, incalzati da vicino dalle forze serbe. Il combattimento si è esteso nella regione a ovest della Cerna.
Caduto serbo a quota 1212
16 novembre Un secondo comunicato francese descrive così l’avanzata: “sul fronte della Cerna, malgrado pioggia e neve, la nostra offensiva continuò vittoriosamente. Nell'anello del fiume la battaglia fu estremamente aspra; violenti contrattacchi dei germano-bulgari, lanciati nella notte dal 14 al 15, non poterono riuscire in alcun punto a trattenere la nostra avanzata e furono micidiali pel nemico; 400 prigionieri tedeschi rimasero nelle nostre mani. Le truppe franco-serbe, proseguendo nei loro successi a nord di Tepavci, proseguirono verso Jaratok. Ad ovest della Cerna il nemico, sotto la potenza dei nostri tiri di artiglieria e la pressione energica della nostra fanteria, abbandonò durante Ia notte le posizioni principali che aveva fortificato da mesi. Forze franco-russe, inseguendo l'avversario nella regione a nord di Kenali, raggiunsero la riva destra del Viro. A 6 km a sud di Monastir abbiamo occupato i villaggi di Zabjani, Porodin e Velusina. Sul fronte dello Struma gli inglesi hanno preso, dopo un brillante combattimento, il villaggio di Kakaraska sul!a riva orientale del lago Tachino e i bulgari ripiegano sulla riva sinistra del ruscello Nihor”.
Tra il 10 ed il 14 novembre in queste operazioni gli Alleati fanno quasi 3000 prigionieri dei quali 600 erano tedeschi.
Velushina from 3.000 m high
Area of Florina
16 novembre Memorie del tenente colonnello Mario Pecchio: "...le operazioni militari si riducono più che a guerra vera e propria, ad una guerriglia insistente, con incursioni, agguati, colpi di mano, tentati da nostre pattuglie o da reparti di esploratori, allo scopo di molestare il nemico, di disturbarlo nella sistemazione difensiva, nel gettare l'allarme nelle sue file. Tentativi di pattuglie nemiche, nell'ottobre, contro il villaggio di Sokolovo, contro la stazione di Poroy e contro l'intricato bosco sono brillantemente respinti dai nostri posti avanzati, che fanno prigionieri e infliggono perdite all'avversario che ripiega, inseguito dal fuoco delle nostre vivacissime batterie da montagna. Altri tentativi del genere, nel novembre, lungo tutta la fronte della divisione, come pure azioni dimostrative contemporanee all'offensiva degli alleati di Monastir, sono completamente frustrate dall'ardimento delle nostre truppe, appoggiate saldamente dal fuoco d'artiglieria. Giungevano intanto dall'Italia nuove forze e cioè il 161° e 162° fanteria (Brigata Ivrea) con 6 Compagnie di mitragliatrici, un gruppo di artiglieri da montagna, un altro squadrone di cavalleggeri Lucca, 2 squadriglie di areoplani; 3 batterie e 4 sezioni autonome di bombarde, un reparto ferrovieri e aliquote di servizi vari."
16 novembre Il corrispondente del Dally Telegraph da Salonicco cosi descrive l'azione alleata: “la fase finale cominciò colla presa di Polog, di Tepavci e di Negociani. I serbi a Tepavci erano stati rinforzati da un reggimento di fanteria francese ed altrove pure avevano l'appoggio dell'artiglieria francese. II giorno seguente fu dato l'ordine di attaccare su tutta la linea sino a Kenali, mentre le truppe ad occidente di Kenali avevano il compito di trattenere il nemico con azioni dimostrative. ll tempo durante tutta la giornata fu magnifico ed i serbi attaccarono avanzando dall’angolo della Cerna, mentre i francesi mossero su Bukri. Questi attacchi iniziali furono accolti dal fuoco micidiale delle mitragliatrici e le truppe dovettero ritirarsi. Nel pomeriggio i francesi attaccarono nuovamente e con miglior fortuna. A Bukri essi strapparono due linee di trincee ai bulgari e mantennero le posizioni conquistate malgrado due violenti contrattacchi intrapresi con truppe tedesche con vivissimo fuoco di artiglieria. Colla sera cadde Ia nebbia, le pattuglie francesi in perlustrazione furono salutate dalle solite salve di fucileria nemica e tale fucileria durò sino all'alba; Alle 6 i francesi si accorsero che il nemico aveva cessato di sparare. Una pattuglia che si avventurò sin dentro le trincee nemiche per cercare Ia spiegazione del fenomeno, Ie trovò deserte; il nemico si era ritirato silenziosamente durante li notte ed aveva asportato quasi ogni materiale da guerra, ad eccezione di alcune casse di cartucce. Le trincee non sono profonde, ma sono mascherate in modo magistrale e sono danneggiate meno di quanto si sarebbe creduto”.
16 novembre Da Parigi così di dice dell’avanzata verso Monastir: “l'offensiva degli Alleati per Monastir procede vittoriosa perchè fu preceduta dalla necessaria preparazione. Ogni tentativo prematuro avrebbe procurato uno scacco sanguinoso. Non è più lecito stupirsi della relativa lentezza con cui le operazioni si erano svolte finora, mentre ora continuano speditamente. ll nemico, che occupa Ia regione da oltre un anno, ha potuto accumularvi sotto l'energica direzione tedesca, tutti i mezzi di difesa che intralciano l'avanzata degli Alleati sugli altri fronti. Sarebbe stato quindi pazzesco lanciarsi a capofitto contro gli ostacoli che sbarravano la strada di Monastir, primo obbiettivo immediato ed indispensabile di qualsiasi offensiva in Macedonia. Dopo aver respinto i tedesco-bulgari sulle posizioni principali, le truppe alleate iniziarono una manovra laterale per minacciare sul fianco le maggiori difese nemiche. La manovra, a causa delle condizioni del terreno e delle immense difficoltà per il trasporto delle artiglierie, era possibile soltanto a est di Monastir. Le truppe serbe che ricevettero l'incarico di compierla furono costrette a spiegare un'energia, che tutti i testimoni oculari dicono mirabile. Soltanto i profani potrebbero chiedere perché furono necessari oltre due mesi per ricacciare la sinistra nemica dell’anello della Cerna. Gli avvenimenti degli altri fronti hanno distolto alquanto l'attenzione dallo sforzo tenace, che il rinato esercito stava compiendo sui suolo riconquistato della patria. Ora quello sforzo da i suoi frutti. È infatti evidentissimo che gli altri contingenti alleati non avrebbero potuto espugnare Ia fortissima linea di Kemalii, costringendo il nemico a ripiegare sotto Monastir, se i bulgari non avessero sentito sul fianco la poderosa minaccia serba. E anzi notevole la rapidità con cui il successo laterale e stato seguito da vittorioso attacco sul centro. La manovra appare ancora più interessante se si pensa che gli Alleati, con Ia loro estrema ala destra,possono minacciare la strada Monastir-Prilep, l'unica strada su cui il nemico potrebbe operare Ia ritirata. Non è quindi esclusa la possibilità che il nemico si trovi costretto ad abbandonare sollecitamente anche Monastir, per non correre il rischio di rimanervi assediato. Comunque sia, il successo appare già molto soddisfacente e può essere contrapposto alle notizie meno liete che giungono ancora dalla Romania, ove gli Alleati ripiegano lentamente nelle due grandi vallate dell"Oltu e del Jiu. Dalle laconiche informazioni dei comunicati sembra lecito dedurre che lungo l'Alt gli invasori si sono impadroniti, dello sbarramento di montagne, che avrebbe dovuto fermarli a 30 km circa dalla frontiera. Se così è non sono più separati dalla città di Rimnik, che si trova sui margine della pianura a 20 km sud, se non da una catena di collinette boscose alte in media 500 metri. La ritirata romena pare alquanto più rapida nella vallata del Jiu. Un semplice sguardo alla carta: mostra che dopo il 12 novembre hanno ripiegato di circa 35 km cosicché si trovano ora a una sessantina di km dalla frontiera. I romeni si ritirano in due direzioni: verso est, lungo Ia ferrovia e a sud, lungo il fiume…….La vittoria degli Alleati intorno: a Monastir dovrà rincuorarli alla riscossa”.
Novembre 1916 R. A. Reiss, in un vibrante articolo scriveva, sull'Eecho de France, di Salonicco : " Combien de braves sont tombès dans la fertile plaine de Bitoli « et sur le Tchuxe aride? Francais, italiens, russes, serbes ont « combattu avec un courage et une abnegation sublime. Les proues-« ses extraordinaires de l'armée serbe, resonstituée après la re « traile d'Albanie par les soins des alliées et tout specialement par « ceux de la France sont encore dans la memoire de tour. Inutile d'e « xalter les merites de ces soldats formant la derniere jeunesse d'un « pays democratique et Pier dont les adversaires ont jurè l'extermina « Et les autres, les francais combattants dans la plaine, les « russes et les italiens repoussant I'adversaire sur le pentes et les « sommets des montagnes, combien d'energie et de bravoure, ont'ils« depensè pour arriver a ce resultat glorieux de la prise de Monastir?"
16 novembre Quarta conferenza di Chantilly Cadorna vuole chiarire con Boselli e Sonnino le sue idee, ferme nel respingere ogni richiesta di aumento del contingente italiano in Macedonia: “dovere nostro indeclinabile sarebbe pertanto, perdurando le condizioni attuali, quello di non distogliere dall’Italia forze e mezzi che debbono, avanti tutto, essere destinati alla difesa del territorio nazionale. Ma il gioco dell’esercito di Salonicco potrebbe mutare e diventare di grande efficienza quando il teatro di operazione balcanico assumesse importanza di teatro principale, quando cioè gli alleati (e fra tutti specialmente la Russia) fossero in grado e si assumessero l’impegno formale di sferrare contemporaneamente dal Danubio, dalla Dobrugia e dalla Macedonia una potente azione offensiva, fornita di mezzi adeguati e da portare a fondo, per mettere definitivamente fuori causa la Bulgaria e la Turchia. Se pertanto la conferenza di Chantilly facesse apparire ragionevolmente possibile l’avverarsi delle condizioni suddette, credo che, nell’interesse militare nostro ed in quello comune con gli alleati, converrebbe consentire all’invio di altre nostre truppe a Salonicco; e poichè lo spostamento della guerra nei Balcani è sempre stato da me considerato come un avvenimento che potrebbe avere influenza decisiva sull’andamento della guerra, occorre che il Comando Supremo italiano si presenti alla riunione preparato a pesare sulle decisioni che saranno adottate, e munito quindi, in precedenza, della facoltà di formulare con precisione le proprie conclusioni e ad indicare la misura del proprio concorso, basandosi esclusivamente su concetti e criteri militari. E’ perciò che dirigo la presente alla E.V. per chiederLe se, subordinatamente alla condizione che noi non corriamo l’alea di subire un attacco in forze da parte degli Imperi centrali, il comando supremo italiano nella conferenza di Chantilly, quando fosse decisa, con le modalità sopra accennate, l’azione degli alleati nella Balcania, possa assumere l’impegno di portare a tre divisioni il contingente italiano che abbiamo in Macedonia.”
Il documento di preparazione italiano studia il problema balcanico nell’ipotesi che l’iniziativa delle operazioni fosse rimasta all’Intesa: “obiettivo di tale offensiva strategica: l’invasione della Bulgaria per poter in seguito muovere alla liberazione della Serbia e attaccare l’Austria da tre direzioni: dalla Transilvnia, dal Danubio a monte di Orsova, dalla fronte italiana. In linea di principio, dunque, questo piano d’azione è certo conforme al comune interesse dell’Intesa.In linea di fatto occorre discuterne il grado di attuabilità, e, subordinatamente, disciplinarne la pratica esecuzione. L’invasione della Bulgaria, perché sia fruttifera, non può essere intrapresa da una sola direzione, né tanto meno essere affidata al solo esercito di Salonicco. Occorrerebbe pertanto rinforzare notevolmente l’esercito del generale Sarrail fino a conseguire quella superiorità numerica che è requisito essenziale della necessaria capacità offensiva. Traendo norma appunto da questi concetti il Comando Supremo italiano ha fino adesso ritenuto che, perdurando l’attuale situazione, l’ulteriore invio di nuove forze a Salonicco rappresenti una sterile diversione e peggio una pericolosa sottrazione di forze ai teatri principali; nello stesso ordine di vedute, ma in diversa situazione strategica generale, il Comando italiano sarebbe disposto a portare a tre divisioni il contingente delle proprie truppe in Macedonia quando una grande offensiva russo-romena dal Danubio, con la cooperazione dell’esercito d’oriente da Salonicco, decisamente spostasse l’asse principale delle operazioni in oriente”.
A Parigi, il Ministro del Tesoro Carcano, in rappresentanza del Presidente Boselli, riferisce come il Governo italiano sia in sintonia con quello francese nel considerare i Balcani come teatro decisivo della guerra: “… è da tenersi presente che quando gli alleati discuteranno in modo concreto di concretare i loro sforzi per un risultato decisivo, dovranno innanzi tutto esaminare la questione del contributo di materiale di guerra e di trasporti di cui alcuni di essi potessero avere bisogno. Così dovrà essere esaminata la questione finanziaria anche dal punto di vista dei pagamenti all’estero che per l’Italia va assumendo speciale importanza.”
All’Italia viene sollecitata una seconda ed una terza divisione a Salonicco, mentre alla proposta francese di raggiungere le 23 divisioni la Serbia propose di portarle addirittura a 30. La discussione più accesa nasce dal rifiuto dell’Italia, ma Porro non può che trincerarsi dietro gli ordini di Cadorna: “… Dans ce cas l’Entente et, par conséquent, l’Italie aussi, pourront trouver la convenance d’y transporter la masse de réserves disponible, dans le but essentiel de mettre hors de cause les réserves de l’adversaire, obtenant ainsi un avantage décisif dans la situation militaire générale…..Cependant, afin que le concours actuel de l’Italie dans les Balkans soit apprécié à sa juste valeur, il suffit de reproduire le tableau suivant sur les forces (en fusil), employées présentement (1er novembre) dans l’armée de Salonique, selon les données qui nous résultent : Français 36.000, Russes 8.000, Anglais 43.800, Serbes 37.000, Italiens 16.000. Le contingent italien en fusils est un peu moins que la moitié du continent français et du serbe, un peu plus du tiers de l’anglais et double du russe. Mais dans le calcul des forces, opérant dans les Balkans, nous devons comprendre les forces de Valona, qui, en prolongeant la ligne de défense jusqu’à la Vojussa et en occupant l’Epire septentrionale, barrent la route vers le Sud, du coté ouest de la presqu’île, sur un front de plus de 100 kilomètres. Partant ces forces sont : A Salonique 19 Bataillons, En Albanie 33 Bataillons, Total 52 Bataillons. Les nombres des fusils italiens, employés dans les Balkans, s’élève ainsi à 40.000, ce qui nous met au niveau des plus forts contingents des autres armées de l’Entente”
17 novembre 2 bollettini serbi “ieri continuammo ad inseguire il nemico sulla riva sinistra della Cerna. Sostenuto da truppe fresche, il nemico si arrestò sulla linea lven-Jaratok, da lungo tempo fortificata. Dopo accaniti combattimenti riuscimmo ad intaccare profondamente questa linea in parecchi punti. I villaggi di Ciegel, Baldenci e Negociani ed il convento di Jaratok sono liberati dal nemico. Sulla riva destra della Cerna il nemico fu obbligato ad abbandonare Ia sua principale linea fortificata e a ritirarsi verso Monastir. I bulgari sono stati scacciati dai villaggi. di Bukri, Egri Gorni, Egri Sredno e Dolni Egri, come dalla borgata di Kenali. Prendemmo 500 prigionieri bulgari e tedeschi, parecchie mitragliatrici e altro materiale da guerra”. “ieri si sono svolti combattimenti violenti per noi, nonostante la nebbia ed una tempesta di neve. I tentativi nemici di contrattaccare sono falliti completamente. Abbiamo preso altri 300 prigionieri. Dal 10 novembre il totale dei prigionieri da noi catturati si eleva a 3900, tra cui 1000 tedeschi. II numero dei cannoni presi dalle truppe serbe nella stesso periodo e di 8 cannoni pesanti e di 16 da campagna. II totale dei cannoni presi dai serbi dal 14 settembre e di 61 pezzi. Un cannone pesante preso dai francesi il 14 settembre non è compreso fra essi”.
Sulle azioni che i serbi svolsero nell’ansa della Cerna il generale Petitti in seguito scrive: “l’azione dei serbi in questa avanzata fu improntata ad eroismo incomparabile da parte delle truppe ed a profonda conoscenza della guerra di montagna, a tenacia ed a capacità di prim’ordine da parte dei comandi. Il terreno da noi occupato nell’arco del Cerna porta ancora evidenti le tracce di questa lotta terribile e meravigliosa, esso fu conquistato palmo a palmo, costò però ai serbi delle perdite gravissime tali che alla fine del 1916 essi erano esausti di fisico e di morale e con effettivi così ridotti da dover essere messi al più presto in riposo.”
16-18 novembre Le truppe germaniche-bulgare lasciano Monastir e si ritirano lungo la linea Dobromiri-Trn-Snegovo, Armatush a nord del Pelister. Il fronte si stabilizza sulla linea del monte Pelister - quota 1248 - quota 1050 - Dabica - Gradenisca.
17-18 novembre Nella regione della Cerna l'offensiva alleata assume un andamento energico. Sulla riva destra del fiume i serbi prendono Ia cresta a nord di Iven, respingendo tre contrattacchi nemici. Nella regione a nord-est di Kenali Ia cavalleria francese s' impadronisce di Negociani, mentre sulla loro sinistra gli inglesi avevano già occupato Bafakli.
18 novembre Bollettino serbo sulla situazione a Monastir: “le nostre truppe hanno conquistato quota 1212, il nemico, completamente disfatto, è fuggito in disordine verso il nord, abbandonando tutto il suo equipaggiamento”.
18 novembre Lo Frankfurter Zetung scrive: “iI compito dei franco-serbi diverrà sempre più difficile mano a mano che essi si lasceranno indietro la Cerna e penetreranno nel gruppo montagnoso, ma finchè questa fortezza di montagne sarà in mano dei bulgari Ia strada per Monastir sarà ancora lontana per gli assalitori, per quanto essi possano credere di essere vicini alla loro meta”.
18 novembre il Corriere della Sera commentacosì i successi alleati per la presa di Monastir “la vittoria che i franco-russi e serbi vanno strappando lembo a lembo ai bulgari, sarebbe importante anche se Ia sua azione si svolgesse in uno dei tanti terreni già perfettamente ignoti alia geografia politica e militare ai quali Ia guerra attuale ha fabbricato una fama imperitura. Ma è per Monastir che si combatte sulle due rive della Cerna e Monastir è il fulcro, Ia ragione e la giustificazione della guerra per i bulgari; per Monastir sono essi scesi in campo a fianco degli Imperi centrali; per tener lontana la città Ia riscossa dei serbi e degli altri Alleati essi hanno lavorato per lunghi mesi a preparare e a rafforzare le posizioni che ora hanno perdute. Può essere che altre linee abbiano organizzate più indietro, ma non saranno certo più forti di quelle dalle quali sono stati scacciati. E d'altra parte già Ia manovra degli Alleati li serra da vicino. Mentre i franco-russi, avanzando lungo la fascia stradale-ferroviaria che percorre la vallata di Pelagonia sulla destra della Cerna, puntano direttamente su Monastir, le divisioni serbe progrediscono sulle montagne della riva sinistra, disegnando un largo movimento avvolgente. La resistenza bulgara è accanita, quale impone il pregio (a dir vero più simbolico che reale) della città contesa; e la lotta potrà prolungarsi e forse non concludersi in questa fase; ma anche qui già si afferma il sopravvento dell'Intesa. Se il nemico vorrà resistere efficacemente dovrà indebolire altri settori a intaccare riserve, logorarsi, insomma”.
18-19 novembre La Brigata Cagliari conquista il villaggio di Ostrec obbligando al ripiegamento il nemico(bulgari-tedeschi), alle 8 di mattina del 19 le truppe francesi entrano a Monastir. Nei giorni successivi gli alleati si allineano lungo Karamani - Magarevo – Krani. L'amministrazione militare della città era affidata ai francesi, mentre quella civile ai serbi. I funzionari serbi deputati all'applicazione delle leggi serbe, rilevano una situazione disastrosa e la mancanza di cibo per la popolazione. Contemporaneamente i serbi su quota 1050 avevano avuto anche la possibilità di sorpassare la dorsale per spingersi fin oltre l’Armatus; disponendo, però, di poche forze e rimasti completamente scoperti sul fianco sinistro (le altre truppe alleate si erano fermate a Monastir), permisero ai Bulgaro-Tedeschi di passare con una rapida mossa, dal settore di Monastir sulla riva sinistra del Cerna e di rioccupare di sorpresa tutta la dorsale. Dopo di allora i Serbi, i Francesi, gli Italiani ed i Russi avevano successivamente tentato di occupare la dorsale ma tutti gli attacchi contro quota 1050 erano andati falliti con gravi perdite.
19 novembre Petitti di Roreto riceve l’ordine di avanzare tenendo la sinistra sulla cresta dei monti Baba Planina e la destra a contatto delle truppe franco-serbe operanti nella pianura della Cerna. E' impiegato un distaccamento così composto:
Brigata Cagliari: 63° e 64° Reggimento fanteria;
1 compagnia mitraglieri;
28° gruppo artiglieria (due batterie) da montagna;
1 squadrone di cavalleria;
aliquote di vari servizi.
Superata la prima resistenza nemica il giorno stesso, l’ala destra della Brigata Cagliari, dopo aspro combattimento, occupò il dente del Velusina; l’ala sinistra si impadronì della Quota 1182. Sopraffatta la difesa nemica ad oriente di Monastir per opera anche di una colonna del 63° Reggimento fanteria, la sera del 19 le truppe italiane entrarono nella capitale macedone.
19 novembre Ore 15 comunicato del Comando dell'esercito d'Oriente: “Le truppe dell'esercito d'Oriente sono entrate stamane a Monastir alle 8, nell'anniversario dell'occupazione di questa citta da parte dei serbi nel 1912”. Un comunicato serbo aggiunse: “ieri le nostre valorose truppe hanno riportato nuove vittorie nella regione della Cerna. Il nemico batte in ritirata disordinata verso Prilep (a nord-est di Monastir). Abbiamo preso un grande numero di prigionieri e di trofei. Le nostre, truppe si sono impadronite dei villaggi di Grunista, Brnik (a nord di Iven), Jaratok e della quota 1378. Continua l'inseguimento. Si scorgono grandi incendi a Monastir dove si sentono violente esplosioni. Le truppe alleate sono entrate oggi a Monastir”.
20 novembre il corrispondente del Daily Cronicle’s dal quartier generale serbo scrive: “nonostante la pioggia che si alterna alla nebbia, le operazioni sono precedute energicamente e venerdi scorso le truppe serbe hanno conquistato la cresta di quota quota 1212, mentre i francesi si sono concentrati sulle pendici ovest. Si tratta della seconda montagna per importanza dopo il Kajmakcalan. Lo stesso giorno con la presa di quota 1378 e la liberazione di tutto il complesso montuoso dalle truppe bulgare, si sono create le condizioni per la riconquista e l’ingresso trionfale a Monastir”.
20 novembre Comunicato dell’Esercito d’Oriente: “A nord di Monastir retroguardie nemiche, appoggiate da forte artiglieria sono vivamente premute dalle truppe alleate. Ad ovest, le truppe italiane hanno respinto un violento contrattacco nemico proveniente dalla regione montagnosa di Muza. Sulla riva orientale del lago di Prespa i francesi hanno occupato il villaggio di Krani”.
20 novembre bollettino dei Comando Supremo del 20 novembre: "Alle operazioni per la conquista di Monastir concorse efficacemente una nostra unità di fanteria e di artiglieria impegnata nell'aspra zona fra la pianura della Cerna e il lago Prespa. Superando gravi difficoltà del terreno e delle intemperie e l'accanita resistenza nemica, essa avanzò lungo le pendici orientali dei monti Baba e prese circa 200 prigionieri. "
20 novembre Sulla conquista di Monastir il generale Sarrail scrive: “I progressi Serbi, gli attacchi ripetuti dei Russi e dei Francesi, la marcia minacciosa degli Italiani attraverso l’alta montagna sotto l’infuriare degli elementi atmosferici più avversi finirono e spaventevoli per assicurarci il risultato più ambito: il nemico ripiegava la sua ala destra.”
ed il generale Leblois, a sua volta, nel citare con decorazione all’ordine il generale Desenzani, comandante della Brigata Cagliari, pronuncia: “… Egli ha ben meritato la bravura e la devozione delle sue ammirevoli truppe, combattenti per quattro giorni in un terreno impraticabile, con tempo orribile e sotto il fuoco continuo di una artiglieria ben piazzata in posizioni scelte in precedenza con ogni cura…”
Ma, mentre agli Italiani veniva tributato l’onore di aver concorso in modo decisivo alla caduta della città con una magnifica offensiva di aggiramento sui monti, ai Francesi veniva concesso l’onore di entrare liberatori a Monastir: “…al mattino pioveva tristemente … un povero arcobaleno dei giorni di tempesta … diventò il più sublime arco di trionfo per l’ingresso dei vincitori. Essi si avanzarono, spossati, infangati, e cantando. Molti si trascinavano, non avendo per settimane potuto togliersi le scarpe, ma rialzavano la testa e trovavano un sorriso per le donne che loro infioravano i cappotti, per i vecchi che piangevano baciando loro le mani…”
ed il generale Maravigna medita: “Lassù, sui gelidi monti Baba, affondati nella neve, col pensiero rivolto alle native ridenti terre d’Italia, con lo sguardo fisso alla città della quale essi avevano concorso a spalancare le porte, i nostri soldati assistevano al trionfo dei commilitoni … per essi non baci dei vecchi riconoscenti, non fiori delle donne Macedoni festanti; quelli e queste ignoravano i sacrifici compiuti dai soldati d’Italia e forse anche la loro presenza sui loro aspri monti nevosi…”
20-21 novembre l Corriere della Sera scrive: “la manovra che da qualche giorno si svolgeva nella regione di Monastir ha avuto il suo felice compimento con la conquista della città. Le divisioni serbe operanti nell'ansa della Cerna hanno raggiunto l'obbiettivo del loro movimento avvolgente con Ia conquista della quota 1378, la vetta più elevata del tratto dei monti Selesckca dominante Ia regione di Monastir. l bulgaro-tedeschi non hanno atteso che l'aggiramento fosse spinto più innanzi ed hanno sgombrato Monastir ripiegando al nord sotto Ia pressione delle truppe franco-russe avanzanti sulla destra della Cerna. Un bollettino serbo li descrive in rotta disordinata. Col più profondo compiacimento Ia riconquista di Monastir vien salutata in ltalia. Essa corona una lotta sanguinosa nella quale ancora una volta rifulge il valore dei serbi che bene equipaggiati e riforniti, sostenuti da un'artiglieria eccellente, hanno ritrovato la vittoria sulla via della Patria abbandonata. Gli Alleati sanno ben valutare lo sforzo che l'esercito serbo vien compiendo e anche il nemico riconosce, nei racconti dei suoi corrispondenti di guerra, che le truppe serbe picchiano sodo come nei tempi memorandi delle controffensive che annientarono intere divisioni austriache. L'importanza della vittoria è duplice politica e militare e molti critici s'accorderanno, lo affermerà fors'anche il nemico, nel ritenere maggiore il successo politico che quello militare. Monastir, infatti, come dicevamo or sono pochissimi giorni quando la battaglia dava i suoi primi frutti, ha un valore politico che trascende di gran lunga quello geografico. Monastir con i suoi 60.000 abitanti e le sue risorse economiche, non è soltanto Ia citta più importante del territorio macedone conquistato dai serbi con Ia campagna 1912-3, ma riassume e simboleggia le ragioni del conflitto fra le aspirazioni serbe e le aspirazioni bulgare. Per Monastir, lo ripetiamo, Ia Bulgaria si gettò nel turbine della guerra mondiale. Quando le truppe dello zar Ferdinando, incalzando i resti dell'esercito serbo stritolato nella triplice morsa austro-tedesco-bulgara, entrarono nella città il 2 dicembre 1915, la Bulgaria si coperse di bandiere, si esaltò, intonò l'inno del trionfo. E Berlino, pronta agli sbandieramenti gridò anche più forte alla vittoria. I bulgari pensarono, e proclamarono, di aver raggiunto gli scopi della guerra con Monastir, d'aver toccato il culmine dei loro sogni. Detto questo, si comprende che cosa significhi per la Bulgaria I'aver perduto Monastir, mentre ancora non è compiuto l'anno del loro possesso. E si comprende anche agevolmente come nessun sacrificio dovrebbe parere eccessivo ai bulgari per la riconquista della città. Quanto all'importanza militare di Monastir, certo è che se si considera Ia vallata della Cerna a se, con le mediocri strade strozzate da strette che Ie collegano alla valle del Vardar (Ia grande via di comunicazione tra Salonicco e la Vecchia Serbia) si deve giudicarla una zona eccentrica e secondaria, poco adatta allo sviluppo di grandi azioni. Ma sarebbe un errore giudicare l'avanzata su Monastir come una mossa isolata; come una operazione a solo obiettivo politico. Noi pensiamo the fosse necessario muovere innanzi con l'ala sinistra dell'esercito di Salonicco prima di compiere ogni altra operazione. Per raggiungere il suo obiettivo, che è la Bulgaria, poiché Ia Serbia si libera passando sul corpo della Bulgaria e collocandosi con i russo-romeni - l'esercito di Salonicco deve convergere sulla sua destra. Ora per compiere questa conversione doveva appunto spinger fuori per prima la sua ala sinistra. E l’ala sinistra ha conquistato Monastir, ma conquistando Monastir si è aperta la valle inferiore della· Cerna e Ia strada che lungh'essa conduce a Veles e al Vardar, alle spalle del centro nemico. Certo nelle lotte di oggi non bisogna far correre Ia fantasia nelle manovre, strategiche, poiché assai meglio che in altri tempi Ia tattica ammazza Ia strategia in questa eterna guerra di trincee; ma l'avanzata dell'ala sinistra su Monastir è indubbiamente intesa ad agevolare, quando il momento sia venuto, uno sbalzo in avanti del centro - sbalzo in avanti che senza l'aiuto di codesta, manovra dell’ala sinistra dovrebbe contare unicamente sulle risorse degli attacchi frontali. E si sa che i bulgaro-tedeschi hanno costruito formidabili trinceramenti nella vallata del Vardar. È difficile dire se fa vittoria di Monastir potrà avere l'effetto di alleviare Ia pressione austro-tedesco bulgaro-turca contro Ia Romania dopo che la situazione si è sensibilmente aggravata in questi giorni. Ma è probabile che, nei limiti del possibile, il Comando tedesco non allenti Ia sua stretta contro i romeni per riprendere Monastir. Il successo in Romania è un miraggio assai più affascinante, per il Comando tedesco, che non la riconquista di Monastir. Per i bulgari e esattamente il contrario. Ma può darsi che questa divergenza d'interessi si concili con l'afflusso di nuove forze tedesche nei Balcani. Intanto è curioso notare che i serbi rientrano in Monastir esattamente quattro anni dopo Ia Ioro prima conquista della città. Allora vi entrarono dal nord, dopo una Iotta di più giorni sulle alture di Topolciani e nelle paludi della Cerna, attraverso le quali, combattendo con l'acqua sino al petto, una divisione serba compì Ia mossa aggirante che determinò il crollo della resistenza turca”.
20-21 novembre Il Primo ministro di Serbia a Parigi: “ora Ia Macedonia serba è nostra per sempre. Liberata dai turchi nel 1912 difesa contro i bulgari nel 1913, era stata contesa soltanto in lotte puramente balcaniche. Ora dalla nostra principale città macedone viene scacciato il generale prussiano. La lotta è divenuta europea. Sono le grandi Potenze che ci aiutano a vincere. L'opera collettiva e indistruttibile, L'Intesa rialza il popolo serbo come una bandiera contro l'espansione tedesca sulla strada che conduce all'Egeo. Nessuno più oserà aggredite quel baluardo”.
20-21 novembre Le Munchener Neueste Nach così giustifica la perdita di Monastir: “II generale Sarrail ha trasferito l'attacco principale sull'ala ovest che si estende fra il Iago di Prespa e il lago di Ostrovo. Dapprima gli riuscì di respingere fino nella regione a sud di Monastir e entro il gomito della Cerna I'ala tedesco-bulgara che si era spinta assai verso sud. I combattimenti molto aspri e accaniti durarono parecchi giorni e le truppe serbe poterono varcare Ia Cerna e stabilirsi solidamente sulla riva nord. Contemporaneamente forze francesi in grande superiorità numerica avanzarono nella pianura contro Monastir. Da principio si riuscì, è vero, a respingere gli attacchi nemici, ma non offrendo la pianura ripari alle truppe che avrebbero potuto facilmente essere scorte e battute dal fuoco nemico, i tedesco-bulgari vennero a trovarsi in una difficile posizione tattica. La situazione generale rese necessario l'indietreggiamento delle nostre linee, tanto più che a nord si trovano da tempo linee difensive più favorevoli e contemporaneamente il collegamento con le truppe combattenti nell'anello della Cerna è meglio assicurato. Cosi Ia città di Monastir dovette essere sgombrata. II fatto che le truppe francesi e serbe siano entrate a Monastir ha però soltanto importanza politica”.
Contemporaneamente il Leipziger Neueste· Nachrichten scrive: “è stato affermato da fonte ufficiale bulgara che Ia città di Monastir è stata ridotta a una vera e propria fortezza che le truppe nemiche non sono sufficienti a forzare. Non bisogna quindi lasciarsi impressionare dai bollettini dei nostri avversari”.
La stampa francese: “La vittoria fu ottenuta grazie al successo dell'ala destra serba. Gli Alleati avevano saggiato le difese frontali di Monastir, constatando che costituivano un ostacolo formidabile, sarebbe stato possibile superarlo soltanto con una preparazione lunghissima; anche il massiccio montagnoso incluso nell'anello della Cerna era un gravissimo ostacolo, ma data Ia natura rocciosa del terreno, il nemico non aveva potuto costruirvi trincee così profonde come quelle preparate nella pianura ne issarvi l'artiglieria pesante. Fu quindi deciso di attaccare quel massiccio Ia cui caduta avrebbe fatalmente determinato Ia caduta di Monastir. I serbi iniziarono l'attacco con mirabile slancio il 10 novembre avanzando subito per due km. I bulgaro-tedeschi avevano condotto d'urgenza sul luogo rinforzi abbondanti composti di 2 reggimenti bulgari di truppe giovani, robustissime, di 2 reggimenti di fanteria tedesca, di 4 battaglioni di cacciatori, oltre numerose sezioni di mitragliatrici provenienti dalla Galizia. I serbi resistettero ai più furiosi contrattacchi per tre giorni su quelle montagne si svolsero scontri spaventosi. La conquista del Ciegel fu oltremodo ardua. I serbi dovettero dare quattro assalti successivi, riformandosi ogni volta a soli cinquanta metri dalle linee bulgare. Gli scontri non cessarono, ne giorno, ne notte. La mobilita straordinaria dell'artiglieria alleata contribuì grandemente a rompere Ia resistenza. Nella notte lo spettacolo era fantastico. L'artiglieria nemica doveva limitarsi a compiere tiri di sbarramento mentre quella alleata avanzava arditamente per distruggere le batterie avversarie. Quando dopo quattro giorni di Iotta i serbi giunsero sull'importante posizione della quota 1212, i bulgari erano così minacciati che le loro difese, così accuratamente preparate, crollarono al primo urto del centro francese. La sorte di Monastir era già segnata. Nei circoli competenti non si riteneva che Ia città sarebbe caduta così presto, ma Ie operazioni furono condotte con eccezionale vigoria. Non era però lecito sperare, date le condizioni del terreno, che sarebbe stato possibile tagliare la ritirata al nemico che si sottrasse al pericolo con una fuga disordinata. L'interesse della manovra che ha avuto cosi felice risultato non è ancora esaurita perché i successi dell'ala destra serba annunciati dal comunicato odierno sono molto significanti. I serbi puntano energicamente contro Ia sola linea di ritirata che il nemico può seguire verso Prilep. La distanza fra Monastir e Prilep è di 40 km. Non sembra a questi critici che il nemico possa opporre un'efficace resistenza nel tratto che separa le due città. Si tratta di un vasto altipiano con lievissime ondulazioni in mezzo al quale scorre Ia Cerna. Le due città sono congiunte da una buona strada carrozzabile. I tedeschi hanno inoltre costrutto una ferrovia strategica che certo nella loro ritirata, hanno danneggiato. Non vi sono altre strade praticabili; ma l'altipiano potrebbe abbastanza facilmente esser percorso dalla cavalleria perché è acquitrinoso soltanto nelle vicinanze immediate di Monastir. Se gli Alleati si dice qui possono insistere nell'inseguimento con vigore, se di pongono di copiosa cavalleria, Ia vittoria potrebbe avere altri brillanti risultati. Ma è forse imprudente cullarsi nelle speranze troppo rosee, la speranza più ragionevole è che il nemico non abbia il tempo di trasformare Prilep in altra formidabile fortezza contra la quale sarebbe necessaria creare una nuova intensa preparazione. Può darsi che contingenti nemici si siano ritirati anche per altre strade più accidentate che si dirigono verso nord, ma il nodo delle loro comunicazioni è Prilep verso cui rimarranno rivolti d'ora innanzi tutti gli sguardi. Parecchi critici, come il generale Verraux e il generale Berthaut accennano al collegamento più efficace che potrà ora essere stabilito colle truppe italiane dell'alto Epiro e che potranno concorrere alle operazioni contro i bulgari nella regione a nord-ovest di Monastir”.
La stampa inglese sottolinea che la Bulgaria aveva perso la città che rappresentava le proprie principali aspirazioni, il Times: “II loro obbiettivo è ora Ia Romania ove intendono ricavare il grano e il petrolio che loro manca: qui si ritiene anche che ii tedeschi non dispongano più di forze sufficienti per resistere adeguatamente su tutti i teatri della guerra. Probabilmente le conseguenze militari che la vittoria di Monastir non saranno molto grandi, Un'avanzata fortunata attraverso Prilep e il passo di Babuna potrebbe riuscire ad aggirate i bulgari fronteggianti gli inglesi nei dintorni di Doiran, ma il terrene da attraversare è molto duro e il valico è molto forte. Le conseguenze morali potrebbero invece essere serie in Bulgaria dove Ia situazione sarebbe tutt'altro che buona”. Daily News : “gli Alleati se riuscissero a proseguire rapidamente Ia loro avanzata potrebbero forzare i bulgari a ritirarsi fino a Uskub”. Giungono a Londra notizie da buona fonte secondo le quali esisterebbe un profondo malcontento in Bulgaria, malcontento che potrebbe essere aumentato dalla perdita della tanto agognata Monastir”. Daily Cronicle: “la battaglia della scorsa settimana fu condotta su un terreno difficile, contro posizioni fortissime. Le truppe alleate hanno bisogno di riposo prima di riprendere l'avanzata, Il nemico deve aver subito grosse perdite in uomini e in materiale essendo sempre difficile nelle guerre di montagna trasportare indietro i cannoni pesanti. L'avanzata degli Alleati ora dipende dal tempo, e dato che si è in novembre, le possibilità non possono essere paragonate con quello che si sarebbe potuto fare se Monastir fosse caduta in agosto”.
Bulgarian artillery on Pelister peack
21 novembre Comunicato serbo: “ieri,continuando l'inseguimento del nemico, le nostre truppe si so no impadronite dei villaggi di Makovo, Orahovo, Vranovci, Ribarci, Bilianik, Novak. Rinforzato da nuove truppe germano-bulgare, il nemico oppone una accanita resistenza. Abbiamo catturato grande numero di prigionieri, tre cannoni da campagna, un importante numero di mitragliatrici grande quantità di altro materiale da guerra. Il nostro primo reggimento di cavalleria ha passato a guado il fiume Cerna ed è penetrato a Monastir dalla parte est e le truppe alleate della parte sud. La popolazione entusiasta ha accolto i suoi liberatori lanciando fiori. La città è intatta. Le truppe alleate avanzano a nord di Monastir”.
Pelister peak from 2900 m high
21 novembre l’Agenzia Stefani sul ruolo italiano nella conquista di Monastir scrive: “le truppe italiane che validamente parteciparono alle operazioni contro Monastir agivano sui fronte dei Monti Baba; costituivano cioè l'ala sinistra dell'armata alleata operante nel settore di Monastir. E’ noto che Ia capitale della Macedonia serba sorge sul lembo occidentale di una estesa striscia pianeggiante solcata dalla Cerna e limitata tutt'intorno da monti. Sull’aspro rilievo dei manti Selecka, ad oriente di Monastir, operarono le truppe serbe, conquistando, in una serie ininterrotta di accaniti combattimenti, tutte le cime nonché l'occupazione della quota 1378, a nord-est di Monastir, non determinò lo sgombro della città da parte dei bulgaro-tedeschi. Nella piana agivano le truppe franco-russe, avanzando di conserva all'ala destra, e respingendo vigorosamente l'avversario. Nell'attigua zona montuosa di sinistra le truppe italiane avevano Ia missione di scacciare il nemico dalle pendici dei monti Baba, che dominano da presso Ia citta di Monastir, e di assicurarne il possesso. Su queste importanti posizioni il nemico si difendeva tanto più validamente in quanto era spalleggiato dalle potenti fortificazioni del monte Pelister (2532 metri). In cinque giorni di difficile avanzata, resa più penosa da un'incessante tormenta di neve, i veterani del Carso espugnarono successivamente le forti posizioni nemiche. Dapprima l'ala destra da Cradesniza si portò a nord di Volusina, occupandovi i trinceramenti nemici, mentre l’ala sinistra conquistava l’altura a nord-ovest di Kisovo verso il passo di Ostrec. Indi con un risoluto attacco vittorioso, l’ala destra espugnava la forte posizione trincerata del dente di Velusina prendendo prigioniera Ia superstite guarnigione, mentre l'ala sinistra, superando numerosi contrafforti elevati, in 'terreno difficile, conquistava il passo e il villaggio di Ostrec, a circa 2000 metri di altitudine, facendovi prigionieri quelli fra i nemici che non avevano trovato scampo nella fuga. Cosi Ia cooperazione italiana alla riconquista dello Stato serbo, iniziata col trasporto dall'Albania a Corfù delle valorose truppe serbe, che ora ritornano vittoriose nella redenta Macedonia, si integra con questa vigorosa azione, alla quale a fianco degli Alleati, hanno partecipato le nostre truppe per Ia conquista e Ia protezione di Monastir”.
21 novembre Le truppe alleate conquistano il villaggio di Trnovo.
22 novembre Petitti di Roreto ed il generale Desenzani vengono feriti a Monastir, nei pressi della sede consolare, assieme al luogotenente Gilbert de Winckels: “Il 22 corrente mi recai Monastir per visitare Brigata Cagliari che operando in zona alta montagna ed in condizioni climatiche difficili ha efficacemente concorso alle operazioni che condussero alla occupazione di Monastir. A tale proposito sono lieto di segnalare che generale Desenzani fu citato con Comandate della Divisione francese ordine del giorno Armata Francese d’Oriente con seguente lusinghiera motivazione che gli da diritto di portare medaglia militare con palma…. Dopo aver visitato in città 2° Battaglione del 64° Reggimento fanteria, duramente provato tanto da avere oltre 100 casi congelamento, mi accingevo a recarmi presso Comando del 64 fanteria in seconda linea nella valletta a nord-ovest di Monastir; in quel momento artiglieria bulgara iniziò bombardamento della città, la seconda granata cadde presso gruppo ufficiali mio seguito uccidendo maggiore del genio Tamajo Giuseppe e tre soldati mio seguito e ferendo generale Desenzani alla testa e al piede sinistro con frattura delle dita, tenente colonnello Gilbert de Winckels con ferite multiple di cui una addome sembra senza gravità, fui ferito a mia volta da due schegge alla gamba sinistra sotto polpa. La sera stessa partii con generale Desenzani per Salonicco ove giunsi ieri sera dopo 25 ore di viaggio. Stamane mi vennero estratte le due schegge e medico ritiene, salvo complicazione, mia ferita sarà rimarginata entro 15 giorni”.
Il generale Leblois cita il generale Desenzani nell'ordine del giorno dell'Armée d'Orient: "…per le buone disposizioni prese nell'inseguimento del nemico che, dopo la caduta delle linee di Kenali, hanno portato a quella di Monastir e prevenuto le distruzioni preparate dalla rabbia degli sconfitti invasori, e per il vigore da lui, durante questo inseguimento, spiegato per 4 giorni in un terreno impraticabile, sotto l'imperversare del maltempo e il fuoco continuo delle artiglierie piazzate in posizioni sapientemente scelte da lungo tempo".
22 novembre il Corriere della Sera scrive: “la catena dei Baba eleva a più che 2400 metri Ia sua Cresta principale che si ramifica a oriente e ad occidente in numerosi contrafforti separati da valloni. Sulle pendici di questi contrafforti le truppe italiane, formanti una unità organica di fanteria e d'artiglieria, hanno avanzato coprendo il fianco sinistro delle colonne franco-russo-serbe moventi sul fondo della valle della Cerna. Hanno avanzato vincendo le difficoltà dell'aspra regione loro assegnata indubbiamente in considerazione dell'allenamento acquistato ormai da tutti i nostri soldati nella guerra di montagna, spingendovi innanzi il nemico e prendendogli 200 prigionieri che non sappiamo se siano compresi nei 620 annunziati dai franco-serbi. L'importanza del compito loro assegnato è dimostrata dal violento contrattacco che essi hanno dovuto sostenere. II contrattacco si è svolto nella regione a sud-ovest di Monastir e mirava minacciare Ie retrovie dei franco-russo-serbi. Battuto alla sinistra e al centro, il nemico ha tentato di reagire con una mossa aggirante dalla sua destra; ma sulla sua strada ha trovato gli italiani. II suo colpo di mano è fallito”.
23 novembre Dal bollettino del Comando Supremo Italiano del 23 novembre: "Nella giornata del 20, le truppe italiane respinsero un violento attacco proveniente dal Monte Muza. Proseguendo nell'avanzata verso settentrione espugnarono il giorno 22 le alture a sud di Bratindod, a nord-ovest di Monastir."
23 novembre Il generale Sarrail comunica al generale Petitti la sua intenzione di spostare tutti i reparti italiani nella zona di Monastir. Nei gironi successivi iniziò il trasferimento di tutta la divisione nella zona di Monastir (una parte era rimasta nella zona di Dojran) Questa manovra risultò molto difficile a causa della carenza di strade (gran parte di queste risultavano allagate o ridotte a profondi pantani), nonostante il contingente italiano disponesse di un discreto numero di quadrupedi, di carri e qualche decina di camion. Per superare i numerosi ostacoli naturali (valli profonde e fiumi impetuosi) i genieri costruirono diversi ponti e organizzarono addirittura delle teleferiche per il trasferimento dei rifornimenti e dell'armamento pesante. Soltanto pochi tratti di una vecchia linea ferrata, ripristinata alla buona, poterono essere sfruttati. E a complicare ulteriormente la situazione ci pensò la pessima stagione. Vennero spostati circa 40.000 uomini e mezzi sotto piaggia e neve.
Un ufficiale inglese che da Salonicco viaggia a Monastir così descrive "superata Florina il terreno risulta solcato da trincee ben costruite e profonde che il nemico ha abbandonato le notti scorse per l’avanzata dei francesi e serbi si vedono i segni lasciati dai proiettili dei nostri fucili. Alcune trincee erano mezze piene d’acqua. Ovunque crateri delle cannonate specie attorno al punto in cui un ponte attraversa la Cerna. Ovunque proiettili di cannone e cassette di munizioni lasciate dal nemico a riprova che la ritirata è avvenuta velocemente. Negociani è un cumulo di macerie causa dei pesanti bombardamenti. Lo stesso è Kemali dove il nemico fece l’ultimo tentativo di difesa prima di ritirarsi dopo Monastir. Avvicinandomi a Monastir vedo colonne di fumo e non distante da noi una cannonata solleva pezzi di terra in cielo. La strada è sotto il fuoco nemico, grossi calibri 150 sollevano terra e fanno un rumore che sembrano treni che si scontrano".
Novembre Comunicato del Comando Supremo "Nella zona montuosa di sinistra, attigua alla piana della Cerna le truppe italiane avevano la missione di scacciare il nemico dalle pendici dei monti Baba, che dominano dappresso la città di Monastir e ne assicurano il possesso. Su queste importanti posizioni il nemico si difendeva tanto più validamente in quanto era spalleggiato dalle potenti fortificazioni del monte Peristeri (2532 metri). In 5 giorni di difficile avanzata, resa più penosa da un'incessante tormenta di neve, i veterani del Carso espugnarono successivamente le forti posizioni nemiche. Da prima l'ala destra da Gradenmica si portò a nord di Velusina, occupandovi i trinceramenti nemici, mentre l'ala sinistra conquistava l'altura a nord-est di Kisovo, verso il passo di Ostree. Indi, con un risoluto attacco vittorioso, l'ala destra espugnata la forte posizione trincerata del dente di Velusina, prendendo prigioniera la superstite guarnigione, mentre l'ala sinistra, superando numerosi contrafforti elevati, in terreno difficile, conquistava il passo e il villaggio di Ostree, a circa' 2000 metri di altitudine, facendovi prigionieri quelli fra i nemici che non avevano trovato scampo nella fuga. Così la cooperazione italiana alla riconquista dello stato serbo, iniziata col trasporto dall'Albania a Corfù delle valorose truppe serbe, che ora ritornano vittoriose nella redenta Macedonia, si integra con questa vittoriosa azione; alla quale, a fianco degli alleati, hanno partecipato le nostre truppe, per la conquista e la protezione di Monastir. I valorosi fanti del 63° e 64° fanteria rimasero sulle posizioni conquistate immediatamente ad ovest di Monastir, sostenendovi felici scontri, saldamente appoggiati dalla nostra artiglieria da montagna. Il 22 novembre, dopo aspra e cruenta lotta, occuparono la posizione nemica di Bratindol, resistendo vittoriosamente a violenti e ripetuti contrattacchi nemici. In detto giorno il generale di divisione Petitti di Roreto che si era recato sulla linea di fuoco a nord di Monastir vi rimaneva ferito, mentre rincuorava al combattimento i nostri soldati, che non furono secondi a nessuno nella vittoriosa azione degli alleati; vi rimaneva ferito il generale Desenzani comandante la Brigata Cagliari ed ucciso il comandante del genio, maggiore Tamaio."
26 novembre Gli italiani raggiungono le quote 2220 e 2227 sui monti Kjeromarica, a nord-ovest di Monastir.
26 novembre Il generale Sarrail fa visita al generale Petitti di Roreto per confermare che l’esercito inglese avrebbe occupato le zone sul Krusha Balkan lasciate dalla nostra divisione: “alla domanda se avevo obiezioni da fare risposi che ero felicissimo di abbandonare la difensiva. Ho chiesto al generale Sarrail se per quanto sarà possibile la dislocazione della Divisione sia fatta per ferrovia con l’evidente scopo di risparmiare la truppa. Mi è stato promesso che sarà fatto il possibile”. lo stesso giorno, gli fece pervenire l’ordine scritto: “la 35ème Division Italienne et l’Artillerie Francaise mise a sa disposition seraient immédietement relevées par les troupes britanniques. La Division Italienne dirigéra sur Kukus de Kukus vers Vodena”.
26 novembre I serbi coadiuvati dagli zuavi francesi della 17° Divisione coloniale, s'impadroniscono di quota 1050 difesa dalle truppe tedesche dei cacciatori della Guardia.
27 novembre Comunicato francese sull’azione italiana a Monastir: “sul fronte della Cerna un con attacco bulgaro lanciato sulle posizioni serbe nella notte dal 26 al 27 è stato respinto con perdite sanguinose per il nemico. A nord di Monastir Ia lotta di artiglieria continua violenta da una parte e dall'altra. Alla nostra ala sinistra le truppe italiane continuano a progredire nella regione montuosa di Dihovo”.
27 novembre Dal bollettino dei Comando Supremo del 27 novembre: "Prosegue con felice successo l'avanzata delle nostre truppe nella montuosa zona del Pelisteri, ad ovest di Monastir, e verso la valle del Dragar, a nord-ovest di detta località. Nella giornata del 24, nonostante la fitta nebbia, un nostro distacca mento occupò l'altura di Nizopolé, spingendo nuclei verso la cresta di Crvenastena, mentre altri reparti progredivano verso Truova. Il successivo 26, superata l'accanita resistenza del nemico, le nostre truppe conquistarono le alture di q. 2220 e 2227 a sud-ovest di Nizopole. Furono presi una quarantina di prigionieri."
28 novembre Comunicato dell'Esercito d'Oriente: “Ad est della Cerna le truppe serbe hanno occupato brillantemente un collina a nord-ovest di Grunista e vi si sono mantenute nonostante i violenti contrattacchi dei germano-bulgari che hanno subito molte perdite senza alcun risultato. Nella regione a nord-est di Monastir i nostri zuavi hanno continuato nei loro successi. Essi hanno conquistato dopo aspra Iotta una vetta ad est della quota 1050. A nord-ovest di Monastir sono in corso violenti combattimenti. Le nostre truppe avanzano verso Ia quota 1248 che il nemico difende con molto accanimento. Le truppe italiane avanzano anch'esse nella regione montuosa di Crvena Stena (red wall). Sulla sinistra del Vardar gli inglesi eseguirono un riuscito colpo di mano sulle trincee nemiche a nord¬est di Macukovo”.
29 novembre Comunicato francese: “i furiosi contrattacchi effettuati dai tedesco-bulgari contro Ia quota 1050 rivelano l'importanza che essi attribuivano a questa posizione, che dista 18 chilometri dalla strada Monastir-Prilep, su terreno non accidentato. Per attenuare lo scacco i tedeschi hanno dichiarato che l'offensiva fu effettuata su tutto il fronte della Macedonia per riuscire, invece, in un solo punto. È questo il solito procedimento menzognero. Un ordine del giorno del generale Sarrail ringrazia le truppe del magnifico sforzo compiuto finora e così termina:ma il vostro compito non è terminato: quando e come occorrerà voi saprete compierlo…”.
29 novembre Si combatte la battaglia della collina Grunishki vis (a pochi km dal villaggio di Grunista). Nella battaglia muore il Vojvoda Vuk (Colonnello Popovitch Vouk) leader dell'esercito volontario di Serbia.
30 novembre La Divisione Cagliari completa le operazioni di allontanamento dei bulgari dalle zone montane a nord-ovest di Monastir. Vengono conquistate alcune trincee nemiche.
Il generale Sarrail, nel su libro « Mon commandement en Orient così si esprime nei riguardi dell'azione italiana: " Les italiens, contreattaqués resistaient pois appuyaient nos attaques en esquissant un mouvement debordant. Italiens, dans toutes les zones où vos couleurs ont été déplojés, vous vous étes souventis des auts faits auxquels vous aviez déjà, pris part, dans les Alpes:"